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Contratti a termine agricoltura: stop agli abusi

Un lavoratore agricolo, impiegato per decenni da un ente pubblico con continui contratti a termine, ha visto riconosciuto il proprio diritto. La Cassazione, ribaltando la decisione d’appello, ha stabilito che un ente pubblico non economico non è un imprenditore agricolo e non può abusare delle deroghe sui contratti a termine agricoltura. L’eccezione della stagionalità va interpretata in modo restrittivo e la prova spetta al datore di lavoro.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratti a Termine in Agricoltura: La Cassazione Mette un Freno agli Abusi degli Enti Pubblici

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14252 del 2024, ha tracciato una linea netta sulla gestione dei contratti a termine agricoltura da parte degli enti pubblici non economici. La sentenza chiarisce che le deroghe previste per il settore agricolo, in particolare quelle legate alla stagionalità, non possono essere applicate in modo estensivo per giustificare una reiterazione abusiva di contratti precari. Analizziamo una vicenda giudiziaria che ha importanti implicazioni per migliaia di lavoratori.

I Fatti del Caso

Un operaio agricolo ha lavorato per un Ente di Sviluppo Agricolo dal 1989 al 2017, quasi trent’anni, sulla base di una serie ininterrotta di contratti a tempo determinato. Le sue mansioni, pur svolte in ambito agricolo, non erano strettamente legate a cicli stagionali, ma consistevano in attività meccaniche e di manutenzione presso un Centro di Meccanizzazione Agricola. Ritenendo illegittima la continua reiterazione dei contratti, il lavoratore ha citato in giudizio l’ente per ottenere il risarcimento del danno derivante dall’utilizzo abusivo di tale forma contrattuale.

Il Percorso Giudiziario

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al lavoratore, riconoscendo l’illegittimità della successione di contratti e condannando l’ente al risarcimento. La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, il settore agricolo beneficia di una disciplina speciale che permette di derogare ai limiti generali sui contratti a termine. Hanno sostenuto che la ‘stagionalità’ non fosse l’unica ragione valida per la deroga, ma che le caratteristiche intrinseche dell’attività agricola giustificassero una maggiore flessibilità, legittimando di fatto i rinnovi continui.

L’Analisi della Cassazione sui Contratti a Termine Agricoltura

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e stabilendo principi di diritto fondamentali per la regolamentazione dei contratti a termine agricoltura nel settore pubblico.

Ente Pubblico non è Imprenditore Agricolo

Il primo punto cruciale è la natura giuridica del datore di lavoro. La Cassazione ha ribadito che un Ente di Sviluppo Agricolo, in quanto ente pubblico non economico, non può essere qualificato come ‘imprenditore agricolo’ ai sensi dell’art. 2135 del codice civile. Di conseguenza, non può beneficiare automaticamente delle deroghe specifiche previste per le imprese agricole private. La sua attività è invece soggetta alla disciplina generale del pubblico impiego contrattualizzato (D.Lgs. 165/2001).

L’Interpretazione Restrittiva della Stagionalità

Il secondo principio cardine riguarda il concetto di ‘attività stagionale’. La Corte ha affermato che tale nozione deve essere interpretata in senso rigoroso e stretto. Non è sufficiente che l’attività si svolga nel settore agricolo; deve essere intrinsecamente legata a un ciclo stagionale limitato nel tempo. Attività come la manutenzione di macchinari, la custodia o la preparazione dei terreni, che possono proseguire per tutto l’anno, non rientrano in questa categoria. Queste mansioni, se necessarie in modo continuativo, devono essere coperte da contratti a tempo indeterminato.

L’Onere della Prova a Carico del Datore di Lavoro

Infine, la Corte ha chiarito che spetta al datore di lavoro dimostrare in modo inequivocabile che le mansioni svolte dal lavoratore erano esclusivamente stagionali e riconducibili alle specifiche attività previste dalla contrattazione collettiva o dal D.P.R. 1525/1963. In assenza di tale prova, la reiterazione dei contratti a termine è da considerarsi abusiva.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base della necessità di tutelare il lavoratore contro l’abuso dei contratti a termine, in linea con la direttiva europea 1999/70/CE. I giudici hanno specificato che la ‘ciclicità’ naturale del lavoro agricolo non può diventare un pretesto per eludere le tutele previste per i lavoratori. Permettere rinnovi illimitati, anche per mansioni non strettamente stagionali, creerebbe una forma di precariato permanente inaccettabile. La Corte d’Appello ha errato nel non considerare la natura di ente pubblico del datore di lavoro e nell’applicare un’interpretazione troppo ampia e generica del concetto di stagionalità, di fatto svuotando di significato la normativa a tutela del lavoro stabile.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta una vittoria significativa per i lavoratori del settore pubblico agricolo e un monito per le amministrazioni. Stabilisce chiaramente che la flessibilità consentita nel settore agricolo non è un assegno in bianco. Gli enti pubblici devono gestire il personale nel rispetto delle normative generali e non possono sfruttare le eccezioni previste per le imprese private per creare sacche di precariato. La decisione impone un accertamento rigoroso della natura effettivamente stagionale delle mansioni e pone l’onere della prova sul datore di lavoro, rafforzando così la posizione del lavoratore e promuovendo la stabilità occupazionale.

Un ente pubblico di sviluppo agricolo può essere considerato un ‘imprenditore agricolo’?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico, come l’Ente di Sviluppo Agricolo, non è qualificabile come imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c. e pertanto non beneficia delle deroghe speciali previste per le imprese agricole private.

Le deroghe per i contratti a termine in agricoltura si applicano sempre?
No. Si applicano solo in casi specifici e con un’interpretazione restrittiva. In particolare, la deroga basata sulla stagionalità è valida solo per attività che sono intrinsecamente e oggettivamente legate a un determinato periodo dell’anno, e non per mansioni continuative come la manutenzione.

Chi deve dimostrare che un lavoro è veramente stagionale?
L’onere della prova grava sul datore di lavoro. È l’ente che deve dimostrare che le mansioni svolte dal lavoratore erano esclusivamente di natura stagionale, come previsto dalle normative e dalla contrattazione collettiva, per poter legittimamente reiterare un contratto a termine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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