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Contratti a termine agricoli: limiti e stagionalità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20383/2024, ha accolto il ricorso di un lavoratore contro un ente pubblico agricolo, stabilendo principi chiari sui contratti a termine nel settore. La Corte ha precisato che un ente pubblico non economico non è un imprenditore agricolo e che la deroga ai limiti di durata dei contratti a termine è applicabile solo per attività genuinamente stagionali, il cui onere della prova spetta al datore di lavoro. Di conseguenza, è stata cassata la sentenza d’appello che giustificava la reiterazione dei contratti sulla base della generica natura agricola dell’attività.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratti a Termine in Agricoltura: la Stagionalità non è Scontata

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla disciplina dei contratti a termine nel settore agricolo, fissando paletti rigorosi contro l’abuso di questa tipologia contrattuale, specialmente da parte di enti pubblici. Con l’ordinanza n. 20383 del 23 luglio 2024, la Sezione Lavoro ha chiarito che la natura agricola di un’attività non giustifica di per sé una deroga alle tutele previste per i lavoratori, essendo necessario dimostrare il requisito della stagionalità in senso stretto.

I Fatti del Caso

Un lavoratore, impiegato per anni come operaio agricolo presso un Ente di Sviluppo Agricolo, ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla reiterazione abusiva di una serie di contratti a termine. Le sue mansioni includevano la conduzione e la manutenzione di macchine agricole.
La Corte d’Appello, in riforma della decisione di primo grado, aveva rigettato la domanda del lavoratore. Secondo i giudici di merito, nel settore agricolo la deroga ai limiti temporali dei contratti a tempo determinato sarebbe giustificata non solo dalla stagionalità, ma anche dalla natura oggettiva dell’attività e da una speciale legislazione regionale. Il lavoratore ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Disciplina dei Contratti a Termine e la Decisione della Corte

La Suprema Corte ha accolto le ragioni del lavoratore, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame. La decisione si fonda su una serie di principi giuridici cruciali che ridefiniscono l’ambito di applicazione delle deroghe nel settore agricolo.
I giudici di legittimità hanno smontato l’impianto argomentativo della Corte territoriale, affermando che questa si è ampiamente discostata dai principi consolidati in materia di contratti a termine.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su quattro pilastri fondamentali.

1. Natura Giuridica del Datore di Lavoro

Innanzitutto, la Corte ha specificato che l’Ente di Sviluppo Agricolo, essendo un ente pubblico non economico, non può essere qualificato come “imprenditore agricolo” ai sensi dell’art. 2135 del codice civile. Di conseguenza, non possono essere applicate le norme specifiche sui contratti a termine previste per i datori di lavoro privati del settore agricolo. L’ente è invece soggetto alla disciplina generale del pubblico impiego.

2. Il Requisito Inderogabile della Stagionalità

Il punto centrale della motivazione riguarda il concetto di “stagionalità”. La Cassazione ha ribadito che la deroga al limite massimo di durata dei contratti a termine (fissato in trentasei mesi) è applicabile in agricoltura solamente quando le attività sono effettivamente stagionali. Il concetto di stagionalità deve essere interpretato in senso rigoroso: si riferisce a “situazioni aziendali collegate ad attività stagionali in senso stretto, ossia ad attività preordinate ed organizzate per un espletamento temporaneo (limitato ad una stagione)”.
Non rientrano in questa definizione le attività che, pur essendo legate al mondo agricolo, si protraggono per tutto l’anno, come la custodia, la riparazione e la manutenzione di impianti e macchinari. Queste mansioni, necessarie a garantire la continuità operativa, richiedono l’assunzione con contratti a tempo indeterminato.

3. L’Onere della Prova

Coerentemente con i principi generali, la Corte ha affermato che l’onere di provare che il lavoratore era adibito esclusivamente ad attività stagionali grava sul datore di lavoro. Il datore di lavoro deve dimostrare non solo che le mansioni rientrano in quelle previste come stagionali (ad esempio, dall’elenco tassativo del d.P.R. 1525/1963), ma anche che l’attività del lavoratore si è concretamente svolta in modo complementare e strumentale alla lavorazione stagionale, senza esorbitare in compiti di natura permanente.

4. L’Inefficacia della Normativa Regionale in Deroga

Infine, la Corte ha chiarito che le leggi regionali non possono introdurre deroghe alla disciplina nazionale posta a tutela del lavoratore contro l’abuso dei contratti a termine. Tali tutele, derivanti anche da direttive europee, costituiscono principi fondamentali della materia che non possono essere scavalcati da normative locali.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante baluardo a difesa dei diritti dei lavoratori precari nel settore agricolo, in particolare quando impiegati da enti pubblici. La decisione riafferma con forza che la “ciclicità” tipica del lavoro agricolo non può essere usata come un passe-partout per eludere i limiti imposti alla successione di contratti a termine. I datori di lavoro sono chiamati a una gestione più rigorosa e trasparente, dovendo dimostrare in modo inequivocabile la natura puramente stagionale delle mansioni affidate, pena il riconoscimento dell’abuso e il conseguente obbligo risarcitorio. La Corte d’Appello dovrà ora riesaminare il caso attenendosi a questi stringenti principi.

Un ente pubblico agricolo può essere considerato un ‘imprenditore agricolo’ ai fini delle norme sui contratti a termine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico, come l’Ente Sviluppo Agricolo, non rientra nella definizione di imprenditore agricolo dell’art. 2135 c.c. e non può quindi beneficiare delle specifiche deroghe previste per tale categoria di datori di lavoro.

La reiterazione di contratti a termine in agricoltura è sempre legittima?
No, non è sempre legittima. La deroga al divieto di superare il limite massimo di durata di trentasei mesi è applicabile nel settore dell’agricoltura solo se i contratti riguardano attività genuinamente stagionali. Attività continuative, come la manutenzione dei macchinari, devono essere coperte da contratti a tempo indeterminato.

Su chi ricade l’onere di provare la natura stagionale di un’attività agricola?
L’onere di provare che il lavoratore è stato adibito esclusivamente ad attività stagionali ricade sul datore di lavoro. In caso di contestazione, spetta all’azienda dimostrare in concreto la stagionalità delle mansioni svolte dal dipendente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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