SENTENZA TRIBUNALE DI ROMA N. 9139 2025 – N. R.G. 00006215 2025 DEPOSITO MINUTA 22 09 2025 PUBBLICAZIONE 22 09 2025
TRIBUNALE CIVILE DI ROMA 1^ SEZIONE LAVORO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il giudice dott.ssa NOME COGNOMEa seguito dell’udienza di trattazione scritta del 22 settembre 2025 ha pronunciato la seguente sentenza nella causa civile in primo grado iscritta al n. 6215 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2025 e vertente
TRA
( Avv. NOME COGNOME )
RICORRENTE
E
( Avv. P. NOME COGNOME)
RESISTENTE
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato il 21/2/2025 il ricorrente in epigrafe conveniva in giudizio
premettendo in fatto : aveva prestato servizio presso con inquadramento giuridico ed economico di Funzionario di Polizia Locale; il rapporto di cui sopra si era interrotto in data 13.12.2024 a seguito del licenziamento senza preavviso irrogatogli al termine di procedimento disciplinare iniziato con lettera di contestazione datata 18.9.2015 del seguente tenore letterale: ‘”Da documentazione pervenuta a questo Dipartimento risulta che il Tribunale Ordinano di Roma – G.U.P. Dott. NOME COGNOME ha fissato la data dell’udienza preliminare in relazione alla richiesta del P.M., Dott. NOME COGNOME di rinvio a giudizio, nell’ambito del procedimento penale R. G. N. 25202/15, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, imputato come di seguito si riporta:
(a) del delitto p e p dagli artt. 476 e 482 c.p. perché alterava l’attestazione della donazione di sangue rilasciata dall’Ospedale Fatebenefratelli di e segnatamente faceva apparire la donazione di ml 450 di sangue, mentre per controindicazioni cliniche, gli era stata inibita la donazione medesima. Così fraudolentemente ottenendo l’esenzione dal lavoro. In Roma il 31 dicembre 2014.
(b) del delitto p e p dall’art. 55 quinquies d.lgs 165/01 modificato dal d.lgs 150/09 c.p. perché quale lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione giustificava l’assenza dal servizio per il giorno 31.12.14 mediante una certificazione falsa e segnatamente contraffacendo l’attestazione rilasciata dall’Ospedale ‘Fatebenefratelli’ di concernente la donazione di ml 450 di sangue.
In Roma il 31 dicembre 2014′. (doc. 1); in data 22 ottobre 2015 aveva presentato un’articolata memoria, prendendo posizione sui fatti contestati e chiedendo in via principale l’archiviazione del procedimento disciplinare ed in via subordinata la sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 55 ter del dlgs 165/2001 (doc. 2); in data 1.12.2015 con nota prot. GB/92472, l’Amministrazione aveva disposto la sospensione del procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 55-ter del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sino al termine del procedimento penale (doc. 3); in data 15.02.2016 il Tribunale di Roma – Sezione GUP Ufficio 5, Giudice Dott. NOME COGNOME aveva emesso nei suoi confronti provvedimento di rinvio a giudizio (doc. 4); a seguito dell’acquisizione del suddetto provvedimento, l’Amministrazione con Determinazione Dirigenziale n. 494 del 21.03.2016 aveva disposto la sospensione cautelare dal servizio di esso ricorrente a decorrere dal 25.03.2016 (doc. 5); all’esito del giudizio di primo grado il Tribunale Ordinario di Roma aveva emesso in data 15.05.2018, la sentenza n. 7007/18 con la quale veniva dichiarato responsabile dei reati ascritti e, concesse le circostanze attenuanti generiche, veniva condannato alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita (doc. 6); aveva proposto ricorso in appello (doc. 7) e tuttavia ricorrendo i presupposti di cui all’art. 61, comma 6 dei C.C.N.L. 2016/2018, l’Amministrazione resistente, con Determinazione Dirigenziale n. 456 del 24.03.2021 aveva confermato lo stato di sospensione cautelare dal servizio del ricorrente, con revisione a cadenza biennale (doc. 8); a seguito di istanza di reintegrazione in servizio (doc. 9) , preso atto