Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8385 Anno 2019
Civile Sent. Sez. L Num. 8385 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2019
SENTENZA
sul ricorso 17112-2017 proposto da: COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME; da : PIAZZA SUPREMA difeso
– ricorrente –
GLYPH
2019
568
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale legale
rappresentante GLYPH e, GLYPH pro GLYPH elettivamente tempor domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende; presso COGNOME ,
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 482/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 29/12/2016 R.G.N. 380/2013; CORTE
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/02/2019 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME nella udito GLYPH n GLYPH GLYPH il GLYPH ersona GLYPH P.M. GLYPH del i p Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; che ha
udito l’Avvocato NOME COGNOME
udito l’Avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Venezia, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall RAGIONE_SOCIALE in applicazione dell’art. 32 legge n. 183 del 2010, ha accert diritto di Gardellin NOME a 2,5 mensilità della retribuzione globale di fatto, c interessi legali, previa rivalutazione, dalla data della sentenza al saldo. Inolt ragione dell’illegittimità del recesso accertata in primo grado, ha riconosciuto il dall’appellato alle retribuzioni non corrisposte dalla data del recesso alla scade naturale del contratto (2 gennaio 2012), con gli interessi legali, previa rivalutazi dalle singole scadenze al saldo. Infine, ha condannato l’appellato restituire alla soci appellante la differenza tra quanto percepito in ragione dell’esecuzione sentenza d primo grado e quanto spettante in ragione della pronuncia, con gli interessi legali.
2. Il COGNOME era stato assunto dalla società RAGIONE_SOCIALE con contratto a tempo determinato per il periodo gennaio 2011 – gennaio 2012, venendo poi licenziato prima della scadenza del termine e precisamente nell’agosto 2011. Il Giudice del lavoro di Venezia, adito dal lavoratore, aveva dichiarato la nullità del termine apposto contratto di lavoro e l’illegittimità del licenziamento; per l’effetto, aveva condann società a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro e a risarcirgli il commisurato le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento alla reintegra aveva negato l’indennizzo di cui alli art. 32, comma 5, legge 183 del 2010, osservando che la tutela riconosciuta ai sensi dell’art. 18 stat. lav. (nel regime anterior riforma di cui alla legge n. 92 del 2012) assorbiva ogni altro diverso risarcimento.
3. Tale sentenza veniva impugnata solo dalla società, che limitava le proprie censure ai capi concernenti il risarcimento del danno.
4. La Corte d’appello di Venezia, premesso che non era più in contestazione l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, né il diritto del lavora conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato e neppure era più in contestazione l’illegittimità del recesso intimato anticipatamente senza la preventi contestazione disciplinare, ha osservato che:
a) quanto alle conseguenze applicabili ad un recesso intimato in modo illegittimo i costanza di svolgimento di un contratto a termine – che solo ex post, in sede giudiziaria, viene dichiarato a tempo indeterminato -, la tutela applicabile è qu risarcitoria consistente nelle retribuzioni perdute dalla data del recesso alla scade
naturale del contratto a termine e tale tutela corrisponde, nel caso in esame, al retribuzioni maturate e non corrisposte dalla data del recesso alla scadenza naturale del contratto;
b) quanto alla conversione del rapporto derivante dalla accertata nullità del termin l’art. 32 legge n. 183 del 2010 attribuisce un’indennità risarcitoria forfeti omnicomprensiva di ogni pregiudizio dalla scadenza del termine legittimo fino alla sentenza e, per tale titolo, è da stimare congruo il riconoscimento di 2,5 mensili della retribuzione globale di fatto.
5. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il lavoratore con un motivo. Entrambe parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 1 d.lgs. 368 del 2001, art. 1418 cod. civ. e art. 32, comma 5, legge 183 2010 e art. 18 legge 300 del 1970.
Premesso che si era formato il giudicato interno sulla illegittimità della clau appositiva del termine al contratto di assunzione stipulato tra le parti e pure s illegittimità del licenziamento comminato il 21 agosto 2011, per cui l’appello aveva oggetto esclusivamente le conseguenze applicabili al recesso datoriale intimato in modo illegittimo in un contratto a termine dichiarato a tempo indeterminato con la medesima sentenza, si deduce che l’accertamento della nullità del termine comporta la trasformazione con efficacia dichiarativa (ex tunc) e non costitutiva (ex nunc) del rapporto, sì che l’illegittimo recesso datoriale interviene in un rapporto trasforma tempo indeterminato.
Si deduce che il risarcimento non poteva essere limitato fino alla data della origina scadenza del contratto, poiché il termine era stato dichiarato nullo con conseguente conversione del rapporto ai sensi dell’art. 1419 cod. civ. e dell’art. 1 d. Igs. 3 2001, dovendo trovare applicazione la tutela di cui all’art. 18 Stat. lav., formulazione anteriore alla cosiddetta riforma Fornero.
