Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5626 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5626 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22218-2021 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 633/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/02/2021 R.G.N. 1983/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
COSTITUZIONE
RAPPORTO DI LAVORO PRIVATO
R.G.N. 22218/2021
COGNOME
Rep.
Ud.04/12/2024
CC
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RILEVATO
Che, con sentenza del 19 febbraio 2021, la Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione resa dal Tribunale di Napoli e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della Fondazione Teatro di San Carlo, presso la quale aveva operato in virtù di successivi contratti a termine stipulati già a far data dal 2.5.2008 quale addetto al front office della biglietteria del Teatro San Carlo, avente ad oggetto, in sede di gravame, l’accertamento della nullità dei termini apposti ai contratti intercorsi fra le parti a decorrere dal 21.1.2013 e fino al 29.6.2014, allorché veniva in scadenza la proroga dell’ultimo contratto concluso tra le parti il 5.9.2013 e la conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato con le pronunce conseguenti;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto in relazione ai contratti di cui in sede di gravame si rinnovava la domanda relativa alla declaratoria di illegittimità degli stessi che, quanto ai requisiti di carattere formale, ai contratti medesimi, in quanto sottoscritti nella vigenza dell’art. 3, comma 6, del d.l. n. 64/2010, che ha reso inapplicabili alle Fondazioni liricosinfoniche le disposizioni dell’art. 1, commi 01 e 2 del d.lgs. n. 368/2001, poteva essere legittimamente apposto un termine di durata pur in assenza dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo; che, la pronunzia di illegittimità costituzionale del l’art. 3, comma 6, del citato d.l. di cui alla pronuncia del la Corte Costituzionale n. 260/2015 non aveva riguardato la predetta norma nella parte rilevante ai fini di causa incidendo piuttosto sulla qualificazione della natura delle Fondazioni lirico sinfoniche la cui marcata impronta pubblicistica prevale sulla veste formale di fondazioni di diritto privato; che l’utilizzo del lavoratore nel periodo oggetto di causa non aveva superato i 36 mesi, sicché
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doveva essere esclusa l’allegata abusiva reiterazione dei rapporti a tempo determinato; che dovevano essere esclusi i denunciati profili di contrarietà con il diritto dell’Unione della disciplina dettata per le Fondazioni perché, in caso di abuso, esclusa la possibilità della conversione, va assicurato al lavoratore il risarcimento del danno sulla base dei principi affermati da Cass. S.U. n. 5072/2016;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, la Fondazione Teatro di San Carlo di Napoli; che il ricorrente ha poi depositato memoria;
CONSIDERATO
che con il primo motivo il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d.l. n. 345/2000, convertito dalla legge n. 6/2001, nonché degli artt. 1, 4 e 22 del d.lgs. n. 367/1996 (attuativo dell’art. 1 legge -delega n. 549/1995) im puta alla Corte territoriale l’erroneità della ritenuta natura pubblica delle Fondazioni lirico-sinfoniche, da doversi, viceversa, escludere, secondo quanto emerge dalle alla stregua di quanto emerge dalle sentenze della Corte costituzionale n. 260/2015 e di questa Corte a sezioni unite n. 27465/2016, che, a seguito della loro trasformazione sancita dal d.l. n. 345/2000, che rientrino nel novero degli enti pubblici, avendo assunto la personalità giuridica di diritto privato con conseguente privatizzazione dei rapporti di lavoro dagli stessi instaurati, sottratti alla applicazione della disciplina dettata dal d.lgs. n. 165/2001;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 6, del d.l. n. 64/2010, 22, commi 1 e 2, d.lgs. n. 367/1996, 1 del d.lgs. n. 368/2001 in combinato disposto con le clausole 4 e 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, il ricorrente, lamenta la non
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conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale dovendosi ritenere che anche nel mutato contesto normativo una ragione oggettiva deve sorreggere il ricorso al rapporto a tempo determinato, atteso che la mera dichiarazione dello spettacolo o serie di spettacoli non permette di identificare l’esigenza produttiva, organizzativa o tecnica che giustifica la posizione della clausola di durata, diversamente finendosi per consentire agli enti lirici il ricorso incondizionato al rapporto a termine in evidente contrasto con i principi affermati dalla Corte di Giustizia con la sentenza 25 ottobre 2018 in causa C- 331/17, COGNOME;