di quanto espresso dal Comandante Generale del Corpo di Polizia Locale di ed in considerazione della pendenza del procedimento d’Appello, con udienza non fissata, stante il termine biennale della sospensione cautelare, con Determinazione Dirigenziale n. 391 del 07.03.2023 aveva disposto la riammissione in servizio di esso ricorrente , che aveva ripreso le proprie funzioni il 10.03.2023 (doc. 10); con sentenza n. 546/2024 del 26.1.2024, la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di esso ricorrente per i reati contestati perché estinti per intervenuta prescrizione, provvedimento divenuto irrevocabile in data 3.4.2024 (doc. 11); in data 08.07.2024, la Corte di Appello di Roma, Seconda Sezione Penale, in esito a richiesta dell’ con rilevanza penale dell’amministrazione capitolina del 16.5.2024 (doc. 21), aveva comunicato che la sopracitata sentenza era divenuta irrevocabile (doc. 22); e con lettera di rinnovo contestazioni prot. n. del 24.07.2024 l con rilevanza penale aveva riattivato il procedimento disciplinare nei suoi confronti convocandolo per l’audizione in contraddittorio a difesa per il giorno 30.09.2024; a seguito di differimenti richiesti , l’audizione si svolgeva con l’ausilio del rappresentante sindacale il 21.10.2024 e nel contesto della stessa aveva depositata memoria difensiva con allegati nella quale veniva evidenziato come la procedura risultasse illegittima nel merito per la violazione in sé, per le circostanze nelle quali sarebbe maturata e per violazione del principio della tempestività dell’intera azione disciplinare e della sua riattivazione (doc. 12) ; con Determinazione Dirigenziale 2367 del 10.12.2024 protocollata in pari data al n. notificata a mano il 12.12.2024 , era stato licenziato senza preavviso ai sensi di quanto disposto dall’art. 3, Co. 1 lettere a), b), c), d) e co. 8, lettera f) del C.C.N.L. 2006/2009 e dall’art. 72, comma 1, lettere a), b), c), d) e comma 9, n, 2, lettera f) del C.C.N.L. 2019/2021, con decorrenza dal giorno successivo alla notifica dell’atto (doc. 13); in data 17.12.2024 aveva impugnato il licenziamento offrendo, nel contempo, le aveva dato
proprie prestazioni lavorative (doc. 14); in data 23.12.2024 riscontro all’impugnativa ribadendo le motivazioni alla base del provvedimento adottato .
Argomentava in diritto in ordine : A) all’inidoneità degli addebiti contestati a fondare il provvedimento espulsivo ed al difetto di proporzionalità della sanzione rispetto ai fatti contestati ; B) alla violazione del principio di tempestività dell’azione disciplinare di cui all’art 55 bis Dlgs 165/2001 : sul punto evidenziava che il Comando Generale della Polizia Locale -era a piena conoscenza dell’episodio sin dai primi giorni del 2015, avendo provveduto a disporre una indagine interna ed a inoltrare apposita informativa all’Autorità Giudiziaria subito dopo i fatti del 31 dicembre 2014 (doc. 19), ma aveva atteso fino al 18 settembre 2015, circa nove mesi dalla conoscenza effettiva del fatto , per contestare all’odierno ricorrente l’addebito disciplinare provvedimento espulsivo ; C)
alla violazione del termine ex art 55 ter Dlgs 165/2001 per la riapertura del procedimento disciplinare : sul punto evidenziava che il termine perentorio di 60 giorni per la riattivazione del procedimento disciplinare era stato violato in quanto l’Amministrazione aveva avuto conoscenza della sentenza della Corte di Appello pronunciata all’udienza del 17 gennaio 2024 in un momento antecedente al 16 maggio 2024, data in cui risultava che la stessa Amministrazione abbia richiesto alla Corte d’Appello di Roma notizie in merito all’irrevocabilità di tale decisione ; sottolineava che anche volendo assumere, in via meramente ipotetica, che il dies a quo decorresse dal 16 maggio 2024, il rinnovo della contestazione disciplinare, datato 24 luglio 2024 e notificato il successivo 27 luglio 2024, era comunque intervenuto oltre i sessanta giorni prescritti.