Si rappresenta, infine, che la soluzione interpretativa seguita dal giudice di mer comporta l’illogica conseguenza che il risarcimento riconosciuto risulta all’eviden peggiorativo sia rispetto a quello di cui il ricorrente avrebbe beneficiato se fosse assunto illegittimamente a termine (conversione e indennizzo), sia a quello che
avrebbe ottenuto se fosse stato illegittimamente licenziato in costanza di rapporto tempo indeterminato (reintegra e risarcimento).
2. Il ricorso merita accoglimento.
3. Occorre muovere dalla considerazione – già più volte espressa da questa Corte (v. tra le altre, Cass. n. 14461 del 2015, n. 14996 del 2012, n. 14461 del 2014) – che l sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2011, interpretando la norma della L. n. 183 del 2010, art. 32, ha avuto modo di chiarire che essa “non si limita a forfetizzare il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine, ma innanzitutto, assicura a quest’ultimo l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tem indeterminato”; il danno forfetizzato dall’indennità prevista dalla norma “copre soltanto il periodo cosiddetto intermedio, quello, cioè, che corre dalla scadenza d termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione rapporto”, con la conseguenza che a partire da tale sentenza “è da ritenere che il datore di lavoro sia indefettibilmente obbligato a riammettere in servizio il lavora e a corrispondergli, in ogni caso, le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di manc riammissione effettiva”, altrimenti risultando “completamente svuotata la tutela fondamentale della conversione del rapporto in lavoro a tempo indeterminato” (così ancora Corte Cost.,. n. 303 del 2011).
4. Da tale sentenza si trae la conferma della natura dichiarativa e non costitutiva del sentenza che accerta la nullità della clausola. La scelta legislativa è stata quel prevedere una forfetizzazione del risarcimento del danno, per esigenze di certezza e di omogeneità delle situazioni debitorie derivanti dalla conversione del rapporto di lavo instaurato con termine illegittimo, ma il rimedio risarcitorio costituisce una sanz che non si sostituisce, ma si aggiunge, alla ricostituzione del rapporto derivante da conversione, dichiarata con sentenza di accertamento.
5. La norma in oggetto, come affermato dal Giudice delle leggi, risulta “adeguata a realizzare un equilibrato componimento dei contrapposti interessi”. Infatti, al lavoratore garantisce la conversione del contratto di lavoro a termine in un contrat di lavoro a tempo indeterminato, unitamente ad un’indennità che gli è dovuta sempre e comunque, senza necessità né dell’offerta della prestazione, né di oneri probatori d sorta. Al datore di lavoro, per altro verso, assicura la predeterminazione risarcimento del danno dovuto per il periodo che intercorre dalla data d’interruzion
del rapporto fino a quella dell’accertamento giudiziale del diritto del lavorato riconoscimento della durata indeterminata di esso”.
5.1. La normativa in questione, da un lato assicura la stabilizzazione del rapport dall’altro forfetizza il danno, con valenza sanzionatoria, solo per il periodo compr tra la scadenza del termine e l’accertamento giudiziale della sua nullità. Dalla d della sentenza il lavoratore ha diritto alla riammissione in servizio e alla ricostit della effettiva funzionalità del rapporto illegittimamente interrotto.
6. Sulla questione è poi intervenuta la L. 28 giugno 2012, n. 92 (“Disposizioni i materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”), che c l’art. 1, comma 13, ha introdotto una disposizione di interpretazione autentica della n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, stabilendo che: “La disposizione di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, si interpreta nel senso che l’indennità iv prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, compres conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato l ricostituzione del rapporto di lavoro”.
7. L’uso della locuzione “ricostituzione del rapporto di lavoro” aveva fatto sorgere dubbi interpretativi, essendo stato ipotizzato da alcuni interpreti – e così sembra av ritenuto anche la Corte di appello nella sentenza impugnata – che il legislatore avess accreditato la tesi secondo cui la conversione del rapporto opera e non ex nunc ex tunc.
8. Tali dubbi interpretativi appaiono fugati dalla sentenza della Corte costituzionale 226 dell’8 luglio 2014, che ha ritenuto non fondata la questione di legittim costituzionale sollevata con riferimento agli artt. 11 e 117 Cost., in relazione clausola 8.3 dell’Accordo Quadro europeo sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE della L. 4 novembre 2010, n. 183, art 32, comma 5, come interpretato autenticamente dalla legge n. 92 del 2012.