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1, commi 01, 2 e 3 del d.lgs. n. 368/2001, 3-ter, comma 6, d.l. n. 7/2005 (conv. con modif. l. n. 43/2005), 1, comma 595, della legge n. 266/2005, 2, comma 392, della legge n. 244/2007, 3, commi 5 e 6 del d.l. n. 64/2010 (convertito con modificazioni dalla legge n. 100/2010), 11, comma 13, 1°cpv. del d.l. n. 91/2013 (convertito con modificazioni dalla legge n. 112/2013), dall’art. 5, comma 1, lett. b) del d.l. n. 83/2014 (convertito con modificazioni dalla legge n. 106/2014), il ricorrente lamenta la non conformità a diritto della statuizione relativa al rigetto della domanda di conversione a tempo indeterminato del rapporto da ritenersi, in coerenza con la sentenza resa dalla CGUE con la sentenza del 25.10.2018 resa nella causa Sciotto C-331/17, quale misura effettiva per evitare ed eventualmente sanzionare l’utilizzo abusivo della successione di rapporti a tempo determinato; che, nel quarto motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 40 e 43, l. n. 247/2007 (refluito nell’art. 5, comma 4-bis d.lgs. n. 368/2001, ratione temporis applicabile) imputa alla Corte territoriale di aver considerato, ai fini del computo della durata complessiva dell’impiego a termine del ricorrente,
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soltanto ed esclusivamente quelli impugnati per violazione della ragione obiettiva, invece che tutti quelli dedotti in causa avendo in base ad essi il ricorrente svolto per il medesimo datore le medesime mansioni;
che nel rispetto dell’ordine logico e giuridico delle questioni poste dal ricorso va esaminato il secondo motivo di impugnazione, che censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso l’eccepita nullità delle clausole di durata apposte ai contrat ti stipulati nell’arco temporale 26 novembre 2013/16 maggio 2014;
che il motivo è fondato perché erroneamente la Corte territoriale ha arrestato l’indagine al solo rilievo della regolarità formale del contratto, valorizzando il disposto dell’art. 3, comma 6, del d.l. n. 64/2010, senza svolgere alcun accertamento sulla ricorrenza o meno di ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive;
che l’evoluzione della disciplina, connotata da specialità, dettata dal legislatore in relazione ai contratti a tempo determinato stipulati dagli enti lirici, prima, e poi dalle fondazioni lirico sinfoniche, è stata ricostruita da Cass. S.U. n. 5542/2023, nella cui motivazione, alla quale si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., è stato sottolineato che il legislatore, se, da un lato, non ha inserito i rapporti a termine conclusi dalle fondazioni fra quelli integralmente esclusi dall’ambito di appl icazione del d.lgs. n. 368/2001 e del successivo d.lgs. n. 81/2015, dall’altro ha progressivamente ampliato il regime derogatorio rispetto alla disciplina ordinaria, quanto alle condizioni che devono ricorrere per la valida instaurazione di un rapporto a tempo determinato e per la sua proroga;
che nella citata pronuncia delle Sezioni Unite è stato ribadito il principio, già affermato dalla giurisprudenza di questa Sezione, secondo cui qualora venga dedotta in giudizio la nullità della
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clausola di durata apposta al contratto a termine e si sia in presenza di una successione di norme nel tempo, occorre fare riferimento alla normativa vigente alla data della stipulazione del contratto e non a quella in vigore al momento della pronuncia accertativa, perché, ai fini della decisione sulla legittimità della clausola, rileva il momento temporale in cui l’ actum è stato posto in essere dalle parti ( in tal senso si erano già espresse Cass. n. 24330/2009 e, fra le tante successive, Cass. n. 21724/2018, Cass. n. 25080/2018, Cass. n. 19418/2020);
che, conseguentemente, nella fattispecie, poiché si discute di contratti tutti stipulati in epoca successiva alla pubblicazione del d.l. n. 64/2010, occorre fare applicazione dell’art. 3 del citato d.l. che, al comma 6, oltre ad affermare per le fondazioni lirico sinfoniche la perdurante vigenza dell’art. 3, commi 4 e 5, della legge n. 426/1977 ( Alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, continua ad applicarsi l’articolo 3, quarto e quinto comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426, e successive modificazioni, anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. ), ha escluso l’applicazione alle stesse dei commi 01 e 2 dell’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 ( Non si applicano, in ogni caso, alle fondazioni lirico-sinfoniche le disposizioni dell’articolo 1, commi 01 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. );
che, all’epoca dell’emanazione del decreto legge in commento, l’art. 1 del richiamato d.lgs. n. 368/2001 stabiliva, al comma 01, che « Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato », al comma 1 indicava le ragioni in presenza delle quali è consentito il ricorso al contratto a tempo
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determinato ( È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro ), al comma 2 imponeva la forma scritta della clausola di durata, prescrivendo che le ragioni dovessero essere specificate nel contratto ( L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma l. );
che il regime derogatorio, pertanto, ha inciso sui requisiti formali della clausola appositiva del termine e, attraverso l’affermata inapplicabilità del comma 01, ha voluto sottolineare le particolari esigenze di un settore, quello dello spettacolo, nel quale, come evidenziato anche dalla Corte di Giustizia, «la programmazione annuale di spettacoli artistici comporta necessariamente per il datore di lavoro, esigenze provvisorie in materia di assunzione», che possono integrare una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE ( Corte di Giustizia 25 ottobre 2018, causa C- 331/17, Sciotto, punti 46 e 47);