Concludeva chiedendo che il Tribunale adito volesse ‘ accertare e dichiarare, per le ragioni di cui in narrativa del presente atto, l’illegittimità, la nullità e/o l’inefficacia del provvedimento disciplinare di cui alla Determina Dirigenziale n. 2367 del 10.12.2024, notificata il 12.12.2024 e per l’effetto annullare e revocare il licenziamento comminato al ricorrente ordinando a in persona del legale rappresentante pro tempore, di reintegrare il sig. nel posto di lavoro precedentemente occupato con le stesse mansioni ed a versare allo stesso un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva reintegrazione; voglia altresì annullare e revocare ogni ulteriore atto e/o provvedimento, anche tacito, presupposto, preparatorio, connesso e/o consequenziale al licenziamento, anche se non conosciuto, ivi compresi, tra gli altri, per quanto di ragione e nella misura in cui lesivi, tutti gli atti e provvedimenti richiamati nell’impugnato atto. Con condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione, oltre interessi legali al saldo ‘; il tutto con vittoria di spese da distrarsi .
Si costituiva controdeducendo diffusamente in ordine alle censure di parte ricorrente, sottolineando la correttezza ed il rispetto dei termini del procedimento disciplinare , la fondatezza degli addebiti contestati e la proporzionalità della sanzione espulsiva irrogata. Chiedeva il rigetto del ricorso.
Formulata vanamente proposta conciliativa , autorizzato il deposito di note e disposta la trattazione scritta dell’udienza di discussione , la causa viene discussa e decisa con sentenza .
Il ricorso merita accoglimento .
Come noto la materia dei procedimenti disciplinari a carico di pubblici dipendenti è stata oggetto di riforma ad opera del Dlgs n° 150/2009 ( riforma Brunetta ) e quindi ad opera del Dlgs 25/5/2017 n° 75 ( riforma Madia ) ; tale ultima riforma ha perseguito la espressa finalità di inasprire i trattamenti punitivi per troppo diffuse tipologie di illegalità ed ,al contempo, di semplificare l’iter procedurale rafforzandone l’effettività . Il legislatore ha ritenuto a tal fine di attribuire valenza ordinatoria a tutti i termini del procedimento disciplinare (avvicinando sensibilmente il procedimento disciplinare proprio del settore pubblico a quello del settore privato, caratterizzato, com’è noto, dalla mancanza di precisi termini ,ad eccezione di quello minimo che deve essere concesso al lavoratore per approntare le proprie difese) , salvo che per quanto riguarda due fondamentali termini ovvero quello relativo alla contestazione disciplinare e quello relativo alla conclusione del procedimento disciplinare . Con riferimento alla normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie deve precisarsi , per quanto qui interessa , che gli artt 55 bis e ter sono stati oggetto di modifica dal Dlgs 75/17 nel capo VII di tale decreto e l’art 22 del Dlgs 75/17 ha disposto al comma 13 che le disposizioni di cui al Capo VII si applicano agli illeciti disciplinari commessi successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ossia agli illeciti commessi dal 22/6/2017 . Posto che la commissione dei predetti illeciti è anteriore a tale data , risalendo al dicembre 2014 , debbono applicarsi le norme vigenti prima della modifica apportata dal Dlgs 75/17 .
Ciò chiarito , parte ricorrente ha lamentato , come riportato nella esposizione delle argomentazioni in diritto , la violazione del termine perentorio per la contestazione dell’addebito di cui all’art 55 bis . L’art 55 bis DLgs 165/2001 nel testo vigente prima della riforma del 2017 statuisce ‘ 1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali e’ prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le disposizioni del comma 2. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge secondo le disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali e’ previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo. 2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di comando o di fuori ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle sanzioni disciplinari di cui al comma 1, primo periodo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l’addebito al dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa. Dopo l’espletamento dell’eventuale ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell’addebito. In caso di differimento superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento e’ prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La violazione dei termini stabiliti nel presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa. 3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare e’ più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all’ufficio individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all’interessato. 4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2, ma, se la sanzione da applicare e’ più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con applicazione di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l’eventuale sospensione ai sensi dell’articolo 55-ter. Il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del comma 3 ovvero dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione, mentre la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa . ‘
