Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16612 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16612 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20328-2023 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, con diritto a ricevere le comunicazioni presso l’indirizzo pec del Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 337/2023 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 04/04/2023 R.G.N. 663/2021;
Oggetto
Lavoro pubblico contrattualizzato -Illegittima reiterazione contratti a termine -Settore agricoltura Attività stagionale -Individuazione
R.G.N. 20328/2023
CC 09/05/2024
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO
che, con sentenza del 4 aprile 2023, la Corte d’Appello di Palermo, in riforma della decisione resa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno sul presupposto della violazione dei limiti temporali di cui al d.lgs. n. 368/2001 conseguente all’abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato, in virtù dei quali l’istante aveva prestato servizio alle dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE quale operatore agricolo presso il RAGIONE_SOCIALE, addetto a compiti di RAGIONE_SOCIALEo agricolo, conduttore di macchine agricole e/o automezzi nonché alla manutenzione degli stessi, a far data dal 25.7.1989 e riproposti fino al 31.12.2018 per un numero di giornate variabili da 101 a 213 come risultante dall’attestato di servizio del 24.10.2018;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’essere legittimata la deroga all’applicazione della normativa sul lavoro a termine nel settore dell’agricoltura dalla natura oggettiva dell’attività, sul presupposto che il criterio della stagionalità è a questi fini ragione concorrente ma non l’unica, nonché la speciale legislazione dettata dalla Regione Sicilia per i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla cui stregua possono ricondursi alla figura dell’RAGIONE_SOCIALEo agricolo a tempo determinato i profili professionali implicanti l’esercizio dell’attività di conduzione e/o manutenzione di mezzi RAGIONE_SOCIALE, in quanto complementari e
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strumentali alle attività agricole cui accedono e di cui condividono la ciclicità delle lavorazioni;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, l’ESA;
che il ricorrente ha poi depositato memoria;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c. deduce la ricorrenza nella specie del vizio di omessa e/o inesistente notificazione dell’atto d’appello e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione ad uno solo dei procuratori costituiti nel primo grado;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 4 ter e 10, comma 2, d.lgs. n. 368/2001, 19, 21, comma 2 e 29, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 con riferimento all’art. 5, comma 4 bis d.lgs. n. 368/2001 e della direttiva 1999/70/CE, all’art. 19 d.lgs. n. 81/2015 ed al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e del combinato disposto degli artt. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001 e 32 l. n. 183/2010 in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta l’erroneità della lettura dell’art. 5, comma 4 ter , d.lgs. n. 368/2001 accolta dalla Corte territoriale, in base alla quale il criterio della stagionalità non sarebbe il solo a giustificare la deroga all’applicazione della normativa del lavoro a termine nel settore dell’agricoltura, così da escludere l’applicabilità della disciplina generale dettata a tutela dell’abusiva reiterazione dei contratti a termine;
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che, con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 4 ter e 10, comma 2, d.lgs. n. 368/2001, 19, 21, comma 2 e 29, comma 1, d.lgs. n. 81/2015, 21 RAGIONE_SOCIALE per gli RAGIONE_SOCIALE nonché della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con riferimento al d.P.R. n. 1525/1963, all’art. 2135 c.c. e agli artt. 1 e 21 del predetto RAGIONE_SOCIALE in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è prospettata in relazione all’erroneità dell’interpretazione degli invocati parametri normativi accolta dalla Corte territoriale quanto alla natura imprenditoriale dell’ESA ed alla riconducibilità delle mansioni del ricorrente a quelle di RAGIONE_SOCIALEo agricolo;
che, con il quarto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione della legislazione speciale dettata dalla Regione Sicilia per i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE con riferimento agli artt. 5, comma 4 ter , d.lgs. n. 368/2001, 19, d.lgs. n. 81/2015, all’art. 2135 c.c. e agli artt. 1 e 21 del predetto RAGIONE_SOCIALE in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente imputa alla Corte territoriale l’erroneità della lettura della legislazione speciale da questa accolta nel senso di rispondere a finalità di tutela dei valori occupazionali idonee a porsi come ragioni oggettive idonee a derogare il sistema normativo delle tutele del lavoro a termine e dei rimedi apprestati in caso di abusiva reiterazione di detti contratti;
