Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3289 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 3289  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 26078-2021 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE  DELLO  STATO  presso  i  cui  Uffici  domicilia  in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 63/2021 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 07/04/2021 R.G.N. 112/2020; udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Cagliari, con la sentenza n. 63/2021, in riforma RAGIONE_SOCIALE pronuncia emessa dal Tribunale RAGIONE_SOCIALE stessa sede, ha respinto la domanda proposta da COGNOME, nei confronti del
Oggetto
Successione di contratti di
RAGIONE_SOCIALE a termine
Attività
stagionali
Contrattazione collettiva
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/12/2023
CC
RAGIONE_SOCIALE di cui era dipendente dal 1997, con contratto a tempo determinato, ogni anno, per un periodo di durata variabile compreso da aprile a dicembre, in qualità di addetto all’esercizio e alla manutenzione degli impianti di irrigazione, diretta alla declaratoria RAGIONE_SOCIALE nullità del termine di apposto ai vari contratti, per l’assenza di ragioni giustificatrici, per la successione di tali contratti e per la loro durata spesso prorogata nonché per il superamento del limite di trentasei mesi, con contestuale richiesta di conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato, fin dalla prima stipulazione, oltre al risarcimento dei danni.
I giudici di seconde cure hanno rilevato che: a) il Cau era stato sempre assunto come operaio qualificato addetto alla manutenzione e all’esercizio degli impianti di distribuzione irrigui e si occupava RAGIONE_SOCIALE ‘valvole’ e dei ‘gruppi di misura’, per cui l’attività svolta non rientrava nell’elenco di cui al DPR n. 1523/1963; b) tuttavia l’art. 5 co. 4 D.lgs. n. 368/2001 consentiva alle parti collettive la possibilità di individuare altri lavori stagionali per i qual era possibile l’assunzione a termine ripetu ta, senza il limite di trentasei mesi; c) l’art. 128 co. 1 del CCNL RAGIONE_SOCIALE definiva lavori stagionali anche gli addetti alla manutenzione e agli esercizi degli impianti; d) la definizione contrattuale di attività stagionale era quindi ampliativa rispetto a quella nazionale; e) anche sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE durata dei suddetti contratti non vi era illegittimità perché risultava variabile di anno in anno e non si superava il limite del CCNL (200 giornate all’anno per oltre tre anni); f) la st agionalità appariva confermata anche dalla collocazione dei periodi lavorativi, comprensivi sempre dei mesi estivi.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
Il  Collegio  si  è  riservato  il  deposito  dell’ordinanza  nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo, proposto in via principale, si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 c. 4 ter d.lgs. n. 368/2001, laddove interpretato nel senso di consentire la individuazione, attraverso la contrattazione collettiva, di ipotesi di ‘attività stagionali’ diverse da quelle tassativamente specificate dal DPR n. 1525/1963 e ss.mm.ii. Secondo il ricorrente, la formulazione letterale dell’art. 5, comma 4 -ter, d.lgs. 368/2001, non sarebbe del tutto perspicua, non essendo in particolare chiar o se il dimostrativo ‘quelle’, che nel periodo designa attività diverse da quelle, sicuramente stagionali, indicate dal d.P.R. 1525/1963, debba intendersi riferito soltanto ad ulteriori attività stagionali, ovvero ad altre attività diverse da quelle stagionali. Per il ricorrente, la Corte di merito aveva accreditato la prima ipotesi interpretativa, e cioè che l’ora cit. comma 4ter dell’art. 5 aveva abilitato le parti collettive ad individuare attività stagionali ulteriori rispetto a quelle indicate nel cit. d.P.R. 1525/1963. Al contrario, secondo il ricorrente, la facoltà di individuare altre attività esentate dall’applicazione del comma 4-bis mediante la contrattazione collettiva si poteva esercitare con riferimento ad attività diverse da quelle stagionali, come indicate tassativamente nel ridetto d.P.R.
Con il secondo motivo, in via subordinata, si denuncia la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 128 del CCNL per i dipendenti del RAGIONE_SOCIALE del 25 marzo 2010 in relazione all’art. 5, comma 4 -ter del d.lgs. 368/2001, laddove attribuisce a tale norma il significato di individuare attività stagionali diverse da quelle specificate dal n. 13 del d.P.R. 1525/1963′. Secondo il ricorrente, in sintesi, la Corte territoriale, nell’interpretare la cit. norma collettiva, erroneamente avrebbe fatto capo, peraltro implicitamente, al canone ermeneutico di cui all’art. 1365 c.c. in tema di ‘Indicazioni esemplificative’, e, piuttosto, avrebbe dovuto far applicazione del canone di cui all’art. 1364 c.c., nonché di quello di cui all’art. 1362, comma primo, c.c. con riferimento alla ‘comune intenzione RAGIONE_SOCIALE parti’.
Il primo motivo è infondato.
L’art. 5, comma 4 -ter, d.lgs. n. 368/2001 (comma aggiunto dall’art. 1, comma 40, lettera b), L. 24.12.2007, n. 247), recita: ‘Le disposizioni di cui al comma 4 -bis non trovano applicazione nei confronti RAGIONE_SOCIALE attività stagionali definite dal decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modifiche ed integrazioni, nonché di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di lavo ro comparativamente più rappresentative’ .