che il legislatore, peraltro, ha ribadito l’applicabilità alle fondazioni lirico sinfoniche del comma 1 del citato art. 1 d.lgs. n. 368/2001, che richiede, per il valido ricorso al rapporto di lavoro a tempo determinato, la ricorrenza di ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive, in relazione alle quali rilevano, quanto alla nozione, i principi affermati dalla citata pronuncia della Corte di Giustizia secondo cui, pur apprezzando la particolarità del settore nei termini già indicati, «non si può ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti nelle istituzioni culturali di cui trattasi che rientrano nella normale attività del settore di attività delle
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fondazioni lirico- sinfoniche», sicché i contratti in parola devono risultare conclusi per ragioni specifiche che rispondano ad un’esigenza soltanto provvisoria di personale ( punti da 45 a 54);
che poiché l’interpretazione della normativa interna deve mirare ad assicurare la conformità della stessa all’ordinamento eurounitario, si deve escludere che le ragioni richiamate dal comma 1 dell’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 possano essere coincidenti con quelle che stanno alla base del contratto di lavoro a tempo indeterminato e, pertanto, devono essere connotate da temporaneità, con la conseguenza che, in un settore nel quale l’attività ordinaria si esplica attraverso l’allestimento di spettacoli di dur ata temporalmente limitata che si susseguono nell’ambito di stagioni teatrali anch’esse ad tempus , non è sufficiente, per giustificare il ricorso al rapporto a tempo determinato, fare leva sulla temporaneità della singola produzione e della stagione medesima;
che una tale interpretazione della normativa interna, infatti, consentirebbe alle fondazioni lirico sinfoniche l’elusione della disciplina sovranazionale, perché, in sostanza, legittimerebbe sempre ed in ogni caso il ricorso al rapporto a tempo determinato, essendo connotati da temporaneità lo spettacolo e la stagione alla quale lo stesso si riferisce;
che la temporaneità, allora, va verificata in relazione ad un contesto più ampio ed alla complessiva organizzazione dell’attività curata dalla fondazione, e potrà essere ritenuta sussistente solo qualora emergano ragioni dalle quali si possa desumere che quelle esigenze non potevano essere assicurate da personale assunto a tempo indeterminato;
che ne discende che, anche nella vigenza dell’art. 3 del d.l. n. 64/2010, non ha perso attualità (nei termini che di seguito saranno precisati) l’orientamento, consolidato nella
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giurisprudenza di questa Corte e fatto proprio dalle Sezioni Unite nella pronuncia citata ( punto 18), secondo cui il ricorso al rapporto a tempo determinato non può essere giustificato con il solo richiamo alle mansioni ed allo spettacolo, in assenza di qualsivoglia ulteriore precisazione in ordine allo scopo del contratto, alla temporaneità delle esigenze, alla professionalità del soggetto assunto, ossia alla particolarità dell’apporto lavorativo per ciascuno dei diversi spettacoli con riferimento a ragioni tecniche o artistiche;
che va precisato al riguardo che quell’orientamento, al pari delle pronunce rese sull’interpretazione della legge n. 230/1962, si è formato con riferimento ai requisiti formali della clausola appositiva del termine (in particolare al concetto di specificità della causale ed alla nozione di «specifico» spettacolo), non più richiesti per i contratti stipulati dalle fondazioni lirico sinfoniche dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 64/2010 (in ragione dell’affermata inapplicabilità del comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001), ma le considerazioni sulle quali riposano i principi enunciati ben possono essere utilizzate per enucleare e circoscrivere le «ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo e sostitutivo», richieste dal citato d.l. per il valido ricorso al rapporto a tempo determinato da parte delle fondazioni lirico sinfoniche;
che l’indagine che il giudice è chiamato a svolgere, pur riguardando non più la causale indicata nel contratto ma l’effettiva sussistenza delle ragioni oggettive, che deve essere provata dal datore di lavoro, va condotta, quindi, sulla base delle medesime indicazioni date dalle pronunce di questa Corte e, pertanto, ove non vengano in rilievo ragioni sostitutive in relazione a lavoratore solo momentaneamente impedito (ragioni la cui sussistenza deve essere provata nei termini indicati, fra le tante, da Cass. n. 10391/2024), occorrerà
