Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13271 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13271 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11000-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1262/2022 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 04/01/2023 R.G.N. 123/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/03/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato -per quanto qui ancora rileva -la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato da NOME COGNOME con la BBC di Cosenza, con decorrenza dal 9 luglio 2007, e l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato; ha, quindi, ordinato alla Banca di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria del rapporto di lavoro, di riammettere in servizio la RAGIONE_SOCIALE nonché condannato la società al pagamento di una somma pari a tre mensilità dell’ultima retribuzione ex art. 32, co. 5, l. n. 183 del 2010, oltre accessori e spese;
la Corte, in estrema sintesi, esaminando l’atto di cessione stipulato il 28 giugno 2012 tra la Banca di Cosenza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in LCA ed il RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che lo stesso realizzasse un trasferimento d’azienda, con la conseguenza che la cessionaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE risultava ‘soggetto legittimato passivo rispetto alla pretesa avanzata dalla lavoratrice ricorrente’, atteso che la ‘vicenda circolatoria, per come disciplinata dalle parti’, riguardava ‘tutte le posizioni s ostanziali attive e passive, sia esistenti che sopravvenute all’epoca della cessione, purché afferenti il settore di attività indicato o relative a determinati giudizi in corso’;
la Corte, esclusa l’applicabilità dell’art. 90, comma 2, TUB, ha poi ritenuto non soddisfatto il requisito della specificazione per iscritto delle esigenze di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 368/01 nel contratto di assunzione a termine della lavoratrice, con conseguente nullità della clausola appositiva e conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi, cui ha resistito l’intimata con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memorie; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il
deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
il ricorso non può trovare accoglimento per le ragioni già esposte da questa Corte in controversie analoghe su ricorsi sovrapponibili a quello presente (V. Cass. n. 30805 del 2021; in conformità: Cass. n. 10053 del 2024 e Cass. n. 10094 del 2024);
il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e c.c. nonché omesso esame di fatto decisivo, criticando l’interpretazione data dalla Corte territoriale all’atto notarile di cessione del 28 giugno 2012;
esso è inammissibile;
innanzitutto, nella parte in cui si invoca il vizio di cui all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., senza tenere adeguato conto degli enunciati posti nell’interpretazione della disposizione da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014 (con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici);
inammissibile anche quando si deduce la violazione delle norme in materia di ermeneutica contrattuale, atteso che anche l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto (tra molte, Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 12360 del 2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006); tali valutazioni del giudice di merito in
proposito soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente ( ex plurimis , Cass. n. 21576 del 2019; Cass. n. 20634 del 2018; Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003); inoltre, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);
parimenti inammissibile il secondo motivo, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., degli artt. 80 e 90 T.U.B., dell’art. 1273 c.c., eccependo l’inoperatività dell’ipotesi di un trasferimento d’azienda e l’applicabilità del la disciplina speciale prevista per la responsabilità del cessionario in caso di procedimento di liquidazione coatta amministrativa di un istituto di RAGIONE_SOCIALE; la censura, infatti, da un lato si fonda su una diversa interpretazione dell’atto di cessione e, dall’altro, non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi posta a fondamento del decisum che individua appunto nel testo negoziale la fonte della cessione del rapporto controverso; 4. con il terzo motivo si denuncia ancora sia la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1 e ss. d. lgs. n.
368 del 2001; art. 31 CCNL per i quadri direttivi, impiegati e ausiliari delle RAGIONE_SOCIALE), sia l’omesso esame di fatto decisivo, sostenendo che la clausola apposta al contratto aveva il carattere della specificità e lamentando che non e ra stata espletata l’istruttoria richiesta; si critica anche la sentenza impugnata per aver disposto la conversione;
il motivo non è accoglibile;
4.1. in tema di rapporto di lavoro subordinato, l’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, nel consentire l’apposizione di un termine al contratto di lavoro a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare, nonché l’utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa (v. Cass. n. 840 del 2019);
4.2. consapevole di tale principio, la Corte territoriale ha esaminato la clausola contrattuale ed ha ritenuto che nel fare riferimento alla necessità di ‘fronteggiare l’incremento di attività della nuova azienda, sorta dalla fusione di due RAGIONE_SOCIALE di più picco le dimensioni’ non soddisfaceva il requisito della specificazione per iscritto ‘rendendo impossibile verificare se
l’utilizzazione della lavoratrice avvenga esclusivamente nell’ambito della ragione indicata nella causale ed in stretto collegamento con la stessa’; si tratta evidentemente di un congruo apprezzamento di fatto che non può essere rivisitato in sede di legittimità;
4.3. infondata poi la censura secondo cui si contesta la conversione perché ‘per la Banca il termine apposto al contratto era evidentemente essenziale’, atteso che l’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria anche nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante l’apposizione del termine “per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”; ne deriva che, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, all’illegittimità del termine, ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesso, consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola, pur se eventualmente dichiarata essenziale, e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (cfr. Cass. n. 7244 del 2014);
con l’ultimo motivo si denuncia ancora violazione di legge ed omesso esame di fatto decisivo, lamentando che la stessa Corte di Appello di Catanzaro, ‘in un caso identico a quello che ci occupa’, avrebbe deciso nel senso dell’applicabilità della disciplina speciale contenuta nel Testo Unico Bancario; la censura è priva di ogni fondamento atteso che, anche fosse vero l’assunto, ciò non determinerebbe di per sé alcuna violazione di legge, considerato che quella contesa non può esplicare alcun effetto sulla presente controversia;
conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo,
con attribuzione all’AVV_NOTAIO che si è dichiarato anticipatario;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ult eriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 5.500,00, oltre esborsi pari ad euro 200,00, spese generali al 15% ed accessori secondo legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 19 marzo