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Contratto a progetto: quando è fittizio e si converte

Una cooperativa di trasporti ha impugnato la decisione di convertire un contratto a progetto di una sua collaboratrice in un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la mancanza di un progetto specifico, definito e autonomo comporta la conversione automatica del rapporto. La Corte ha ritenuto che le mansioni della lavoratrice, analoghe a quelle di un’impiegata di agenzia viaggi, e la presenza di indici di subordinazione (retribuzione fissa, ferie, direttive) provassero la natura fittizia del contratto a progetto. È stata confermata anche la decisione sul recupero contributivo per le indennità di trasferta.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto a Progetto Fittizio: La Cassazione Conferma la Conversione

La distinzione tra lavoro autonomo e subordinato è una delle questioni più delicate del diritto del lavoro. Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla figura, ormai superata, del contratto a progetto, chiarendo i presupposti per la sua conversione in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La sentenza sottolinea come la mancanza di un progetto specifico e la presenza di indici di subordinazione rendano il contratto meramente fittizio.

Il Caso: Un Contratto a Progetto nel Settore Turistico

Una cooperativa operante nel settore dei trasporti aveva stipulato un contratto a progetto con una lavoratrice. Il progetto consisteva nell’avvio di un nuovo ramo d’azienda legato all’organizzazione di viaggi. Tuttavia, l’Istituto Previdenziale, a seguito di un’ispezione, aveva contestato la genuinità del rapporto, convertendolo in lavoro subordinato e richiedendo il pagamento dei contributi omessi. La Corte d’Appello aveva confermato la decisione, spingendo la cooperativa a ricorrere in Cassazione.

Secondo la cooperativa, il progetto era genuino in quanto consisteva in una vera e propria attività di “start-up” per un settore mai esplorato prima dall’azienda, e alla lavoratrice era garantita piena autonomia. Inoltre, contestava il ricalcolo dei contributi sull’indennità di trasferta erogata agli autisti.

La Conversione del Contratto a Progetto: L’Analisi della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della cooperativa, confermando la decisione dei giudici di merito. L’analisi della Corte si è concentrata su due aspetti fondamentali previsti dalla vecchia normativa (D.Lgs. 276/2003).

La Mancanza di Specificità del Progetto

Il primo punto, dirimente, è la mancanza di specificità del progetto. La legge richiedeva che un contratto a progetto fosse legato a un risultato finale ben definito, che il collaboratore doveva perseguire in autonomia. Nel caso di specie, il progetto era descritto in modo generico come “l’avvio di una nuova attività” e l’esplorazione di “nuove prospettive di business”.

Secondo la Corte, questa genericità è un vizio formale che, da solo, determina la conversione automatica (ope legis) del contratto in un rapporto di lavoro subordinato. Non è sufficiente definire il progetto come una “start-up”; è necessario indicare un obiettivo concreto e misurabile.

Gli Indici della Subordinazione

Pur non essendo necessario ai fini della decisione (data la già accertata nullità formale), la Corte ha evidenziato come nel rapporto di lavoro fossero presenti numerosi indici tipici della subordinazione. La lavoratrice svolgeva mansioni impiegatizie (contatti con clienti, vendita pacchetti, assistenza logistica), percepiva una retribuzione fissa, fruiva di ferie e permessi per malattia e riceveva disposizioni dirette dall’amministratore della società. Questi elementi, uniti alla coincidenza delle sue mansioni con l’oggetto sociale della cooperativa, hanno ulteriormente confermato l’assenza di una reale autonomia e la natura subordinata della prestazione.

La Questione sull’Indennità di Trasferta

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla riduzione dell’esenzione contributiva sull’indennità di trasferta per gli autisti, è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ritenuto che la ricorrente non avesse adeguatamente argomentato le ragioni per cui il rimborso delle spese di alloggio da parte dei committenti non dovesse incidere sul calcolo dell’esenzione, trasformando di fatto il motivo di diritto in una inammissibile richiesta di riesame dei fatti.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda sulla distinzione, prevista dall’art. 69 del d.lgs. 276/2003, tra due diverse ipotesi di conversione. La prima, quella della mancanza di uno specifico progetto (vizio formale), comporta una conversione automatica e si basa su una presunzione assoluta che non ammette prova contraria. La seconda ipotesi riguarda i contratti formalmente validi ma che, nella pratica, si svolgono con le modalità del lavoro subordinato (vizio sostanziale).

Nel caso analizzato, la Corte ha ritenuto integrata la prima ipotesi. La totale assenza di un progetto specifico, autonomo e dotato di un risultato definito ha reso il contratto nullo sin dall’inizio, con la conseguente conversione ope legis. Gli elementi emersi dall’istruttoria (retribuzione fissa, direttive, ecc.) sono stati considerati come un’ulteriore conferma della natura fittizia del rapporto, ma la decisione si sarebbe retta anche solo sulla base del vizio formale.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per essere legittimo, un contratto a progetto (e, per estensione, ogni forma di collaborazione autonoma) deve basarsi su un’effettiva autonomia del lavoratore e su un oggetto chiaramente definito e non coincidente con la normale attività d’impresa. La mera etichetta formale non è sufficiente a mascherare un rapporto che, nella sostanza, presenta tutte le caratteristiche della subordinazione. Per le aziende, ciò significa prestare la massima attenzione nella redazione dei contratti di collaborazione, definendo con precisione l’oggetto della prestazione per evitare il rischio di costose conversioni e recuperi contributivi.

Quando un contratto a progetto viene convertito in un rapporto di lavoro subordinato?
La conversione avviene principalmente in due casi: 1) Se manca un progetto specifico, definito e autonomo, la conversione è automatica per legge (ope legis), a prescindere da come si è svolto il rapporto. 2) Se, pur in presenza di un progetto formalmente corretto, si accerta che la prestazione lavorativa è stata eseguita in modo subordinato, sotto la direzione e il controllo del committente.

È sufficiente definire il progetto come l’avvio di una ‘start-up’ per renderlo legittimo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una descrizione generica come ‘avvio di una nuova attività’ o ‘esplorazione di nuove prospettive di business’ non è sufficiente a soddisfare il requisito di specificità. Il progetto deve avere un risultato definito da perseguire in modo autonomo, non può essere una semplice descrizione teorica di compiti.

Quali sono gli elementi che indicano l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato mascherato da contratto a progetto?
Gli elementi tipici (indici di subordinazione) includono la percezione di una retribuzione fissa e periodica, la fruizione di ferie e permessi per malattia, la ricezione di direttive e disposizioni dal committente, lo svolgimento di mansioni analoghe a quelle dei dipendenti e la coincidenza della prestazione con l’oggetto sociale dell’azienda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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