che, con il quinto motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 96 c.p.c., lamentando a carico della Corte territoriale la mancata compensazione delle spese di lite, che il ricorrente assume ben avrebbe potuto essere
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disposta considerata l’eccessiva onerosità del quantum liquidato in relazione alla condizione economica del ricorrente medesimo; che il primo motivo di ricorso è infondato;
che nel ritenere valida la notifica dell’atto di appello effettuata al domicilio digitale dei procuratori dell’odierno ricorrente, nonostante detto domicilio fosse stato indicato ai soli fini delle comunicazioni di cancelleria, la Corte d’appello si è conformata al principio, più volte espresso da questa Corte, per cui in materia di notificazioni al difensore, in seguito all’introduzione del “domicilio digitale”, previsto dall’art. 16sexies D.L. n. 179/2012 (conv. con modif. con Legge n. 221/2012), come modificato dal D.L. n. 90/2014 (conv. con modif. con Legge n. 114/2014), è valida la notificazione al difensore eseguita presso l’indirizzo PEC risultante dall’albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all’art. 6 bis D. Lgs. n. 82/2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest’ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest’ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al D.M. n. 44/2011, gestito dal Ministero della Giustizia (Cass. Sez. U Sentenza n. 23620 del 28/09/2018 e le successive Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 2460 del 03/02/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 3685 del 12/02/202; Cass. Sez. L – Sentenza n. 33806 del 12/11/2021);
che infondata, poi, è la censura con cui il ricorrente deduce la nullità della notifica, sempre dell’appello, in quanto effettuata ad uno solo dei procuratori costituiti nel giudizio di primo grado, essendo al riguardo sufficiente il richiamo al principio, costantemente affermato da questa Corte, per cui, in caso di
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nomina di una pluralità di procuratori, la rappresentanza tecnica, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori – mentre l’eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, onerato verso la prima dell’obbligo di informare l’altro o gli altri procuratori – con la conseguenza che, ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione di cui all’art. 325 c.p.c., è sufficiente la notifica via PEC della sentenza ad uno solo dei procuratori costituiti (Cass. Sez. U – Ordinanza n. 34260 del 21/11/2022; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 20626 del 31/08/2017; e la più risalente Cass. Sez. U, Sentenza n. 12924 del 09/06/2014);
che i motivi di ricorso dal secondo al quarto devono essere esaminati congiuntamente, stante la reciproca connessione, e sono fondati;
che le questioni sollevate con i tre motivi, infatti, sono state già esaminate recentemente da questa Corte con una nutrita serie di precedenti (Cass. Sez. L -Ordinanza n. 34561 del 11/12/2023; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 34768 del 2023; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 34741 del 2023; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 34660 del 2023; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 34635 del 2023; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 34630 del 2023), le cui motivazioni vengono qui richiamate ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.; che con tali decisioni questa Corte è venuta ad enunciare direttamente (cfr. Cass. Sez. L – Ordinanza n. 34561 del 11/12/2023) i seguenti principi:
‘RAGIONE_SOCIALE è un ente pubblico non economico il quale non può essere considerato imprenditore
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agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c., con la conseguenza che ai contratti di lavoro a tempo determinato conclusi da tale ente non è applicabile la disciplina di cui agli artt. 10, comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001 e 29, comma 1, lett. B), del d.lgs. n. 81 del 2015′.
‘La deroga prevista dagli artt. 5, comma 4 ter, del d.lgs. n. 368 del 2001 e 21, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015 al divieto di superamento del limite massimo di trentasei mesi di durata dei contratti di lavoro a tempo determinato è applicabile, anche nel settore dell’agricoltura, solamente quando tali contratti riguardino attività stagionali ai sensi degli articoli citati’.
