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Contratto a progetto call center: la Cassazione chiarisce

Una lavoratrice ha contestato la legittimità del suo contratto a progetto call center, sostenendo che mascherasse un rapporto di lavoro subordinato. La Corte d’Appello aveva dato ragione all’azienda, interpretando una riforma del 2012 come un’eccezione all’obbligo di un progetto specifico. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, affermando che anche per le attività di call center outbound, il contratto a progetto deve essere legato a un risultato finale e a un progetto ben definito. La riforma ha inciso solo sulle modalità di calcolo del compenso, non sui requisiti fondamentali del contratto.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto a Progetto Call Center: La Cassazione Fissa i Paletti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione interviene con decisione su un tema cruciale per il mondo del lavoro: la legittimità del contratto a progetto call center. La pronuncia chiarisce che, anche dopo le riforme legislative, la validità di tale contratto resta ancorata alla presenza di un progetto specifico e di un risultato finale, mettendo un freno a interpretazioni estensive che rischiavano di precarizzare i lavoratori del settore.

Il Caso: Dai Contratti a Progetto alla Causa in Tribunale

La vicenda nasce dall’azione legale di una lavoratrice impiegata presso una società con una serie di contratti a progetto, dal 2011 al 2015, per attività di call center outbound. La lavoratrice sosteneva che, di fatto, il suo rapporto non fosse legato a progetti definiti, ma costituisse un’unica e continuativa prestazione di lavoro subordinato.

Inizialmente, la Corte d’Appello aveva respinto le sue richieste, ritenendo i contratti legittimi. Per quelli stipulati prima del 2012, il giudice di secondo grado aveva considerato sufficientemente specifico il riferimento a commesse di clienti noti e a un ‘risultato da realizzare’. Per i contratti successivi, la Corte aveva dato un’interpretazione particolare alla riforma del lavoro del 2012.

La Riforma del 2012 e l’Errore della Corte d’Appello sul contratto a progetto call center

Il punto centrale della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 61 del D.Lgs. 276/2003, come modificato nel 2012. La Corte d’Appello aveva ritenuto che la novella legislativa, facendo ‘salva la legittimità’ dei contratti di collaborazione a progetto per la vendita diretta tramite call center outbound, avesse di fatto eliminato per questo specifico settore la necessità di predisporre uno specifico progetto e di prevedere un risultato.

Secondo questa lettura, la legge avrebbe creato una sorta di ‘zona franca’ in cui il contratto a progetto era sempre valido, a prescindere dai suoi requisiti fondamentali. Si trattava di un’interpretazione che, se confermata, avrebbe aperto le porte a un uso indiscriminato di questa forma contrattuale per mascherare rapporti di lavoro subordinato.

La Decisione della Cassazione: Specificità del Progetto Sempre Necessaria

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la decisione d’appello, accogliendo il ricorso della lavoratrice su questo punto cruciale. I giudici supremi hanno stabilito un principio di diritto chiaro e inequivocabile, basandosi su un proprio recente precedente.

Il Principio di Diritto Affermato

La Cassazione ha affermato che la normativa speciale introdotta nel 2012 per il contratto a progetto call center outbound non costituisce una deroga alle regole generali. La specialità della disciplina va rinvenuta unicamente nella delega alla contrattazione collettiva per l’individuazione della base del corrispettivo, ma non elimina i requisiti cardine del contratto: il collegamento funzionale a un risultato finale e la specificità del progetto.

In altre parole, la legge non ha creato una ‘scorciatoia’ per le aziende di call center, ma ha semplicemente normato un aspetto economico del rapporto, lasciando intatti i presupposti di validità del contratto a progetto.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che un’interpretazione diversa, come quella adottata dalla Corte d’Appello, porterebbe alla creazione di una figura contrattuale ibrida non prevista dal legislatore, consentendo di eludere le tutele del lavoro subordinato. La ratio della normativa sul contratto a progetto è sempre stata quella di legare la collaborazione autonoma a un obiettivo specifico e temporalmente definito, distinguendola nettamente dal lavoro subordinato, caratterizzato dalla messa a disposizione delle energie lavorative sotto la direzione del datore di lavoro. La riforma del 2012 ha introdotto una specificità solo per quanto riguarda il calcolo della retribuzione, che doveva basarsi sui contratti collettivi nazionali, ma non ha mai inteso cancellare l’obbligo di definire un progetto. Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata, annullandola, e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello di Roma per un nuovo esame che dovrà seguire il principio di diritto enunciato.

Le Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un punto fermo fondamentale per la tutela dei lavoratori nel settore dei call center. La Corte di Cassazione riafferma che il contratto a progetto non può essere utilizzato come un mero strumento per ridurre i costi e le tutele, ma deve rispondere a reali esigenze progettuali, specifiche e verificabili. Le aziende del settore sono avvisate: la legittimità di un contratto a progetto call center dipende sempre e comunque dalla reale esistenza di un progetto, e non da una presunta eccezione legislativa. La causa tornerà ora davanti alla Corte d’Appello, che dovrà applicare questo principio per decidere nuovamente sulla natura del rapporto di lavoro della ricorrente.

Dopo la riforma del 2012, un contratto a progetto per un call center outbound deve ancora indicare un progetto specifico?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la riforma del 2012 non ha eliminato l’obbligo di specificità del progetto e di un risultato finale. La novità legislativa riguardava solo l’individuazione del corrispettivo tramite la contrattazione collettiva, non una deroga generale ai requisiti del contratto a progetto.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice di merito sulla specificità di un progetto?
Generalmente no. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’apprezzamento di merito sulla sussistenza dei requisiti del progetto è un compito del giudice di merito (Tribunale, Corte d’Appello) e non può essere censurato in sede di legittimità se non per vizi logici o violazione di legge, non per una semplice rivalutazione dei fatti.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione accoglie un motivo di ricorso?
In questo caso, la Corte ha ‘cassato’ (annullato) la sentenza della Corte d’Appello e ha ‘rinviato’ la causa allo stesso ufficio giudiziario, ma in diversa composizione, per un nuovo esame. Il nuovo giudice dovrà attenersi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione. Gli altri motivi di ricorso sono stati dichiarati ‘assorbiti’, cioè non esaminati perché l’accoglimento di uno era sufficiente a invalidare la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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