In fattispecie nella quale , come quella in esame , si applicava ratione temporis tale normativa la S. C. ha chiarito che ‘ Con riguardo alla sanzione prevista dal quarto comma dell’art. 55 bis del D. Lgs. n. 165 del 2001 per il mancato rispetto del termine per la contestazione disciplinare, questa Corte ha ripetutamente affermato che essa opera solo in relazione ai termini imposti all’Ufficio competente per il procedimento disciplinare, per cui rileva la data di ricezione degli atti da parte di quest’ultimo, o, eventualmente, la notizia che abbia diversamente acquisito il medesimo ufficio, e non altri organi o articolazioni dell’ente, con la sola eccezione del responsabile della struttura di assegnazione del dipendente ‘( Cass. 16708/2018 ; 18517/2016, 9390/2017, 19183/2016, 16900/2016, 17153/2015, 20733/2015 ) A prescindere da ogni altra considerazione e richiamato il principio della ragione più liquida ( per tutte Cass. civ. Sez. VI – Lavoro Ordinanza, 20-032015, n. 5724 ) deve ritenersi fondata l’eccezione di intempestività della contestazione , e conseguente la decadenza dal potere disciplinare , in quanto a fonte di specifica contestazione sul punto non ha né fornito alcun riscontro documentale in ordine alla data in cui il Dipartimento Organizzazione e Risorse Umane di ( D.O.R.U) avrebbe ricevuto documentazione inerente richiesta di rinvio a giudizio del ricorrente ( limitandosi a pag 2 della comparsa a richiamare il contenuto della contestazione disciplinare ) né argomentato alcunchè in ordine al momento dell’acquisizione della notizia di fatti idonei a fondare l’azione disciplinare nelle sue tre fasi fondamentali della contestazione dell’addebito, dell’istruttoria e dell’adozione della sanzione. Deve , ad abundantiam , richiamarsi , quanto statuito dalla S.C. secondo la quale la tempestività dell’azione disciplinare deve essere valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto nelle sue linee essenziali al lavoratore , non essendo necessario l’integrale accertamento del medesimo ( cfr Cass. n° 10565/2019 ) ; inoltre la tempestività dell’ esercizio dell’azione disciplinare deve essere valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto, nelle sue linee essenziali, al lavoratore medesimo, la cui prova è a carico del datore di lavoro, senza che possa assumere autonomo ed autosufficiente rilievo la denunzia dei fatti in sede penale o la pendenza stessa del procedimento penale, considerata l’autonomia tra i due procedimenti, l’inapplicabilità, al procedimento disciplinare, del principio di non colpevolezza, stabilito dall’art. 27 Cost. soltanto in relazione al potere punitivo pubblico, e la circostanza che l’eventuale accertamento dell’irrilevanza penale del fatto non determina di per sé l’assenza di analogo disvalore in sede disciplinare . In ogni caso qui rileva che neppure formulato argomentazioni specifiche sul punto . La tardività della contestazione disciplinare e la conseguente decadenza infiano ab origine il procedimento disciplinare de quo . Quanto alle conseguenze sanzionatorie deve rilevarsi che trattandosi di licenziamento irrogato dopo il 22.6.2017, data di entrata in vigore del nuovo testo dell’art.63 c.2 dlgs 165 2001, modificato dall’art.21 c.1 lett. a) dlgs 75 2017, che ha introdotto, in tema di conseguenze sanzionatorie per i casi di licenziamento illegittimo, una norma specifica per il pubblico impiego privatizzato (l’art.21 non è ricompreso tra quelli per i quali è dettata la illeciti precedenti al 22.6.2017), si -2bis DLGS 165/2001 prevede:
norma di cui all’art.22 in tema di non applicazione agli applica tale regime; per quel che qui interessa, l’art.63 c.1 ‘1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo.
2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all’assunzione, ovvero accerta che l’assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro. Il giudice, con la sentenza con la quale annulla o dichiara nullo il licenziamento, condanna l’amministrazione alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, e comunque in misura non superiore alle ventiquattro mensilità, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali’.
Le spese di lite , liquidate e distratte come da dispositivo , seguono la soccombenza .
PQM
Definitivamente pronunziando, così provvede : -accoglie il ricorso e annulla il licenziamento intimato a il 13/12/2024 ;
– condanna alla reintegrazione del suddetto lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, e comunque in misura non superiore alle ventiquattro mensilità, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonchè al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per lo stesso periodo;
– condanna alla rifusione in favore del procuratore antistatario del ricorrente delle spese di lite liquidate in € 5000,00, oltre rimb. forf. ,Iva e cpa come per legge. Roma , 22/9/2025 Il G.L.
Dott.ssa NOME COGNOME