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Contratto a termine agricolo: no deroga senza stagionalità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25393/2024, ha stabilito principi fondamentali riguardo al contratto a termine agricolo. Un lavoratore aveva contestato la reiterazione di contratti a tempo determinato da parte di un ente pubblico di sviluppo agricolo. La Corte ha chiarito che le deroghe alla normativa generale sui contratti a termine, previste per il settore agricolo, si applicano solo in presenza di attività genuinamente stagionali. Ha inoltre precisato che un ente pubblico non economico non può essere qualificato come imprenditore agricolo, e che l’onere di dimostrare la natura stagionale delle mansioni ricade interamente sul datore di lavoro.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto a Termine Agricolo: Limiti e Requisiti di Stagionalità

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha posto dei paletti chiari sull’utilizzo del contratto a termine agricolo, specificando che le deroghe alla durata massima non sono automatiche ma strettamente legate alla natura stagionale delle mansioni. Questa pronuncia è di fondamentale importanza perché definisce con rigore il concetto di ‘stagionalità’ e chiarisce la posizione degli enti pubblici non economici nel settore. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Reiterazione Abusiva dei Contratti

Un lavoratore, impiegato per anni da un Ente di Sviluppo Agricolo con una serie di contratti a tempo determinato, ha adito il tribunale per denunciare l’uso abusivo di tale forma contrattuale. Le sue mansioni includevano la conduzione di macchine agricole e lavori di manutenzione in officina, attività che, a suo dire, non avevano carattere stagionale ma rispondevano a esigenze stabili e permanenti dell’ente. Mentre il Tribunale di primo grado gli aveva dato ragione, condannando l’ente al risarcimento, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo che nel settore agricolo la stagionalità fosse solo una delle possibili giustificazioni per derogare alla normativa generale sui contratti a termine.

La Decisione della Cassazione sul contratto a termine agricolo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e affermando principi di diritto molto netti. I giudici hanno chiarito tre punti cruciali che ridefiniscono l’applicazione del contratto a termine in agricoltura, specialmente quando il datore di lavoro è un ente pubblico.

La Natura dell’Ente Datore di Lavoro

In primo luogo, la Cassazione ha stabilito che un Ente di Sviluppo Agricolo, in quanto ente pubblico non economico, non può essere qualificato come ‘imprenditore agricolo’ ai sensi dell’art. 2135 del Codice Civile. Questa distinzione è fondamentale: significa che a tale ente non si applicano le discipline speciali previste per le imprese agricole private, ma la normativa generale sul pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001).

Il Concetto Rigoroso di ‘Stagionalità’

Il cuore della decisione riguarda la definizione di ‘attività stagionale’. La Corte ha specificato che la deroga al limite massimo di durata dei contratti a termine è ammessa solo per attività che sono strettamente stagionali. Non rientrano in questa categoria le mansioni, pur necessarie all’attività agricola, che si protraggono per tutto l’anno. Attività come la manutenzione dei macchinari, la custodia degli impianti o la preparazione per la nuova stagione sono considerate esigenze operative stabili. I lavoratori impiegati in tali compiti devono essere assunti con contratti a tempo indeterminato.

L’Onere della Prova

Infine, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: spetta al datore di lavoro dimostrare che le mansioni svolte dal lavoratore erano esclusivamente di natura stagionale o strettamente complementari ad essa. Non è sufficiente che l’attività complessiva dell’ente abbia un carattere stagionale; è necessario provare che proprio quel lavoratore, per il tramite di quel contratto, svolgeva compiti legati a un ciclo produttivo limitato nel tempo.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione si fondano su un’interpretazione rigorosa della normativa europea e nazionale, volta a prevenire l’abuso dei contratti a tempo determinato. I giudici hanno sottolineato che le deroghe previste per il settore agricolo non possono essere interpretate in modo estensivo fino a vanificare la tutela del lavoratore. La ciclicità naturale dell’agricoltura non giustifica di per sé la precarizzazione di mansioni che, di fatto, rispondono a esigenze permanenti. Permettere rinnovi illimitati per lavori come la manutenzione creerebbe una categoria di lavoratori stabilmente precari, in contrasto con lo spirito della legge. La Corte territoriale aveva errato nel non accertare in concreto le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore, limitandosi a un’affermazione generica sulla peculiarità del settore agricolo. Compito del giudice di rinvio sarà, quindi, procedere a questa verifica dettagliata, tenendo conto dei rigidi oneri probatori a carico del datore di lavoro.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha implicazioni significative. Per i datori di lavoro, soprattutto enti pubblici, emerge la necessità di una gestione più attenta dei contratti a termine, distinguendo chiaramente tra esigenze puramente stagionali e necessità operative permanenti. Non si può più fare affidamento su un’interpretazione ‘elastica’ della stagionalità per giustificare la reiterazione dei contratti. Per i lavoratori, questa sentenza rafforza le tutele contro l’abuso della precarietà, offrendo uno strumento giuridico solido per rivendicare la stabilità del rapporto di lavoro quando le mansioni svolte hanno carattere continuativo. In sintesi, la stagionalità deve essere un fatto concreto e provato, non una presunzione legata al settore di appartenenza.

Un ente pubblico agricolo può essere considerato un ‘imprenditore agricolo’ ai fini della disciplina sui contratti a termine?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che un ente pubblico non economico, come un Ente di Sviluppo Agricolo, non rientra nella definizione di imprenditore agricolo dell’art. 2135 c.c. Di conseguenza, non può beneficiare delle specifiche deroghe previste per le imprese agricole private e deve sottostare alla disciplina del pubblico impiego.

La deroga alla durata massima dei contratti a termine nel settore agricolo è sempre applicabile?
No, non è sempre applicabile. La deroga è consentita solamente quando i contratti riguardano attività genuinamente stagionali, intese in senso stretto. Attività continuative come la manutenzione, la custodia o la preparazione delle strutture, che proseguono tutto l’anno, non sono considerate stagionali e non giustificano la deroga.

Chi deve provare che l’attività svolta da un lavoratore agricolo a termine è effettivamente stagionale?
L’onere della prova grava interamente sul datore di lavoro. In caso di contestazione, è l’azienda o l’ente a dover dimostrare in concreto che le mansioni affidate al lavoratore erano esclusivamente stagionali o strettamente complementari e accessorie ad esse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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