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Contratti a termine agricoltura: i limiti per gli enti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16155/2024, ha stabilito che le deroghe sui contratti a termine agricoltura, previste per gli imprenditori privati, non si applicano agli enti pubblici non economici. La Corte ha chiarito che il concetto di ‘stagionalità’ deve essere interpretato in modo rigoroso, escludendo attività continuative. La sentenza ha annullato la decisione della Corte d’Appello, che aveva erroneamente giustificato la reiterazione di contratti a un lavoratore, affermando che spetta al datore di lavoro provare la natura esclusivamente stagionale delle mansioni.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratti a termine agricoltura: i limiti per gli enti pubblici

La disciplina dei contratti a termine agricoltura presenta delle specificità che la distinguono da quella generale. Tuttavia, tali deroghe non possono essere applicate in modo estensivo, soprattutto quando il datore di lavoro è un ente pubblico non qualificabile come imprenditore agricolo. Con l’ordinanza n. 16155 del 2024, la Corte di Cassazione ha tracciato confini precisi, rafforzando la tutela dei lavoratori contro l’abuso di contratti a tempo determinato reiterati in modo illegittimo.

I Fatti del Caso: Una Lunga Serie di Contratti Precari

Il caso riguarda un operatore agricolo che per quasi trent’anni, dal 1989 al 2017, ha lavorato per un Ente di Sviluppo Agricolo sulla base di una successione di contratti a termine. Sostenendo che tale reiterazione fosse illegittima, il lavoratore si è rivolto al Tribunale per chiedere il risarcimento del danno derivante dall’utilizzo abusivo di questa forma contrattuale. Il Tribunale di primo grado gli ha dato ragione, riconoscendo le sue pretese.

La Decisione della Corte d’Appello

L’Ente ha impugnato la decisione e la Corte d’Appello ha ribaltato il verdetto. Secondo i giudici di secondo grado, le particolari caratteristiche dell’attività agricola giustificherebbero una deroga alla normativa generale sui contratti a termine. In sostanza, la Corte territoriale ha ritenuto che nel settore agricolo la stagionalità non fosse l’unica ragione valida per la successione dei contratti, aprendo a una interpretazione più ampia che teneva conto della ‘ciclicità’ del settore.

I Principi sui contratti a termine agricoltura secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, annullando la sentenza d’appello e stabilendo principi fondamentali per la corretta applicazione delle norme sui contratti a termine agricoltura quando il datore di lavoro è un ente pubblico.

L’Ente Pubblico non è un Imprenditore Agricolo

Il primo punto chiarito dalla Suprema Corte è la natura giuridica dell’Ente datore di lavoro. Trattandosi di un ente pubblico non economico, non può essere qualificato come ‘imprenditore agricolo’ ai sensi dell’art. 2135 del codice civile. Di conseguenza, non può beneficiare delle specifiche deroghe previste dalla legge (come l’art. 10, comma 2, del D.Lgs. 368/2001) per gli imprenditori agricoli privati. Il rapporto di lavoro è, invece, soggetto alla disciplina del pubblico impiego contrattualizzato.

Il Concetto Ristretto di ‘Stagionalità’

La Corte ha specificato che il concetto di ‘attività stagionale’, che consente di superare i limiti di durata massima dei contratti a termine, deve essere interpretato in senso rigoroso. Non è sufficiente che l’attività si svolga nel settore agricolo; deve essere strettamente legata a una specifica stagione. Attività come la manutenzione dei macchinari o la preparazione dei terreni, che possono protrarsi per tutto l’anno, non rientrano in questa definizione. Queste mansioni, se svolte in modo stabile, richiedono un contratto a tempo indeterminato.

L’Onere della Prova a Carico del Datore di Lavoro

Un altro principio cardine riaffermato è quello relativo all’onere della prova. In caso di contestazione da parte del lavoratore, spetta al datore di lavoro dimostrare in modo concreto che le mansioni svolte erano esclusivamente stagionali. Tale prova deve basarsi su elementi specifici, come un chiaro riferimento alla stagionalità nel contratto individuale e la riconducibilità delle mansioni agli elenchi tassativi previsti dalla legge (D.P.R. 1525/1963) o dalla contrattazione collettiva.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano su un’analisi rigorosa della normativa e della sua evoluzione. I giudici hanno evidenziato l’errore della Corte d’Appello nel ritenere che la ‘naturale ciclicità’ del lavoro agricolo potesse di per sé giustificare deroghe al divieto di reiterazione abusiva dei contratti a termine. Al contrario, la Suprema Corte ha ribadito che anche nel settore agricolo, le esigenze permanenti e continuative dell’azienda, sebbene connesse ad un’attività nel complesso stagionale, devono essere soddisfatte con personale assunto a tempo indeterminato. L’applicazione estensiva delle deroghe, come quella operata dalla corte territoriale, finirebbe per vanificare le tutele previste dalla normativa nazionale ed europea (Direttiva 1999/70/CE) contro la precarietà.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per Lavoratori ed Enti Pubblici

La sentenza rappresenta un punto fermo di grande importanza. Per i lavoratori, rafforza la protezione contro l’abuso dei contratti a termine da parte di enti pubblici che operano nel settore agricolo, chiarendo che non possono avvalersi delle stesse deroghe concesse agli imprenditori privati. Per gli enti pubblici, invece, costituisce un monito a gestire il personale nel rispetto rigoroso dei limiti imposti dalla legge, distinguendo nettamente le esigenze realmente stagionali da quelle ordinarie e stabili. La decisione impone una maggiore attenzione nella stesura dei contratti e una gestione più trasparente dei rapporti di lavoro, pena il rischio di dover risarcire i danni per illegittima precarizzazione.

Un ente pubblico che opera in agricoltura può essere considerato un ‘imprenditore agricolo’ ai fini delle norme sui contratti a termine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico, anche se opera nel settore agricolo, non è qualificabile come imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c. e, pertanto, non può beneficiare delle specifiche deroghe previste per questi ultimi in materia di contratti a tempo determinato.

Cosa si intende per ‘attività stagionale’ che giustifica la deroga ai limiti dei contratti a termine nel settore agricolo?
Per ‘attività stagionale’ si intendono esclusivamente le situazioni aziendali collegate ad attività in senso stretto stagionali, cioè preordinate e organizzate per un espletamento temporaneo limitato a una stagione. Non vi rientrano le attività, pur connesse al ciclo agricolo, che si protraggono per tutto l’anno, come la manutenzione o la preparazione.

Su chi ricade l’onere di provare che un’attività lavorativa in agricoltura è di natura esclusivamente stagionale?
L’onere della prova grava interamente sul datore di lavoro. In caso di contestazione, è l’ente o l’azienda a dover dimostrare concretamente che il lavoratore era adibito esclusivamente ad attività stagionali, provando che tali mansioni erano previste nel contratto e riconducibili agli elenchi tassativi di legge o della contrattazione collettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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