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Contestazione disciplinare: vale la data di invio

La Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale sulla tempistica della contestazione disciplinare nel pubblico impiego. Confermando un orientamento consolidato, la Corte ha stabilito che, per rispettare il termine di decadenza, è sufficiente l’adozione e l’invio dell’atto di contestazione da parte dell’amministrazione, risultando irrilevante la data di ricezione da parte del dipendente. Il caso riguardava un dirigente pubblico sanzionato per due distinti addebiti. La Corte d’Appello aveva annullato una delle sanzioni ritenendo tardiva la contestazione perché ricevuta dal lavoratore oltre il termine previsto. La Cassazione ha ribaltato questa decisione, accogliendo il ricorso dell’ente pubblico e affermando che il momento rilevante è quello in cui l’amministrazione esprime la propria volontà sanzionatoria, non quello in cui il destinatario ne viene a conoscenza.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contestazione Disciplinare: Fa Fede la Data di Adozione o di Ricezione?

La gestione dei termini nel procedimento disciplinare è un aspetto fondamentale del diritto del lavoro, specialmente nel settore pubblico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale riguardo alla tempestività della contestazione disciplinare: ai fini del rispetto dei termini, ciò che conta è il momento in cui l’amministrazione adotta l’atto, non quando il dipendente lo riceve. Approfondiamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da due sanzioni disciplinari inflitte da un ente pubblico a un proprio dirigente. La prima sanzione, una multa, era legata a incongruenze nelle timbrature di ingresso e uscita. La seconda, ben più grave, consisteva in una sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per quattro mesi, motivata dai toni e dalle argomentazioni usate dal dirigente in una comunicazione scritta in cui lamentava presunte vessazioni.

Il dirigente aveva impugnato le sanzioni, ottenendo ragione in primo e secondo grado. La Corte d’Appello, in particolare, aveva confermato l’illegittimità della sospensione, ritenendo che la contestazione disciplinare fosse stata effettuata oltre il termine di quaranta giorni previsto dalla legge. Secondo i giudici di merito, l’atto di contestazione, essendo un atto recettizio, avrebbe dovuto giungere a conoscenza del dipendente entro la scadenza, cosa che non era avvenuta.

La Questione della Contestazione Disciplinare e i Termini

L’ente pubblico ha presentato ricorso in Cassazione, basandosi su un unico motivo: l’errata interpretazione dell’art. 55-bis del d.lgs. 165/2001 da parte della Corte territoriale. Secondo la tesi dell’ente, la giurisprudenza consolidata ritiene sufficiente, per rispettare il termine, la semplice adozione dell’atto di contestazione, essendo la successiva comunicazione al dipendente un’attività distinta e non rilevante ai fini della decadenza.

L’Orientamento della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ente, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno riaffermato un principio già espresso in precedenti pronunce (tra cui Cass. n. 16900/2016 e Cass. n. 1164/2024).

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una precisa interpretazione della norma. Si afferma che il momento in cui la contestazione disciplinare è effettuata coincide con quello in cui l’amministrazione datrice esprime formalmente la propria valutazione sulla rilevanza disciplinare di un fatto e la consolida nell’atto di contestazione. La fase successiva, ovvero la comunicazione dell’atto al lavoratore, è considerata dalla legge come esterna al potere dell’Amministrazione di adottare la contestazione entro il termine previsto. In altre parole, il legislatore ha collocato la comunicazione al di fuori della fase sub-procedimentale che culmina, appunto, nella contestazione degli addebiti. Pertanto, per non incorrere in decadenza, è sufficiente che l’ufficio competente adotti e spedisca l’atto entro il termine di legge, senza che sia necessario che questo venga anche ricevuto dal destinatario entro lo stesso termine.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio a favore della certezza dei rapporti nel pubblico impiego. Stabilire che la tempestività della contestazione disciplinare si valuta sulla base della data di adozione dell’atto da parte dell’amministrazione semplifica la gestione dei procedimenti e chiarisce le responsabilità. La decisione implica che il rischio di ritardi nella notifica, non imputabili all’ente, non può invalidare un procedimento disciplinare correttamente avviato. La Corte d’Appello dovrà ora riesaminare il caso attenendosi a questo fondamentale principio di diritto.

Quando si considera tempestiva una contestazione disciplinare nel pubblico impiego?
Secondo la decisione in esame, la contestazione si considera tempestiva se l’atto viene adottato dall’amministrazione competente entro il termine previsto dalla legge, a prescindere dalla data in cui il dipendente ne viene effettivamente a conoscenza.

La contestazione disciplinare è un atto recettizio ai fini del rispetto dei termini?
No. Ai fini del rispetto del termine di decadenza per l’avvio del procedimento, la Corte di Cassazione ha chiarito che la contestazione disciplinare non va considerata un atto recettizio. Il momento determinante è quello dell’emissione dell’atto da parte del datore di lavoro.

Cosa succede se l’amministrazione invia la contestazione entro i termini ma il dipendente la riceve dopo la scadenza?
Il procedimento disciplinare è valido e correttamente avviato. Poiché il termine si riferisce all’adozione dell’atto di contestazione da parte dell’ente, un eventuale ritardo nella ricezione da parte del dipendente non inficia la tempestività dell’azione disciplinare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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