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verificare se «le caratteristiche oggettive dello spettacolo o del programma richiedano un apporto peculiare e temporaneo, che non possa essere fornito dal personale assunto in pianta stabile» ed a tal fine « non può considerarsi sufficiente ad integrare l’ipotesi di legittimo ricorso al contratto a tempo determinato la mera qualifica tecnica o artistica del personale correlata alla produzione di spettacoli o programmi radiofonici e televisivi, occorrendo che l’apporto del peculiare contributo professionale, tecnico o artistico del soggetto esterno sia reso necessario per il buon funzionamento dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni del personale di ruolo dell’azienda» (Cass. n. 3187/2019 che rinvia a plurimi precedenti di questa Corte);
che va, poi, ancora aggiunto che allorquando, come nella fattispecie, si sia in presenza di una successione di rapporti a termine ma il termine di decadenza imposto dall’art. 32 della legge n. 183/2010 sia stato rispettato solo con riferimento all’ultimo o agli ultimi contratti succedutisi con sistematicità nelle diverse stagioni teatrali, opera il principio, già enunciato da questa Corte, secondo cui la sequenza contrattuale che precede l’ultimo contratto può rilevare «come dato fattuale, che concorre ad i ntegrare l’abusivo uso dei contratti a termine e assume evidenza proprio in ragione dell’impugnazione dell’ultimo contratto, concluso tra le parti, per far accertare l’abusiva reiterazione» (Cass. n. 4960/2023 e negli stessi termini, quanto al contratto di somministrazione, Cass. n. 22861/2022);
che calando nella fattispecie i richiamati principi va detto che la Corte territoriale si è limitata ad argomentare sulla mancanza di specificità della causale, ossia sulla regolarità formale dei contratti impugnati superata all’esito dell’entrata in vigor e del d.l. 64/2010, e non ha esteso la valutazione alla ricorrenza in
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concreto di ragioni idonee a giustificare il ricorso al rapporto a tempo determinato, che dovevano essere provate in giudizio dalla Fondazione appellata;
che tanto basta per accogliere il secondo motivo di ricorso e per cassare con rinvio la sentenza impugnata, senza dover affrontare le ulteriori questioni, che il giudice d’appello non ha esaminato e che non sono state qui poste, se non marginalmente, legate alla evoluzione della normativa ed in particolare alla sopravvenienza del d.l. n. 34/2014, nella cui vigenza sono stati stipulati i contratti succedutisi dal 16 maggio 2014 al 5 gennaio 2015;
quanto agli ulteriori motivi ne va dichiarata l’inammissibilità perché una volta affermata la legittimità dei contratti impugnati, nessun’altra statuizione era tenuta a rendere la Corte territoriale, sicché tutte le considerazioni che si leggono nella sentenza impugnata sulla impossibilità della conversione e sulle ragioni per le quali il legislatore ha previsto per le Fondazioni lirico sinfoniche un regime speciale, derogatorio rispetto a quello dettato per gli altri datori di lavoro privati, si devono ritenere svolte ad abundantiam , non integrando, all’evidenza, una doppia ratio, che è configurabile solo qualora l’argomentazione autonoma sia da sola sufficiente a sorreggere l’accoglimento o il rigetto della domanda;
che nella specie solo la pronuncia di accertamento della legittimità del termine giustifica la decisione, non le valutazioni espresse sulle tutele applicabili in caso di accertata abusività della reiterazione, sulle quali la Corte non doveva né poteva pronunciare, una volta esclusa l’illegittimità della reiterazione; è, quindi, applicabile l’orientamento, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «è inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta
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ad abundantiam , in quanto la stessa, non costituendo una ratio decidendi della decisione, non spiega alcuna influenza sul dispositivo della stessa e, pertanto, essendo improduttiva di effetti giuridici, la sua impugnazione è priva di interesse» ( Cass. n. 18429/2022 e negli stessi termini Cass. n. 8755/2018); che l’interesse ad ottenere una pronuncia sulla tutela applicabile sorgerà solo se ed in quanto nel giudizio di rinvio, da condurre nel rispetto dei principi enunciati al punto 4, dovesse essere accertata l’illegittimità delle clausole appositive del termi ne ed in tal caso tutte le questioni potranno essere riproposte, atteso che sull’argomentazione ad abundantiam , non può formarsi giudicato per le medesime ragioni che escludono l’interesse all’impugnazione nel giudizio di legittimità;
che ne discende che non può trovare accoglimento l’istanza, formulata dalla ricorrente nella memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ., di rinvio della trattazione in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia sul rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Milano con ordinanza del 7 ottobre 2024, perché attinente a questione, allo stato, non rilevante e dalla quale non dipende l’accoglimento o meno del ricorso per cassazione;
che in via conclusiva va accolto il secondo motivo di ricorso, nei termini indicati al punto 4, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo, che procederà ad un nuovo esame provvedendo anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione;
che non sussistono le condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibili gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4.12.2024.