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Contratti stagionali: la Cassazione chiarisce i limiti

Un lavoratore assunto per anni con contratti a termine per la manutenzione di impianti di irrigazione ha chiesto la conversione del rapporto in tempo indeterminato. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che i contratti collettivi possono legittimamente individuare nuovi lavori stagionali, oltre a quelli previsti dalla legge, a condizione che tali attività siano intrinsecamente e genuinamente stagionali. In questo caso, i contratti stagionali per la manutenzione irrigua sono stati ritenuti validi.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratti Stagionali: Quando la Contrattazione Collettiva Può Espandere la Legge

La gestione dei contratti stagionali rappresenta un punto cruciale nel diritto del lavoro, bilanciando la flessibilità richiesta da certi settori con la tutela dei lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 3289/2024) ha fornito chiarimenti fondamentali sul ruolo che la contrattazione collettiva può svolgere nell’identificare quali attività possano essere considerate stagionali, anche se non esplicitamente elencate dalla normativa primaria. Il caso esaminato offre spunti preziosi per datori di lavoro e dipendenti.

I Fatti di Causa: una Successione di Contratti a Termine

Il caso ha origine dalla domanda di un lavoratore impiegato per molti anni presso un consorzio di bonifica. A partire dal 1997, ogni anno, veniva assunto con un contratto a tempo determinato di durata variabile, solitamente da aprile a dicembre, per svolgere mansioni di addetto alla manutenzione e all’esercizio degli impianti di irrigazione.

Ritenendo illegittima la successione di contratti a termine per superamento del limite massimo di 36 mesi e per l’assenza di ragioni giustificatrici, il lavoratore ha citato in giudizio il consorzio, chiedendo la conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato, oltre al risarcimento del danno.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva respinto la domanda. Secondo i giudici di secondo grado, sebbene l’attività non rientrasse nell’elenco ministeriale delle attività stagionali (DPR 1525/1963), la legge (D.Lgs. 368/2001) consentiva ai contratti collettivi di individuarne altre. Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) dei Consorzi di bonifica, infatti, definiva espressamente come stagionali anche i lavori di manutenzione ed esercizio degli impianti, ampliando così la nozione legale. Contro questa decisione, il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Cassazione sui Contratti Stagionali

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la validità della sentenza d’appello e fornendo un’interpretazione chiara della normativa sui contratti stagionali.

Il Ruolo della Contrattazione Collettiva

Il primo punto affrontato dalla Corte riguarda la portata dell’art. 5, comma 4-ter, del D.Lgs. 368/2001. Questa norma permette ai contratti collettivi nazionali di individuare attività stagionali ulteriori rispetto a quelle elencate nel DPR del 1963. Il lavoratore sosteneva che tale facoltà dovesse essere interpretata restrittivamente.

La Cassazione ha chiarito che la norma rappresenta una vera e propria delega alle parti sociali. I contratti collettivi possono, quindi, individuare nuove attività stagionali, purché queste abbiano una caratteristica intrinseca di stagionalità. Non si tratta di poter definire “stagionale” un’attività palesemente continuativa, ma di poter adattare la normativa alle specificità dei settori produttivi, riconoscendo la stagionalità di lavori non previsti decenni prima dal legislatore.

L’Interpretazione del Contratto Collettivo di Settore

Il secondo motivo di ricorso verteva sull’interpretazione dell’art. 128 del CCNL di settore. La Corte ha ritenuto corretta l’analisi della Corte d’Appello. Il testo del contratto collettivo, nel definire gli operai avventizi stagionali, includeva esplicitamente quelli “addetti ai lavori stagionali di manutenzione delle opere e degli impianti consorziali”, citando tra parentesi, a titolo esemplificativo, l’irrigazione.

Secondo la Cassazione, l’uso ripetuto dell’aggettivo “stagionali” e il riferimento ad attività come la manutenzione degli impianti di irrigazione dimostrano la chiara intenzione delle parti collettive di esercitare la facoltà concessa dalla legge. Tali attività, infatti, non sono per loro natura continuative durante l’intero arco dell’anno, ma sono strettamente legate a cicli stagionali. La previsione contrattuale è stata quindi giudicata idonea e sufficientemente specifica per giustificare la deroga al limite dei 36 mesi.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sulla base di due principi cardine. In primo luogo, ha riaffermato che la legge (art. 5, comma 4-ter, D.Lgs. 368/2001) conferisce alle fonti collettive il potere di integrare l’elenco delle attività stagionali. Questa delega, però, non è in bianco: presuppone che le attività individuate dalla contrattazione collettiva siano oggettivamente e plausibilmente stagionali, cioè preordinate a un espletamento temporaneo legato a una specifica stagione.

In secondo luogo, ha stabilito che l’attività di “manutenzione ed esercizio delle opere e degli impianti consorziali” e di “irrigazione”, come specificato dal CCNL di settore, rientra a pieno titolo in questa categoria. A differenza di altri casi esaminati in passato, dove le definizioni contrattuali erano troppo generiche, in questa fattispecie la previsione è stata ritenuta sufficientemente specifica e aderente a una reale esigenza stagionale, legittimando così la successione di contratti a termine oltre il limite ordinario.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un importante principio: la contrattazione collettiva è uno strumento fondamentale per adattare la disciplina del lavoro a tempo determinato alle esigenze specifiche dei settori produttivi caratterizzati da stagionalità. La decisione chiarisce che i sindacati e le associazioni datoriali possono estendere la nozione di lavoro stagionale, a patto di non snaturarla. Per le aziende, ciò significa poter contare su previsioni contrattuali chiare per gestire i picchi di lavoro stagionale; per i lavoratori, la garanzia che tale flessibilità non possa essere usata in modo arbitrario per attività che sono, in realtà, continuative.

I contratti collettivi possono definire come “stagionali” attività non previste direttamente dalla legge?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la legge (in particolare l’art. 5, co. 4-ter del D.Lgs. n. 368/2001) delega alla contrattazione collettiva nazionale la facoltà di individuare ulteriori attività stagionali rispetto a quelle già elencate nel D.P.R. n. 1525/1963.

Un lavoro di manutenzione di impianti di irrigazione può essere considerato stagionale?
Sì. Secondo la sentenza, l’attività di manutenzione ed esercizio degli impianti di irrigazione è stata correttamente qualificata come stagionale dal contratto collettivo di settore, poiché non è un’attività continuativa per sua natura ma è legata a specifici periodi dell’anno.

Qual è il limite alla facoltà dei contratti collettivi di individuare nuove attività stagionali?
Il limite è che le attività individuate devono essere genuinamente e intrinsecamente stagionali. La contrattazione collettiva non può definire arbitrariamente come “stagionale” un’attività che ha carattere continuativo per tutto l’anno, ma deve limitarsi a identificare lavori che per loro natura si svolgono in periodi limitati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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