Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3475 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 3475 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
Dott. NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10351/2022 R.G. proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
– controricorrente –
Oggetto:
Settore
artistico
–
nullità
contratti
a
termine
–
conversione –
avverso la sentenza n. 4279/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/10/2021 R.G.N. 3587/202021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’odierno ricorrente, ‘corda di tenore’, aveva lavorato presso la Fondazione Teatro di San Carlo di Napoli in virtù, di plurimi contratti a temine (e relative proroghe), analiticamente indicati per durata ed oggetto.
In particolare, aveva agito dinanzi al Tribunale di Napoli deducendo la nullità di quattro contratti: -dal 13/05/2015 al 25/07/2015 con proroga sino al 31/07/2015 ; -dall’ 8/09/2015 al 16/09/2015 con proroga sino al 20/12/2015; dall’11/03/2016 al 16/04/2016; – dal 14/06/2016 al 2/08/2016 , per essere gli stessi privi di causale, di vincolo della necessità diretta e del requisito della temporaneità, posti in essere in violazione del d.lgs. n. 368/2001 e della normativa comunitaria, e deducendo altresì l’inapplicabilità ai suddetti contratti della normativa di cui al d.lgs. n. 81/2015.
Il Tribunale, pronunciando sulle eccezioni di decadenza formulate dalla Fondazione, riteneva maturata la decadenza dall’impugnativa dei contratti dell’8/09/2015 e del 14/06/2016.
Per il resto evidenziava che gli ulteriori contratti rientravano nella vigenza del d.lgs. n. 81/2015, il quale aveva confermato il precedente d.l. n. 34/2014, conv. nella legge n. 78/2014, che aveva abrogato la prescrizione della causale delle assunzioni a termine.
Riteneva, pertanto, che la acausalità del contratto a termine costituisse regola generale, oltre a quello del limite di durata massima del primo contratto che non può superare i 36 mesi.
Richiamava la sentenza CGUE (Seconda Sezione) 26 febbraio 2015, causa C238/14, (Commissione europea c. Granducato del Lussemburgo), resa proprio con riferimento ai lavoratori saltuari dello
spettacolo, con la quale la Corte di Giustizia ha affermato che, nella successione di contratti di lavoro a tempo determinato, rilevano le ragioni obiettive che giustificano siffatti contratti e la sussistenza di circostanze precise e concrete che contraddistinguano l’attività in esame e, pertanto, giustifichino in tale contesto particolare l’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Evidenziava che tali ragioni obiettive erano concretamente presenti nei suddetti contratti 13/05/2015 e dell’11/03/2016.
La Corte d’appello di Napoli, in riforma della decisione di primo grado , dichiarava la nullità del termine apposto al contratto dell’11/03/2016 e la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dalla predetta data; condannava la Fondazione Teatro San Carlo al ripristino della funzionalità del rapporto di lavoro e al pagamento dell’indennità onnicomprensiva nella misura di quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo.
Evidenziava preliminarmente che l’eccezione di decadenza era stata solo parzialmente accolta dal primo Giudice; per la parte residua -laddove cioè è stata ritenuta rituale e tempestiva l’impugnativa (e dunque con riguardo ai contratti del 13/05/2015 e dell’11/03/2016) -la Fondazione non aveva proposto gravame incidentale allo scopo di coltivare le eccezioni respinte dal Tribunale, di modo che sul punto si era formato il giudicato.
Rilevava che entrambi i suddetti contratti risultavano avere una causale esposta con formule generiche, corrispondenti all’elencazione degli spettacoli in cartellone che non risponde al canone di specificità evincibile dal diritto dell’Unione.
Riteneva, in linea con le osservazioni della Corte di legittimità già svolte nel vigore della precedente disciplina (Cass. n. 19189/2016), che anche nel presente caso non potesse sostenersi l’unicità ed infungibilità
dell’apporto professionale individuale del ricorrente quale ‘corda di tenore ‘, non surrogabile dal personale facente parte del coro stabile del Teatro, com’era reso evidente dalla reiterata assunzione senza alcuna distinzione di ruolo e di produzione artistica.
Richiamava anche Cass. n. 6679/2019 sulla necessità di valutare in modo rigoroso le ‘ragioni obiettive’ alla base del contratto.