‘In tema di contratti di lavoro a tempo determinato, non è, di per sé, qualificabile come attività agricola stagionale, ai sensi degli artt. 5, comma 4 ter, del d.lgs. n. 368 del 2001 e 21, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015, quella, idonea a perpetuarsi nel tempo, che non dipenda dall’ordinaria scansione temporale delle comuni incombenze attinenti alla detta attività agricola; infatti, nell’ambito di attività imprenditoriali di carattere stagionale, esistono necessità operative, sia pure di dimensioni limitate, che proseguono per tutto il corso dell’anno, come quelle di custodia, riparazione e manutenzione degli impianti e dei macchinari e, in genere, di preparazione alla nuova stagione piena, con la conseguenza che i RAGIONE_SOCIALE addetti stabilmente (ed oltre i tempi indicati nella normativa nazionale in tema di contratti a tempo determinato) a simili attività devono essere dipendenti a tempo indeterminato e non RAGIONE_SOCIALE stagionali, anche quando l’attività produttiva come tale, considerata nel suo complesso, abbia carattere stagionale’.
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‘In tema di rapporti di lavoro a tempo determinato che riguardino attività stagionali ai sensi degli artt. 5, comma 4 ter, del d.lgs. n. 368 del 2001 e 21, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015, le prestazioni da eseguire e il carattere stagionale delle stesse devono risultare dalla causale dei relativi contratti e, in caso di contestazioni sollevate dal lavoratore in ordine alle mansioni in concreto svolte e alla loro stagionalità, il giudice è tenuto ad accertare queste circostanze in concreto; l’onere di provare che il lavoratore fosse addetto esclusivamente a tali attività stagionali o ad altre ad esse strettamente complementari o accessorie grava sul datore di lavoro’ ;
che a tali principi questa Corte intende dare continuità, potendosi osservare in sintesi:
che deve ritenersi – peraltro sia sulla scorta di numerose decisioni di questa Corte relative alla natura degli enti di sviluppo agricolo (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6634 del 30/03/2005; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13481 del 16/09/2002, proprio in tema degli enti di sviluppo agricolo previsti dalla L.R. Sicilia n. 21/1965, Cass. Sez. U, Sentenza n. 1416 del 27/01/2004; Cass. Sez. U, Sentenza n. 9970 del 14/11/1996) sia in virtù degli scopi e compiti delineati dagli artt. 2 e 3, della L.R. Sicilia n. 21/1965, istitutiva dell’RAGIONE_SOCIALE nonché delle ulteriori competenze stabilite dalla successiva L.R. Sicilia n. 73/1977 che ESA sia un ente non economico dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, come tale non qualificabile come imprenditore agricolo, secondo la definizione di cui all’art. 2135 c.c., ed invece assoggettato alla disciplina di cui al D. Lgs. n. 165/2001;
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che dall’esame della disciplina dettata in tema di contratti a termine – artt. 5 e 10, D. Lgs. n. 368/2001; 19, 21 e 29, D. Lgs. n. 81/2015 – emerge che, nonostante le modifiche via via apportate alla disciplina dei contratti a tempo determinato, il concetto di attività stagionale deve essere inteso in senso rigoroso e quindi comprensivo delle sole ‘situazioni aziendali collegate ad attività stagionali in senso stretto, ossia ad attività preordinate ed organizzate per un espletamento temporaneo (limitato ad una stagione)’ (così Cass. Sez. L – Ordinanza n. 34561 del 11/12/2023), le quali sono aggiuntive rispetto a quelle normalmente svolte dall’impresa, da ciò derivando che non solo grava sul datore di lavoro l’onere di dar prova del fatto che l’attività in concreto svolta dal lavoratore costituisca attività aggiuntiva rispetto a quella normalmente svolta e caratterizzata, appunto, dalla stagionalità, ma anche è inibita al datore la possibilità di adibire il lavoratore assunto a termine a mansioni che esorbitino dall’ambito della lavorazione stagionale;
