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Contratto a termine scritto: quando è valido?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8588/2019, ha ribadito un principio fondamentale: un contratto a termine scritto deve essere stipulato prima o contestualmente all’inizio della prestazione lavorativa. Nel caso esaminato, una fondazione teatrale aveva fatto firmare i contratti ai lavoratori solo dopo che questi avevano già iniziato a lavorare. I giudici hanno dichiarato l’illegittimità di tali contratti, convertendo il rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato. La Corte ha sottolineato che la forma scritta e la sua tempestività sono requisiti essenziali per la validità della clausola che appone un termine al rapporto.

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Pubblicato il 26 luglio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto a Termine Scritto: La Firma Dopo l’Inizio del Lavoro lo Rende Nullo

Nel diritto del lavoro, la forma e la tempistica degli accordi sono cruciali. Un contratto a termine scritto, per essere valido, non può essere un mero pro-memoria, ma deve rispettare requisiti stringenti imposti a tutela del lavoratore. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8588 del 2019, torna su un punto essenziale: la stipula del contratto deve avvenire prima o, al più tardi, contestualmente all’inizio dell’attività lavorativa. Una firma tardiva comporta la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Contratti a Termine Reiterati e Tardivi

Il caso ha origine dal ricorso di alcuni lavoratori assunti da una nota Fondazione teatrale con una serie di contratti a tempo determinato, rinnovati più volte tra il 1998 e il 2008. I lavoratori hanno adito il Tribunale sostenendo due vizi fondamentali dei loro contratti: in primo luogo, la stipula era avvenuta sistematicamente in un momento successivo all’effettivo inizio delle prestazioni lavorative; in secondo luogo, alcuni contratti mancavano di una causale specifica che giustificasse il termine.

Sulla base di queste irregolarità, hanno richiesto al giudice di accertare l’esistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con la conseguente condanna della Fondazione al pagamento delle differenze retributive.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione ai lavoratori, confermando che la stipula posticipata del contratto inficiava la validità della clausola del termine. La Fondazione, non accettando la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il Principio sul Contratto a Termine Scritto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Fondazione, confermando le sentenze dei gradi precedenti. I giudici hanno ritenuto il primo motivo di ricorso in parte inammissibile, per non aver prodotto i contratti contestati, e in parte infondato nel merito.

Il principio di diritto ribadito è netto: in materia di lavoro a tempo determinato, l’atto scritto che contiene l’indicazione del termine iniziale del rapporto deve necessariamente essere precedente o, al massimo, contestuale all’inizio della prestazione lavorativa. Questo atto deve inoltre intervenire direttamente tra datore di lavoro e lavoratore. Un contratto redatto e firmato solo in un secondo momento, anche se richiama la data di inizio corretta, non può sanare il vizio originario. Di conseguenza, la clausola che appone il termine è nulla e il rapporto si considera a tempo indeterminato fin dal principio.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato. La legge (nel caso specifico, la L. n. 230/1962, ma il principio è valido anche per la normativa successiva) impone la forma scritta per la clausola del termine non per la prova (ad probationem), ma per la sua stessa esistenza e validità (ad substantiam).

Questo rigore formale ha una finalità protettiva: assicurare che il lavoratore sia pienamente consapevole, sin dal primo momento, della natura temporanea del suo impiego. Permettere una formalizzazione successiva aprirebbe la porta ad abusi, lasciando il lavoratore in uno stato di incertezza e precarietà che la legge intende evitare.

La Corte ha specificato che né atti interni alla procedura di assunzione, né un contratto firmato ex post possono sostituire il requisito della stipula scritta e tempestiva. La prassi aziendale di protocollare i documenti in un secondo momento è irrilevante ai fini della validità del termine, poiché ciò che conta è il momento in cui l’accordo tra le parti viene formalizzato per iscritto.

Rigettato il primo motivo, la Corte ha dichiarato assorbito il secondo, relativo al risarcimento del danno. Essendo stata confermata l’illegittimità dei contratti, la condanna risarcitoria ne era una diretta conseguenza non specificamente contestata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza n. 8588/2019 rafforza un caposaldo del diritto del lavoro: la certezza delle regole a tutela della parte debole del rapporto. Per i datori di lavoro, questa pronuncia è un monito a gestire le assunzioni a termine con la massima diligenza formale. È imperativo che il contratto a termine scritto sia pronto e firmato da entrambe le parti prima che il lavoratore varchi la soglia aziendale per iniziare la sua attività. Qualsiasi ritardo, anche di pochi giorni, espone l’azienda al rischio concreto di vedersi trasformare un rapporto temporaneo in uno a tempo indeterminato, con tutte le conseguenze economiche e organizzative che ne derivano. Per i lavoratori, questa decisione conferma un’importante garanzia: il diritto a conoscere fin da subito e con chiarezza la durata prevista del proprio contratto.

Un contratto a termine firmato dopo l’inizio del rapporto di lavoro è valido?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’atto scritto contenente il termine deve essere precedente o almeno contestuale all’inizio della prestazione lavorativa. Un contratto firmato successivamente rende la clausola del termine nulla e il rapporto si considera a tempo indeterminato.

Perché la forma scritta è così importante per il contratto a termine?
La forma scritta è un requisito di validità richiesto dalla legge (c.d. forma ad substantiam). La sua funzione è garantire la certezza del rapporto e tutelare il lavoratore, assicurando che sia immediatamente consapevole della natura temporanea del suo impiego.

Cosa succede se il datore di lavoro non rispetta l’obbligo della firma contestuale all’assunzione?
Se il datore di lavoro fa firmare il contratto a termine scritto solo dopo l’inizio della prestazione, la clausola che fissa la scadenza è inefficace. Di conseguenza, il rapporto di lavoro si converte per legge in un contratto a tempo indeterminato fin dal suo inizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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