Ebbene, questa Corte di legittimità, di recente, più volte ha già affermato che detta norma effettivamente anzitutto autorizza le fonti collettive nazionali più rappresentative ad individuare le attività stagionali rispetto alle quali opera la deroga al divieto di superamento del limite massimo di trentasei mesi di durata cumulativa dei contratti a termine di cui all’art. 5, comma 4 bis, d.lgs. n. 368/2001, ponendo, però, in luce i limiti di tale delega alle parti collettive, come si vedrà meglio infra (v. Cass., sez. lav., 15.11.2023, n. 31755; id. n. 9243/2023; n. 9212/2023; n. 5065/2023; n. 5064/2023).
Del resto, il comma 4-ter in questione deroga esplicitamente a tutte le disposizioni di cui all’immediatamente precedente comma 4-bis dello stesso art. 5 d.lgs. n. 368/2001 (comma parimenti  e  contestualmente  inserito  in  detto  articolo dall’art.  1,  comma  40 , lettera b),  L.  n.  247/2007,  e  poi successivamente modificato).
E il comma 4 bis si apre con un (secondo) inciso che fa ‘salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendali con le RAGIONE_SOCIALE sindacali comparativamente  più  rappresentative  sul  piano  nazionale’ , sicché già in base a tali fonti collettive, anche non nazionali, è consentito superare il limite dei 36 mesi ivi sancito.
Per conseguenza, sarebbe privo di senso logico-normativo plausibile riconnettere agli ‘avvisi comuni’ e ai ‘contratti collettivi nazionali stipulati dalle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE  comparativamente  più  rappresentative’,  di  cui  al la
seconda ipotesi prevista dal comma 4-ter, il potere di individuare attività non ‘stagionali’, ma in grado, una volta così individuate, di consentire la deroga all’applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui al precedente comma 2-bis.
E ciò in una duplice prospettiva. Da un lato, come già notato, il comma 4-bis consentiva ai contratti collettivi di qualsiasi livello il superamento del limite complessivo di 36 mesi, indipendentemente dalle attività che vengano in considerazione nei pluri mi contratti a termine. Dall’altro lato, ritenere attribuito sia pure solo ad avvisi e contratti collettivi di rango nazionale il potere di individuare liberamente e senza freni attività non stagionali in grado di sottrarre i relativi contratti di RAGIONE_SOCIALE a termine, con eventuali proroghe e rinnovi, al ridetto limite complessivo di 36 mesi, significherebbe attribuire alla norma di cui al comma 4-ter una portata, non limitatamente derogatoria in rapporto a una stagionalità di attività, ben tipizzata a livello legale o contrattual-collettivo, ma praticamente antinomica, in parte qua , rispetto alla previsione di cui al comma precedente.
Devesi, perciò, confermare che il comma 4-ter abbia inteso soltanto attribuire alle fonti collettive ivi indicate la facoltà di individuare attività sempre stagionali, ma ulteriori rispetto a quelle  ‘definite  dal  decreto  del  Presidente  RAGIONE_SOCIALE  Repubblica  7 o ttobre  1963,  n.  1525,  e  successive  modifiche  e  integrazioni’, salvo  quanto  si  preciserà  appresso  nell’esaminare  il  secondo motivo di ricorso.
La decisione RAGIONE_SOCIALE Corte di merito, perciò, è conforme a legge nel punto in cui ha affermato che il comma 4 ter  dell’art.  5  d.lgs.  n.  368/2001  dà  alle  parti  collettive  la possibilità  di  individuare  altri  lavori  stagionali  per  i  quali  è possibile l’assunzio ne  a  termine  ripetuta  senza  il  limite  di trentasei mesi.
Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso.
L’interpretazione dell’art. 128 del CCNL per i dipendenti dai consorzi di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 25.3.2010, fornita dalla Corte territoriale, è infatti condivisibile.
Tale articolo è quello di apertura del Titolo V di detto CCNL,  che  riguarda  la  ‘disciplina  del  rapporto  di  RAGIONE_SOCIALE  degli operai avventizi’, e, sotto la rubrica ‘Classificazione degli operai’, recita:
‘Gli  operai  avventizi  stagionali  sono  quelli  addetti  ai  lavori stagionali di manutenzione RAGIONE_SOCIALE opere e degli impianti consorziali (taglio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sia acquatiche che di sponda, diserbo e spurgo dei  canali,  irrigazione,  riordino  RAGIONE_SOCIALE  scoline,  ecc.)  nonché  gli operai avventizi addetti alla esecuzione RAGIONE_SOCIALE opere eseguite in amministrazione diretta.
Gli operai di cui al precedente comma sono classificati nelle aree e profili professionali di cui all’art. 2 ed in conformità ai criteri sanciti dallo stesso art. 2.
I  predetti  operai  sono  assunti  con  rapporto  di  RAGIONE_SOCIALE  a  tempo determinato ai sensi e con le norme di cui al D.Lgs. 2001, n. 368, ed all’art. 23, 1° comma, RAGIONE_SOCIALE legge 28 febbraio 1987, n. 56′.