Aggiungeva che occorreva tener conto della nuova disciplina introdotta dal d.l. n. 34/2014 conv. in legge n. 78/2014 e dal d.lgs. 81/2015 nella vigenza dei quali erano stati stipulati i suddetti contratti (ancorché anteriori alle modifiche introdotte dal d.l. n. 87/2018, conv. in legge n. 96/2018, n. 96 e dal d.l. n. 59/2019, conv. in legge n. 81/2019, recante, tra l’altro, Misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico sinfoniche) .
Rilevava che, alla luce della normativa applicabile, l’apposizione del termine in questo settore soggiaceva alla sola necessità della forma scritta (salvo il caso in cui rapporto abbia durata non superiore a dodici giorni), nel rispetto dei divieti di assunzione nei casi previsti dall’art. 20 (come, ad esempio, per la sostituzione di lavoratori in sciopero).
Evidenziava che in questo quadro normativo, i lavoratori artistici potrebbero essere assunti a termine liberamente, fermi i detti vincoli minimi, per un numero di volte illimitato, anche in assenza di causali, senza predeterminazione di un limite massimo di durata di ciascun contratto.
Risultava così omessa la previsione di vincoli desumibili dalla clausola 5, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato al fine di prevenire il ricorso abusivo alle assunzioni di lavoratori precari: non sono previste né ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei contratti, né è stabilita la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, né il numero dei rinnovi degli stessi.
Assumeva che una disciplina del genere risultava non conforme alla clausola 5 dell’Accordo quadro intesa a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, clausola che impone l’obbligo di introdurre una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
Riteneva la contrarietà alla clausola 5 dell’Accordo quadro della disciplina contenuta nel d.lgs. n. 81/2015 nel suo testo originario, applicabile ratione temporis alla presente controversia, nella parte in cui esenta le fondazioni lirico sinfoniche dalla sottoposizione a tutti i limiti che il diritto europeo ha stabilito per prevenire gli abusi nella reiterazione delle assunzioni a termine.
Evidenziava che se non si applica la disciplina dei limiti di durata massima né del numero dei rinnovi, per espressa eccezione stabilita dal legislatore, per non incorrere nella violazione del diritto unionale, deve farsi comunque applicazione del criterio delle ‘ragioni obiettive’.
Riteneva che, anche ove volessero considerarsi ‘specifici’ gli spettacoli riportati nei contratti, non vi era dubbio che non potesse reputarsi ‘specifico’ l’apporto del ricorrente al ‘coro’, atteso il carattere e la varietà degli spettacoli stessi indicati in ciascun contratto e la natura delle mansioni svolte che non sono connesse ad una particolare ‘specializzazione’ in una materia che ne giustifichi l’assunzione per quel tipo di spettacolo.
Inoltre, la reiterazione di tale tipologia di contratti inficiava la tesi della riconducibilità dell’apposizione dei termini ad esigenze effettive e temporanee e consentiva di configurare un’ipotesi di ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato per porre rimedio alla carenza strutturale di personale da adibire a mansioni rientranti nella
ordinaria attività dell’Ente, in contrasto con le indicazioni della Corte di Giustizia.
Riteneva, quindi, sussistente l’abusiva reiterazione del rapporto, con riguardo al solo contratto decorrente dall’11/03/2016, nella persistente assenza di una causale idonea, considerando irrilevante il mancato superamento del limite temporale del 36 mesi (non essendo, peraltro, tale limite applicabile ai contratti a termine stipulati dalle fondazioni lirico -sinfoniche, ai sensi dell’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 81/2015).
Quanto al contratto dell’8/09/2015 (per il quale l’impugnazione del lavoratore aveva riguardato anche l’affermata decadenza) riteneva assorbente (anche alla luce del tenore letterale dell’art. 28, comma 1, d.lgs. n. 81/2015) la circostanza che l’
rilevava il difetto di interesse, essendo l’impugnazione anteriore alla scadenza del termine come prorogato.
Dichiarava, conclusivamente, la nullità del termine apposto al contratto dell’11/03/2016 e, non emergendo dalla complessiva normativa applicabile alcuna disposizione ostativa, la conversione del rapporto con decorrenza dalla data predetta e con ordine alla Fondazione di ripristino della funzionalità del rapporto.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso affidato a quattro motivi.