8.1. La Corte costituzionale, richiamata la precedente sentenza n. 303 del 2011, ha innanzitutto ribadito che:
– la ratio dell’art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010 risiede nella volontà d introdurre un criterio di liquidazione del danno di più agevole, certa ed omogenea applicazione a fronte delle obiettive incertezze verificatesi nell’esperienza applica
dei criteri di commisurazione del danno secondo la legislazione previgente, con l’esit di risarcimenti ingiustificatamente differenziati in misura eccessiva;
– l’art. 32, comma 5, citato non si limita a forfetizzare il risarcimento del danno do al lavoratore illegittimamente assunto a termine, ma va ad integrare la garanzia dell conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a temp indeterminato che costituisce la protezione più intensa che possa essere riconosciuta ad un lavoratore precario;
– l’obiettivo era quello di assicurare la certezza dei rapporti giuridici, imponend meccanismo semplificato e di più rapida definizione di liquidazione del danno (evitando accertamenti probatori in ordine alla mora accipiendi, all’aliunde perceptum, al percipiendum, ecc.) a fronte della illegittima apposizione del termine al contratto lavoro.
8.2. Ha poi aggiunto che:
– “analogo obiettivo è alla base della norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 1, comma 13, della legge n. 92 del 2012”;
– tale disposizione, emanata all’indomani della sentenza n. 303 del 2011, “sostanzialmente recepisce l’interpretazione costituzionalmente orientata dell ‘art. 3 comma 5, della legge n. 183 del 2010 che quella pronuncia conteneva”;
– a fronte delle divergenze interpretative che pur dopo tale pronuncia erano emerse nella giurisprudenza di merito, “il legislatore è intervenuto accogliendo e rendendo vincolante l’interpretazione data da questa Corte all’art. 32, comma 5, della legge 183 del 2010…”;
-“questi elementi consentono di ravvisare l’obiettivo perseguito dal legislator ancora una volta, nella esigenza di assicurare certezza nella quantificazione de risarcimento del danno spettante al lavoratore in caso di illegittima apposizione termine al contratto, rendendo cogente la soluzione, già prevista, che bilanciava opposte pretese del lavoratore e del datore di lavoro, nonché nello scoraggiare ulteriore contenzioso. Se, dunque, l’intento perseguito da entrambe le disposizioni quello di stabilire un criterio uniforme e certo per la quantificazione del danno scopo di semplificare il contenzioso, allora ne consegue che esse si collocano fuor dall’ambito di applicazione della clausola 8.3 dell’accordo quadro e che pertanto no
sussiste alcuna violazione di detta clausola e, conseguentemente, degli evocati parametri costituzionali”.
9. Dunque, la sentenza con cui il giudice, rilevato il vizio della pattuizione del ter converte il contratto di lavoro in un contratto di lavoro a tempo indeterminato non p che operare ex tunc, sin dall’origine del rapporto di lavoro, il quale è da ritene instaurato illegittimamente a termine e che invece è da qualificare sin dall’orig ancorché per effetto di accertamento intervenuto ex post, di durata indeterminata.
9.1. L’accertamento giudiziale è di natura dichiarativa anche alla luce dell’interve legislativo di interpretazione autentica, avendo la Corte costituzionale nel 2014 (se 226 del 2014) confermato la propria precedente lettura interpretativa (sent. 303 de 2011) ed escluso che il legislatore del 2012 ne abbia voluto introdurre una diversa.
9.2. La sentenza che accerta la nullità del termine implica la ricostituzione de funzionalità del rapporto illegittimamente interrotto, cui è connesso l’obbligo datore di riammettere in servizio il lavoratore e di corrispondergli, in ogni cas retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva.
10. In conclusione, va affermato il principio che, anche a seguito della norma d interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 13, legge n. 92 del 2012, la senten di accerta la nullità della clausola appositiva del termine e ordina la ricostituzion rapporto illegittimamente interrotto, cui è connesso l’obbligo del datore di riammette in servizio il lavoratore, è di natura dichiarativa e non costitutiva.
10.1. La conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera, pertanto, con effetto ex tunc dalla illegittima stipulazione del contratto a termine, mentre l’indenni di cui all’art. 32, comma 5, I. 183 del 2010 ristora per intero il pregiudizio subi lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al period compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
11. La sentenza impugnata è incorsa nell’errore di diritto di ritenere che conversione potesse operare solo ex nunc, dalla data della sentenza che ha accertato la nullità del termine, e che, di conseguenza, il recesso datoriale dovesse esser regolato alla stregua di un recesso ante tempus intervenuto in costanza di un rapporto di lavoro a termine. Per tali motivi, la sentenza va cassata con rinvio alla Cort
appello di appello di Venezia in diversa composizione per il riesame dell’appell proposto da RAGIONE_SOCIALE alla luce del principio di diritto sopra enunciato.
12. Tenuto conto dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a ti di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2019
GLYPH
Il Consigliere est.
Il Presidente