Nota preliminarmente il Collegio che tale articolo si colloca  in  un  CCNL  dell’anno  2010,  quando  già  da  tempo  era vigente l’art. 5 d.lgs. n. 368/2001, con le aggiunte dei commi, per quanto qui interessa, inseritivi dall’art. 1, comma 40, lett. b), l. n. 247/2007; inoltre, fa esplicito riferimento alle ‘norme di cui al’ d.lgs. n. 368/2001 senza eccezioni, ai fini dell’assunzione degli operai avventizi stagionali.
E  tali  dati  obiettivi  depongono  nel  senso  RAGIONE_SOCIALE consapevolezza in capo alle parti collettive del novellato quadro normativo e quindi RAGIONE_SOCIALE loro rilevante facoltà, in precedenza non prevista,  di  individuare,  in  base  ad  esso,  attività  stagionali ulteriori  e  diverse  da  quelle  da  tempo  delineate  dal  d.P.R.  n. 1525/1963, ai fini RAGIONE_SOCIALE successione di più contratti a termine.
Tornando,  allora,  al  testo  dell’art.  128  del  CCNL, come pur rilevato dalla Corte territoriale, nel comma primo dello stesso si riscontra una parziale e quindi non integrale corrispondenza  con  le  attività  stagionali  ex  n.  13  d.P.R.  n. 1525/1963,  dove  sono  c ontemplate  quali  ‘attività  a  carattere stagionale’,  riferibili  ai  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE:  ‘RAGIONE_SOCIALE
palustri,  diserbo  dei  canali,  riordinamento  scoline  RAGIONE_SOCIALE  opere consortili di RAGIONE_SOCIALE‘.
In  particolare,  la  Corte  ha  evidenziato  che .
E tali rilievi sono indubbiamente aderenti alla lettera del primo comma dell’art. 128 in esame.
Osserva in aggiunta questo Collegio, e sempre sul terreno del ‘senso letterale RAGIONE_SOCIALE parole’ ex art. 1362, comma primo, c.c., che tale primo comma, pur non menzionando il d.P.R. n. 1525/1963, utilizza l’aggettivo ‘stagionali’ per due volte: una prima volta per gli ‘operai avventizi’ (compresi quelli ‘addetti alla esecuzione RAGIONE_SOCIALE opere eseguite in amministrazione diretta’) ed una seconda volta per i ‘lavori’; il che mette in luce l’intenzione RAGIONE_SOCIALE parti collettive dello specifico settore, ma a livello nazionale, di effettivamente intervenire a riguardo per individuare, come all’epoca consentito dall’art. 5, comma 4 ter, d.lgs. n. 368/2001, ‘attività stagionali’ ulteriori, ma consimili, rispetto a quelle già delineate al n. 13 dell’ora cit. d.P.R.
Tutto ciò rilevato, occorre adesso considerare che gli stessi precedenti di questa Corte sopra già richiamati hanno enunciato il principio di diritto, secondo il quale, in tema di successione di contratti di RAGIONE_SOCIALE a tempo determinato, la deroga -ex art. 5, comma 4-ter, del d.lgs. n. 368 del 2001 -al divieto di superamento del limite massimo di trentasei mesi di durata cumulativa dei contratti, riguardante attività stagionali, ossia preordinate ed organizzate per un espletamento temporaneo (limitato ad una stagione), presuppone, ai fini RAGIONE_SOCIALE sua operatività, che la contrattazione collettiva, in attuazione RAGIONE_SOCIALE delega conferita dalla citata disposizione normativa, elenchi specificamente le predette attività (così in particolare la già cit.
Cass., sez. lav., 17.2.2023, n. 5064, e le altre in senso conforme pure sopra richiamate, alle cui motivazioni si rimanda anche ex art. 118 disp. att. c.p.c.).
23. Ebbene, ritiene il Collegio che la precipua previsione collettiva ora in esame, diversamente da quelle (del tutto diverse e  di  settore  differente)  che  venivano  in  considerazione  nelle fattispecie di cui si sono occupate le richiamate decisioni, debba invece reputarsi idonea a dar corpo alla delega alla contrattazione collettiva operata dalla disposizione avente forza di legge.
In particolare, secondo quanto già considerato, l’art. 128 del CCNL di settore nel suo contenuto, quando parla di ‘lavori stagionali’, in termini parzialmente difformi o di aggiunta in confronto alle ipotesi contemplate dal n. 13 di tale d.P.R., lo fa in r elazione ad attività quali ‘manutenzione ed esercizio RAGIONE_SOCIALE opere e degli impianti consorziali’ e ‘irrigazione’, ossia, attività che non possono reputarsi per loro natura continuative e che, piuttosto, proprio perché simili ed accostate a quelle già normativamente previste, plausibilmente sono definite ‘stagionali’.
Il ricorrente, pertanto, di nuovo soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente,  RAGIONE_SOCIALE  spese  di  questo  giudizio  di  legittimità, liquidate  come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  pari  a  quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00 per compensi , oltre le spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19.12.2023.