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Contratti a termine agricoli: limiti e stagionalità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24983/2024, ha stabilito che un ente pubblico non può essere considerato un imprenditore agricolo e, pertanto, non può abusare dei contratti a termine agricoli. La Corte ha chiarito che la deroga per stagionalità si applica solo a lavori strettamente stagionali, escludendo mansioni continuative come la manutenzione. L’onere di provare la natura stagionale del rapporto spetta sempre al datore di lavoro. La sentenza di merito è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratti a Termine Agricoli: La Cassazione Fissa i Paletti sulla Stagionalità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta sull’utilizzo dei contratti a termine agricoli, specialmente quando il datore di lavoro è un ente pubblico. La decisione sottolinea che la deroga legata alla stagionalità non può diventare uno strumento per giustificare un precariato pluriennale, ribadendo la necessità di un contratto a tempo indeterminato per le mansioni che si protraggono durante tutto l’anno. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Lavoro Precario per Decenni

Un lavoratore agricolo ha prestato servizio per un Ente di Sviluppo Agricolo per oltre trent’anni, a partire dal 1991, attraverso una serie ininterrotta di contratti a tempo determinato. Ritenendo illegittima questa prassi, ha citato in giudizio l’ente, ottenendo in primo grado il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno per l’utilizzo abusivo dei contratti a termine.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso dell’ente. Secondo i giudici di secondo grado, il settore agricolo presenterebbe caratteristiche tali da giustificare deroghe alla normativa generale sui contratti a termine, non limitate alla sola stagionalità. Insoddisfatto, il lavoratore ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto le ragioni del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. La decisione si fonda su principi giuridici chiari e consolidati, che la Corte d’Appello aveva disatteso.

Ente Pubblico non è Imprenditore Agricolo

In primo luogo, la Cassazione ha ribadito un punto fondamentale: l’Ente di Sviluppo Agricolo, essendo un ente pubblico non economico, non può essere qualificato come ‘imprenditore agricolo’ ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile. Questa distinzione è cruciale, poiché impedisce all’ente di avvalersi delle discipline speciali e delle deroghe sui contratti a termine previste specificamente per i datori di lavoro del settore agricolo privato.

Limiti dei Contratti a Termine Agricoli e la Nozione di Stagionalità

Il cuore della decisione riguarda la nozione di ‘stagionalità’. La Corte ha affermato che la possibilità di superare il limite massimo di durata dei contratti a termine (36 mesi) nel settore agricolo è concessa esclusivamente per attività che siano genuinamente stagionali.

Non è sufficiente che l’attività si svolga in ambito agricolo. Deve trattarsi di lavori legati a cicli naturali e a specifiche stagioni, che comportano picchi di lavoro temporanei. Al contrario, mansioni come la custodia, la riparazione e la manutenzione di macchinari e impianti, o la preparazione per la stagione successiva, sono attività che si protraggono per tutto l’anno. Per queste, la Corte ha stabilito che è necessario un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Onere della Prova a Carico del Datore di Lavoro

Un altro principio ribadito è quello relativo all’onere della prova. Spetta al datore di lavoro dimostrare che le mansioni affidate al lavoratore erano esclusivamente di natura stagionale. Questa prova deve essere rigorosa e deve risultare chiaramente anche dalla causale indicata nei singoli contratti.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su un’interpretazione rigorosa della normativa per proteggere il lavoratore dall’abuso dei contratti a termine. I giudici hanno specificato che la ‘naturale ciclicità’ del lavoro agricolo non può, di per sé, giustificare deroghe illimitate alla regola generale del contratto a tempo indeterminato. Consentire rinnovi continui per mansioni stabili e permanenti, anche se svolte in un contesto stagionale, svuoterebbe di significato le tutele previste dalla legge. La Corte d’Appello ha errato nel non accertare in concreto le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore e nel non applicare correttamente i principi sull’onere probatorio. Il richiamo alla legislazione regionale siciliana è stato ritenuto inidoneo a derogare alla disciplina nazionale in materia.

Le Conclusioni

In conclusione, questa ordinanza della Cassazione rappresenta un monito importante per tutti i datori di lavoro del settore agricolo, in particolare per gli enti pubblici. L’utilizzo dei contratti a termine deve essere circoscritto alle reali e comprovate esigenze stagionali. Le attività continuative e necessarie al funzionamento dell’azienda durante tutto l’arco dell’anno devono essere coperte da rapporti di lavoro stabili. La sentenza rafforza le tutele per i lavoratori precari, costringendo i datori di lavoro a una gestione più trasparente e corretta dei rapporti di lavoro, e imponendo ai giudici di merito un’analisi concreta e dettagliata delle mansioni svolte.

Un ente pubblico che opera in agricoltura può essere considerato un ‘imprenditore agricolo’?
No, la Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico non rientra nella definizione di imprenditore agricolo dell’art. 2135 c.c. e quindi non può beneficiare delle deroghe speciali previste per i contratti a termine agricoli.

Quali attività possono giustificare l’uso di contratti a termine agricoli per ragioni di stagionalità?
Solo le attività strettamente legate a una stagione specifica e che sono aggiuntive rispetto al normale ciclo operativo. Mansioni continuative come manutenzione, custodia o preparazione, che si protraggono per tutto l’anno, richiedono un contratto a tempo indeterminato.

A chi spetta dimostrare che un contratto di lavoro era genuinamente stagionale?
L’onere della prova grava interamente sul datore di lavoro. Deve dimostrare che le mansioni svolte dal lavoratore erano esclusivamente legate ad attività stagionali e che ciò era specificato nel contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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