che ne deriva che l’elenco delle attività stagionali di cui al d.P.R. n. 1525/1963 è da considerarsi tassativo e non suscettibile di interpretazione analogica, vincolo, questo, che si riflette anche sulla RAGIONE_SOCIALE collettiva di cui all’art. 5, comma 4 ter, D. Lgs. 368/2001, la quale deve, a propria volta, elencare in modo specifico le attività caratterizzate da stagionalità;
che la disciplina di cui all’art. 21, comma 8, lett. c), RAGIONE_SOCIALE ben vale ad evidenziare come vi possano essere RAGIONE_SOCIALE a tempo determinato che non rientrano nella deroga alla durata massima dei contratti a termine;
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che le previsioni della L.R. Sicilia n. 4/2006 non risultano in grado di operare una deroga alla disciplina nazionale dei contratti a termine di cui al D. Lgs. n. 368/2001 ed al D. Lgs. n. 81/2015;
che dai principi sin qui sintetizzati la decisione della Corte d’appello di Palermo risulta essersi ampiamente discostata, facendo inadeguato governo delle previsioni in tema di contratti a termine;
che non corretto, in primo luogo, risulta il richiamo – contenuto nella decisione impugnata – all’art. 10, comma 2, D. Lgs. n. 368/2001, in quanto disciplina dettata per i datori di lavoro dell’agricoltura, qualità che – come visto – non può riconoscersi all’odierno controricorrente;
che parimenti non condivisibili sono le argomentazioni della Corte territoriale, nel momento in cui quest’ultima viene ad escludere che la stagionalità della lavorazione fosse requisito necessario al fine di affermare la legittimità dei contratti a termine e giunge alla conclusione per cui, nel settore dell’agricoltura, sarebbero state giustificate deroghe, fondate su ragioni di natura oggettiva, al sistema delle tutele del lavoro a termine e dei rimedi apprestati in caso di abusiva successione contrattuale;
che tali conclusioni non possono trovare conforto neppure nell’affermazione per cui la naturale ciclicità temporale dell’attività agricola renderebbe il rapporto agricolo peculiare e giustificherebbe la possibilità di proroghe e/o rinnovi oltre il termine del triennio, dal momento che neppure la ciclicità dell’attività agricola consente eccezioni alla disciplina dei contratti a termine, dovendosi invece ritenere che i lavori adibiti
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stabilmente a mansioni che rispondono ad esigenze permanenti dell’attività stagionale debbano essere dipendenti a tempo indeterminato;
che sarebbe stato invece compito della Corte territoriale, in virtù delle contestazioni sollevate dal ricorrente in ordine all’effettiva individuazione delle mansioni da lui esercitate e alla loro natura agricola e stagionale, procedere all’accertamento in concreto delle mansioni effettivamente espletate, tenendo peraltro contro degli oneri probatori gravanti sul datore di lavoro ESA, concernenti sia la presenza, nel contratto concluso con il ricorrente, di un chiaro riferimento alla stagionalità dell’attività da svolgere, sia il carattere delle prestazioni effettivamente svolte dal ricorrente e la riconducibilità delle medesime all’elenco individuato dal d.P.R. n. 1525/1963 o alla RAGIONE_SOCIALE collettiva prevista dall’art. 5, comma 4 ter , D. Lgs. n. 368/2001;
che la fondatezza dei motivi di ricorso, nei profili sin qui esaminati, conduce di per sé all’accoglimento dei motivi medesimi, risultando così assorbite le ulteriori censure con essi formulate;
che il secondo il terzo ed il quarto motivo del ricorso vanno accolti restando assorbito il quinto e rigettato il primo e la sentenza impugnata cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo altresì in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, assorbito il quinto e rigettato il primo, cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 9 maggio 2024