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Contratto a progetto: quando è legittimo? La Cassazione

Un lavoratore ha contestato la legittimità di una serie di contratti a progetto, chiedendone la conversione in un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la validità del contratto a progetto. La Corte ha stabilito che, per essere valido, un progetto deve specificare un risultato finale chiaro e identificabile, distinto dalla mera messa a disposizione di energie lavorative, anche se rientra nell’ambito dell’attività generale dell’impresa.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto a Progetto: la Cassazione Definisce i Limiti della Legittimità

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 21490/2024, offre chiarimenti cruciali sulla validità del contratto a progetto, una tipologia contrattuale che, sebbene oggi superata dal Jobs Act, continua a generare contenzioso. La Corte ha stabilito che la riconducibilità dell’attività all’oggetto sociale dell’azienda non è di per sé sufficiente a invalidare il contratto, a patto che il progetto sia definito da un risultato specifico e non si limiti a una generica messa a disposizione di manodopera.

I Fatti del Caso

Un collaboratore aveva lavorato per una società specializzata in servizi di trasferimento di denaro in forza di una serie di contratti a progetto. Ritenendo tali contratti illegittimi, si è rivolto al Giudice del Lavoro chiedendone la conversione in un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Le sue doglianze si basavano su diversi punti:
1. Genericità dei progetti: I progetti descritti nei contratti erano, a suo dire, troppo vaghi.
2. Coincidenza con l’oggetto sociale: Le attività richieste coincidevano con il core business dell’azienda.
3. Mansioni diverse: Affermava di aver svolto mansioni differenti da quelle pattuite.
4. Impossibilità del risultato: L’obiettivo finale era irraggiungibile.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato le sue richieste, spingendo il lavoratore a presentare ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul contratto a progetto

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando le decisioni dei giudici di merito e consolidando l’orientamento sulla legittimità formale dei contratti in esame. La Corte ha analizzato i diversi motivi di ricorso, ritenendoli in parte infondati e in parte inammissibili per ragioni procedurali, come il principio della “doppia conforme” e la carenza di autosufficienza del ricorso.

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione dei requisiti di validità del contratto a progetto ai sensi della normativa all’epoca vigente (D.Lgs. 276/2003).

Analisi della Specificità del Progetto

La Cassazione ha ribadito che un contratto a progetto è legittimo quando l’attività del collaboratore è riconducibile a uno o più progetti specifici, programmi di lavoro o fasi di esso. Il fattore chiave è il risultato finale, che deve essere chiaramente identificato e funzionalmente collegato alla prestazione. Questo risultato giustifica l’autonomia gestionale del collaboratore e differenzia il suo lavoro dalla mera disponibilità di energie lavorative tipica del rapporto subordinato.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che l’ultimo contratto stipulato fosse sufficientemente specifico. Il progetto consisteva nell'”incarico di individuare persone fisiche potenzialmente desiderose di concludere contratti di mandato” e il risultato era la “sottoscrizione di contratti di mandato… in numero non inferiore a 900“. Secondo i giudici, questo definiva un obiettivo chiaro e un risultato tangibile, soddisfacendo i requisiti di legge.

La questione dell’Indennità Risarcitoria

Un altro aspetto interessante riguarda la domanda di risarcimento del danno. La Corte ha corretto la motivazione della Corte d’Appello ma ne ha confermato la decisione di rigetto. L’indennità risarcitoria prevista dall’art. 32 della Legge n. 183/2010 è strettamente legata all’applicazione del meccanismo sanzionatorio della “conversione” del contratto. Poiché nel caso di specie la conversione in rapporto di lavoro subordinato è stata esclusa, è venuto meno il presupposto stesso per il riconoscimento di tale indennità.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa della normativa sul contratto a progetto. Non è richiesto che il progetto sia un’attività eccezionale o estranea al core business aziendale, ma è indispensabile che non si traduca in una mera riproposizione dell’oggetto sociale, ovvero in prestazioni generiche coincidenti con l’ordinaria attività. Deve esistere un “quid” distintivo che enuclei la collaborazione da una semplice messa a disposizione di forza lavoro.

La Corte ha inoltre respinto i motivi di ricorso di natura processuale. Ad esempio, la censura relativa all’omesso esame di fatti decisivi è stata dichiarata inammissibile a causa della “doppia conforme”, che preclude tale censura quando i giudici di primo e secondo grado hanno concordato sulla ricostruzione dei fatti. Allo stesso modo, le doglianze sulla mancata ammissione di prove testimoniali e sulla violazione del principio di non contestazione sono state respinte per difetti di formulazione e perché rientrano nell’ambito del potere discrezionale del giudice di merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 21490/2024 della Corte di Cassazione riafferma un principio fondamentale: la validità di un contratto a progetto si gioca sulla concretezza e specificità del risultato richiesto al collaboratore. Un progetto ben definito, con un obiettivo finale tangibile, può essere considerato legittimo anche se l’attività svolta si inserisce nel ciclo produttivo ordinario dell’impresa. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di una redazione contrattuale accurata e dettagliata, che delinei chiaramente il perimetro dell’autonomia del collaboratore e il risultato atteso, al fine di evitare contestazioni sulla natura del rapporto di lavoro.

Quando un contratto a progetto è considerato legittimo e specifico?
Secondo la Corte, un contratto a progetto è legittimo quando l’attività è riconducibile a un risultato finale chiaramente descritto, identificato e funzionalmente collegato alla prestazione. Questo risultato deve essere un fattore chiave che giustifica l’autonomia gestionale del collaboratore, differenziandolo dalla mera disponibilità di manodopera del lavoro subordinato.

Un progetto che rientra nell’attività ordinaria dell’azienda è sempre illegittimo?
No. La Corte ha chiarito che il progetto non deve necessariamente consistere in un’attività eccezionale o del tutto diversa dall’attività ordinaria dell’impresa. Tuttavia, non può consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale. È necessario che il contratto individui un ‘quid’ distinto che vada oltre la semplice messa a disposizione di energie lavorative per l’attività aziendale.

Se un contratto a progetto viene dichiarato illegittimo, spetta sempre un’indennità risarcitoria?
No. La Corte ha precisato che l’indennità risarcitoria prevista dalla legge è un presupposto legato all’applicazione del meccanismo della ‘conversione’ del contratto a progetto in un rapporto di lavoro subordinato. Se, come nel caso di specie, i giudici escludono la conversione perché ritengono il contratto legittimo, viene a mancare il presupposto per concedere l’indennità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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