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Contratti a termine agricoltura: i limiti per gli enti

Un lavoratore ha contestato l’abuso di contratti a termine da parte di un ente pubblico di sviluppo agricolo. La Corte di Cassazione ha stabilito che, non essendo l’ente un “imprenditore agricolo”, non può beneficiare delle deroghe previste per il settore. La nozione di “stagionalità” deve essere interpretata in modo restrittivo e la prova della sua effettiva natura ricade sul datore di lavoro. La sentenza della Corte d’Appello, favorevole all’ente, è stata annullata con rinvio.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratti a termine in agricoltura: la Cassazione fissa i paletti per gli enti pubblici

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16712/2024, ha chiarito importanti principi sui contratti a termine in agricoltura, stabilendo che le deroghe speciali previste per il settore non si applicano agli enti pubblici non economici. Questa decisione segna un punto fondamentale a tutela dei lavoratori contro l’utilizzo abusivo di contratti precari da parte della pubblica amministrazione.

I Fatti di Causa

Un lavoratore agricolo, impiegato per quasi trent’anni da un Ente di Sviluppo Agricolo (E.S.A.) attraverso una serie ininterrotta di contratti a tempo determinato, si era rivolto al Tribunale per denunciare l’illegittimità di tale prassi. Il Tribunale di primo grado gli aveva dato ragione, condannando l’ente al risarcimento del danno.

Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, il settore agricolo beneficia di deroghe specifiche che giustificano il ricorso a contratti a termine anche oltre i limiti generali, non necessariamente legati alla sola stagionalità. Insoddisfatto, il lavoratore ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: Stagionalità e Natura del Datore di Lavoro

Il cuore della controversia ruotava attorno a due questioni principali:
1. Un ente pubblico non economico, come l’E.S.A., può essere equiparato a un “imprenditore agricolo” ai sensi dell’art. 2135 del codice civile e, di conseguenza, beneficiare delle normative di favore sui contratti a termine?
2. Il concetto di “stagionalità” nel settore agricolo può essere interpretato in modo estensivo, fino a includere attività che si protraggono per tutto l’anno?

La Corte d’Appello aveva risposto positivamente a entrambe le domande, legittimando di fatto l’operato dell’ente. La Cassazione, invece, ha offerto una lettura completamente diversa e più rigorosa.

L’Analisi della Corte e i Limiti dei Contratti a Termine in Agricoltura

La Suprema Corte ha accolto le ragioni del lavoratore, cassando la sentenza d’appello. Il ragionamento dei giudici si è basato su principi chiari e consolidati, riaffermando la necessità di un’interpretazione restrittiva delle deroghe alla disciplina generale del lavoro a tempo determinato.

La Natura Giuridica dell’Ente Pubblico

In primo luogo, la Cassazione ha stabilito che un Ente di Sviluppo Agricolo è un ente pubblico non economico. Come tale, non può essere qualificato come “imprenditore agricolo”. Questa distinzione è cruciale: le deroghe previste dal D.Lgs. 368/2001 (e successivamente dal D.Lgs. 81/2015) sono state pensate per le imprese private che operano nel settore agricolo, non per la pubblica amministrazione. Di conseguenza, l’ente non poteva avvalersi di tali eccezioni per giustificare la reiterazione dei contratti.

L’Interpretazione Rigorosa della Stagionalità

In secondo luogo, la Corte ha ribadito che il concetto di “attività stagionale” deve essere inteso in senso stretto. La deroga al limite massimo di durata dei contratti a termine in agricoltura (fissato a 36 mesi) è applicabile solo quando le mansioni sono effettivamente e strettamente legate a un ciclo stagionale. Attività come la manutenzione, la custodia o la preparazione degli impianti, che si svolgono durante tutto l’anno, non rientrano in questa categoria. I lavoratori impiegati stabilmente in tali mansioni devono essere assunti con contratto a tempo indeterminato.

L’Onere della Prova a Carico del Datore di Lavoro

Infine, la Corte ha sottolineato che spetta al datore di lavoro dimostrare la natura esclusivamente stagionale delle mansioni svolte dal lavoratore. Tale prova deve emergere chiaramente sia dalla causale indicata nel contratto, sia dalle prestazioni effettivamente eseguite. In assenza di una prova rigorosa, la successione di contratti a termine è da considerarsi abusiva.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di bilanciare le esigenze di flessibilità del settore agricolo con il diritto fondamentale del lavoratore alla stabilità del rapporto di lavoro. I giudici hanno chiarito che le deroghe non possono diventare uno strumento per creare precariato a vita, specialmente all’interno della pubblica amministrazione. La natura ciclica dell’attività agricola non giustifica, di per sé, la possibilità di rinnovare all’infinito i contratti a termine per mansioni che rispondono a esigenze permanenti dell’ente. La Corte territoriale, secondo la Cassazione, avrebbe dovuto accertare in concreto le mansioni svolte dal lavoratore, verificandone la reale stagionalità, anziché basarsi su un’interpretazione estensiva e non condivisibile della normativa.

Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione rappresenta un’importante vittoria per i diritti dei lavoratori precari del settore agricolo impiegati da enti pubblici. I principi affermati sono chiari:
1. Gli enti pubblici non economici non sono imprenditori agricoli e non possono usare le deroghe previste per questi ultimi.
2. La stagionalità deve essere provata in modo rigoroso dal datore di lavoro e non può essere presunta.
3. Le mansioni continuative, anche se svolte in un contesto agricolo, richiedono un contratto a tempo indeterminato.
La decisione costringe ora la Corte d’Appello a riesaminare il caso attenendosi a questi principi, aprendo la strada al giusto risarcimento per il lavoratore e creando un precedente fondamentale contro l’abuso dei contratti a termine in agricoltura da parte del settore pubblico.

Un ente pubblico agricolo può essere considerato un “imprenditore agricolo” ai fini della disciplina sui contratti a termine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico, come l’Ente Sviluppo Agricolo, non può essere qualificato come imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c. Di conseguenza, non può beneficiare delle speciali deroghe in materia di contratti a tempo determinato previste per le imprese agricole private.

La deroga al limite massimo di durata dei contratti a termine in agricoltura vale per qualsiasi attività?
No. La deroga è applicabile solamente quando i contratti riguardano attività genuinamente stagionali. Non si estende ad attività che, pur svolte in un contesto agricolo, hanno carattere continuativo e rispondono a esigenze permanenti, come la custodia, la riparazione e la manutenzione di impianti e macchinari.

Chi deve provare che il lavoro svolto con un contratto a termine era effettivamente stagionale?
L’onere della prova grava sul datore di lavoro. Egli deve dimostrare che il lavoratore era adibito esclusivamente ad attività stagionali. Questa prova deve risultare sia dalla causale specificata nel contratto individuale, sia dalle mansioni concretamente svolte dal dipendente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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