Resiste la Fondazione Teatro San Carlo di Napoli con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la v iolazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. per aver omesso il Collegio di pronunciarsi sulla domanda di gravame laddove
veniva contestata la validità della causale appositiva del termine negoziale del contratto a termine decorrente dal 13/05/2015 al 27/05/2015, prorogato sino al 31/07/2015 e per aver omesso l’esame della nullità di tale contratto. Ovvero, gradatamente, violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 111, comma 6, Cost. per omessa motivazione totale del motivo di rigetto implicito.
Assume che la Corte d’appello di Napoli, concludendo per l’accertamento della nullità del terzo contratto decorrente dal 11/03/2016 (dalla cui data ha disposto la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato), abbia omesso di pronunciarsi sul primo contratto (decorrente dal 13/05/2015).
Pur sulla scorta della medesima disciplina e della sovrapponibilità delle motivazioni assunzionali contenute tanto nel contratto costituito in data 13/05/2015 quanto nel contratto costituito in data 11/03/2016 (nei quali, a dire del ricorrente, le causali si limitano alla mera indicazione dello spettacolo o serie di spettacoli), la sentenza presenta una omessa pronuncia circa la nullità della causale del primo dei contratti a termine, e cioè di quello del 13/05/2015 che ridonda in un omesso esame dello stesso.
Sostiene, altresì, che vi è stato un omesso esame del motivo di gravame circa la nullità del suddetto contratto del 13/05/2015.
Sotto il medesimo profilo, qualora si ritenga di trovarsi in presenza di un rigetto implicito sul capo di gravame concernente la nullità della causale del contratto del 13/05/2015, si concretizza comunque un motivo di censura ai sensi del n. 4, in quanto si verterebbe nell’ipotesi di una omessa motivazione circa la presunta validità dello stesso contratto: omesso esame e/o omessa motivazione comunque refluenti nell’ambito del n. 4 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la v
iolazione e falsa
applicazione dell’art. 8, L. 604/1966, laddove la norma detta i criteri per procedere alla quantificazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 32, L. n. 183/2010.
Assume che la Corte partenopea, pur avendo richiamato tali criteri, utili alla quantificazione della sanzione pecuniaria secondo in canoni della proporzionalità predefinita dal legislatore (tra 2,5 e 12 mensilità), non abbia fatto buon governo delle norme regolatrici della fattispecie, perché ha inserito, de iure condendo , tra tali criteri, la durata dei contratti ed omesso di utilizzare il criterio dell’anzianità di servizio del lavoratore (che, nel caso di specie, decorre dal 7/09/1995).
Da tale non corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 8, è derivata la liquidazione della sanzione pecuniaria di solo quattro mensilità della retribuzione globale di fatto da ultima percepita dal lavoratore, nonostante le profuse indicazioni offerte in prime cure ed in sede di gravame che concludevano per l’applicazione della misura indennitaria massima.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., ex art. 360, comma 1, n. 4, per motivazione apparente.
Anche in questo caso assume che, se
carattere decisivo (nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito parzialmente diverso della controversia)
7. È fondato anche il secondo motivo di ricorso.
Ha errato la Corte territoriale nel ritenere il difetto di interesse in relazione al contratto del 18/9/2015, impugnato prima della scadenza.
A termini dell’art. 28 del d.lgs. n. 81/2015, anche nella versione di cui alla pubblicazione sulla G.U. antecedente rispetto alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c ) del D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2018, n. 96 che ha lasciato inalterato il primo comma dell’art. 28 che qui rileva) l’impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire, con le modalità previste dal primo comma dell’art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, entro centoventi giorni dalla cessazione del singolo contratto.
È evidente che la norma individua il termine massimo per l’impugnazione ma certo non prevede che si debba aspettare la cessazione del contratto per impugnarlo nel ristretto ambito temporale che decorre tra la scadenza del contratto ed il 120° giorno successivo alla scadenza stessa.
La parte ben può ravvisare l’illegittimità del termine in corso di rapporto.
Quindi anche la dedotta illegittimità di tale contratto andava esaminata.
L’accoglimento dei suddetti due motivi determina l’assorbimento degli altri considerato che da una eventualmente diversa statuizione sui due contratti di cui sopra potrà anche derivare una differente determinazione del risarcimento del danno.
Conclusivamente vanno accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Napoli che, in diversa composizione, provvederà ad un nuovo esame sui contratti sopra indicati.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso all’adunanza camerale del 4 dicembre 2024.