LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Contratti a termine agricoltura: i limiti per gli enti

La Corte di Cassazione interviene sul tema dei contratti a termine in agricoltura, stabilendo principi chiari per gli enti pubblici non economici. Un lavoratore, impiegato per quasi trent’anni con contratti a tempo determinato reiterati da un ente di sviluppo agricolo, aveva denunciato l’abuso di tale pratica. La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello, affermando che l’ente pubblico non è un imprenditore agricolo e non può beneficiare delle deroghe previste per il settore. La nozione di stagionalità va interpretata in senso restrittivo, escludendo mansioni continuative come la manutenzione. L’onere di provare la natura esclusivamente stagionale del rapporto grava sul datore di lavoro.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratti a termine agricoltura: i limiti per gli enti pubblici

L’ordinanza n. 15263/2024 della Corte di Cassazione offre un’analisi cruciale sulla disciplina dei contratti a termine agricoltura, definendo i confini applicativi delle deroghe per il lavoro stagionale, soprattutto quando il datore di lavoro è un ente pubblico non economico. Questa decisione chiarisce che la natura agricola dell’attività non è sufficiente, di per sé, a giustificare un uso illimitato di contratti precari, riaffermando la centralità delle tutele del lavoratore.

I Fatti del Caso: Una Lunga Serie di Contratti Precari

Il caso riguarda un operatore agricolo che ha lavorato per un Ente di Sviluppo Agricolo dal 1989 al 2018, attraverso una successione ininterrotta di contratti a tempo determinato. Le sue mansioni includevano lavori meccanici e attività presso un Centro di Meccanizzazione Agricola. Ritenendo illegittima la reiterazione dei contratti, il lavoratore ha adito il Tribunale, che gli ha dato ragione, condannando l’ente al risarcimento del danno.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, nel settore agricolo la stagionalità rappresenta una, ma non l’unica, ragione valida per derogare alla normativa generale sui contratti a termine. La Corte territoriale ha ritenuto che le peculiarità dell’attività agricola giustificassero la legittimità dei contratti stipulati dall’ente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha errato nell’interpretare la normativa, discostandosi dai principi consolidati in materia.

Le Motivazioni: Limiti ai Contratti a Termine Agricoltura per gli Enti Pubblici

La decisione della Cassazione si fonda su tre pilastri argomentativi fondamentali, che ridefiniscono l’applicazione delle normative sui contratti a termine in contesti specifici.

L’Ente Pubblico non è un Imprenditore Agricolo

Innanzitutto, la Corte ha chiarito che l’Ente di Sviluppo Agricolo, in quanto ente pubblico non economico, non può essere qualificato come ‘imprenditore agricolo’ ai sensi dell’art. 2135 del codice civile. Di conseguenza, non può beneficiare delle deroghe specifiche previste per i datori di lavoro del settore agricolo (come l’art. 10, comma 2, del d.lgs. 368/2001). Il suo rapporto di lavoro è invece soggetto alla disciplina generale del pubblico impiego privatizzato (d.lgs. 165/2001).

La Nozione Stretta di ‘Lavoro Stagionale’

Il secondo punto cruciale riguarda la definizione di ‘attività stagionale’. La Cassazione ha ribadito che tale concetto deve essere interpretato in senso rigoroso. Non è sufficiente che l’attività dell’azienda sia genericamente stagionale. Per giustificare la deroga ai limiti di durata dei contratti a termine, le mansioni del lavoratore devono essere strettamente collegate a esigenze temporanee e cicliche, legate a una specifica stagione.

Attività che proseguono per tutto l’anno, come la custodia, la riparazione e la manutenzione di impianti e macchinari, non possono essere considerate stagionali, anche se preparatorie alla stagione produttiva. I lavoratori adibiti stabilmente a tali compiti devono essere assunti a tempo indeterminato.

L’Onere della Prova a Carico del Datore di Lavoro

Infine, la Corte ha sottolineato che spetta al datore di lavoro dimostrare la natura genuinamente stagionale del rapporto. L’onere probatorio riguarda due aspetti: la presenza nel contratto di un chiaro riferimento alla stagionalità dell’attività da svolgere e la riconducibilità delle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore all’elenco tassativo previsto dal D.P.R. n. 1525/1963 o dalla contrattazione collettiva. La Corte d’Appello avrebbe dovuto accertare in concreto le mansioni espletate dal lavoratore, invece di basarsi su una generica giustificazione legata al settore agricolo.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

Questa ordinanza rafforza le tutele per i lavoratori precari, anche in settori caratterizzati da ciclicità come l’agricoltura. Stabilisce che le deroghe alla disciplina generale sui contratti a termine non sono automatiche e devono essere ancorate a presupposti oggettivi e rigorosi. Per gli enti pubblici che operano in agricoltura, il messaggio è chiaro: non possono essere equiparati a imprenditori privati e devono rispettare i limiti normativi volti a prevenire l’abuso dei contratti a tempo determinato, garantendo stabilità occupazionale per le mansioni che rispondono a esigenze permanenti.

Un ente pubblico che opera in agricoltura può essere considerato un ‘imprenditore agricolo’ ai fini della normativa sui contratti a termine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico, anche se opera nel settore agricolo, non è qualificabile come imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c. Pertanto, non può beneficiare delle speciali deroghe previste per i datori di lavoro privati del settore.

Cosa si intende per ‘lavoro stagionale’ che giustifica la deroga ai limiti dei contratti a termine?
Per ‘lavoro stagionale’ si intendono esclusivamente le attività strettamente collegate a esigenze temporanee e cicliche, limitate a una specifica stagione. Sono escluse le mansioni che, pur essendo svolte in un’azienda a carattere stagionale, rispondono a esigenze permanenti e continuative durante l’anno, come la custodia, la manutenzione e la riparazione di macchinari.

In caso di controversia sulla natura stagionale del lavoro, chi deve provare i fatti?
L’onere della prova grava interamente sul datore di lavoro. Egli deve dimostrare sia che il contratto conteneva un esplicito riferimento alla stagionalità, sia che le mansioni concretamente svolte dal lavoratore rientravano in quelle attività riconosciute come stagionali dalla legge (D.P.R. 1525/1963) o dalla contrattazione collettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati