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Contratto a termine in società pubblica: no conversione

La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto a termine, anche se illegittimo per assenza di causale, stipulato con una società a controllo pubblico non può essere convertito in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Questa regola serve a non eludere l’obbligo costituzionale di accesso al pubblico impiego tramite concorso. Al lavoratore spetta unicamente un’indennità risarcitoria per il danno subito.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto a Termine Società Pubblica: la Cassazione Nega la Conversione

Il tema del contratto a termine in una società pubblica è da sempre fonte di dibattito. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’illegittimità della clausola che appone il termine a un contratto di lavoro con un’entità a controllo pubblico non comporta la sua automatica conversione in un rapporto a tempo indeterminato. Al lavoratore spetta solo un risarcimento del danno. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un lavoratore veniva assunto da una società S.r.l., definita “in house” in quanto partecipata dalla Provincia e da alcuni Comuni, con un contratto di lavoro a tempo determinato stipulato il 17 giugno 2011. Il lavoratore impugnava il contratto, sostenendo la nullità del termine per mancanza di una valida causale giustificatrice e chiedendone la conversione in un rapporto a tempo indeterminato.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, dichiarando la nullità del termine e disponendo la “conversione” del contratto, oltre a condannare la società al pagamento di un’indennità risarcitoria. La Corte d’Appello, invece, riformava parzialmente la decisione: pur confermando l’illegittimità del termine, escludeva la possibilità di conversione del rapporto, data la natura pubblica della società datrice di lavoro. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con la sentenza in esame, ha rigettato sia il ricorso principale del lavoratore sia quello incidentale della società, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno chiarito due punti cruciali:

1. Nessuna Conversione: Il rapporto di lavoro a termine non può essere trasformato in uno a tempo indeterminato.
2. Diritto al Risarcimento: Al lavoratore spetta comunque un’indennità per il danno subito a causa dell’illegittima apposizione del termine.

Le Motivazioni: il Divieto di Conversione per le Società Pubbliche

Il cuore della motivazione risiede nella natura della società datrice di lavoro. Essendo una società “in house”, essa è soggetta alle normative che regolano il pubblico impiego, in particolare all’articolo 35 del D.Lgs. 165/2001. Questa norma impone l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni (e organismi assimilati) tramite procedure concorsuali o selettive, in ossequio al principio costituzionale di imparzialità e buon andamento (Art. 97 Cost.).

La Corte ha specificato che la violazione delle norme che regolano il contratto a termine in una società pubblica (in questo caso, l’assenza di una causale specifica come richiesto dal D.Lgs. 368/2001) non può avere come conseguenza la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Ammettere la conversione significherebbe eludere una norma imperativa di ordine pubblico, consentendo l’instaurazione di un rapporto di lavoro stabile al di fuori delle procedure di selezione pubblica obbligatorie.

Di conseguenza, l’unica tutela per il lavoratore è quella risarcitoria, come previsto dall’articolo 32 della legge n. 183/2010. La Corte ha ritenuto congrua la liquidazione di cinque mensilità, valutazione di merito del giudice d’appello non sindacabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni: la Compensazione delle Spese Legali

Anche il motivo di ricorso del lavoratore relativo alla compensazione delle spese legali è stato respinto. La Cassazione ha ricordato che, in caso di soccombenza reciproca (entrambe le parti hanno visto accolte e respinte alcune delle loro domande), il giudice di merito ha il potere discrezionale di compensare le spese. In questo caso, il lavoratore aveva ottenuto il riconoscimento dell’illegittimità del termine e il risarcimento, ma non la conversione del contratto, mentre la società era risultata vittoriosa su quest’ultimo punto. La decisione di compensare le spese è stata quindi ritenuta legittima.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale: nel conflitto tra le norme privatistiche sulla stabilità del rapporto di lavoro e i principi pubblicistici di accesso all’impiego, questi ultimi prevalgono. Per i lavoratori assunti a termine da società a controllo pubblico, l’illegittimità del contratto non apre le porte a un posto a tempo indeterminato, ma garantisce unicamente una tutela di tipo economico. Una distinzione fondamentale che chi opera nel settore pubblico o parapubblico deve sempre tenere a mente.

Un contratto a termine senza giusta causa in una società a controllo pubblico può essere convertito in un contratto a tempo indeterminato?
No, la sentenza stabilisce che la violazione delle norme sul contratto a termine non può portare alla conversione in un rapporto a tempo indeterminato, poiché ciò eluderebbe le procedure di assunzione pubbliche obbligatorie, che impongono il superamento di concorsi o selezioni pubbliche.

Cosa spetta al lavoratore se il termine apposto al suo contratto con una società “in house” è dichiarato nullo?
Al lavoratore spetta un’indennità risarcitoria per il danno subito, la cui misura è determinata dal giudice sulla base di criteri come la durata del rapporto e la gravità della violazione. Non ha diritto, invece, alla trasformazione del rapporto di lavoro.

In caso di soccombenza reciproca, chi paga le spese legali?
Il giudice ha il potere discrezionale di compensare le spese, in tutto o in parte. Questo significa che, quando entrambe le parti risultano parzialmente vincitrici e parzialmente perdenti, il giudice può decidere che ciascuna parte si faccia carico delle proprie spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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