Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10751 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10751 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16863 -2020 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 982/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 15/10/2019 R.G.N. 405/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/03/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Oggetto
RISARCIMENTO PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 16863/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 06/03/2025
CC
–
–
–
con sentenza del 15 ottobre 2019, la Corte d’Appello di Catania, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, sulla domanda proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle maggiorazioni previste dal CCNL per il comparto Regioni e Autonomie locali del 14.9.2000 per l’orario ecc edente quello contrattuale dagli stessi svolto in quanto, assunti con contratti part time a 27 ore quali collaboratori professionali tecnici B3 erano stati impiegati dapprima per 28 ore e poi, una volta inseriti nel RAGIONE_SOCIALE de ll’RAGIONE_SOCIALE, per 36 ore, nonché il riconoscimento del diritto al consolidamento dell’orario di impiego a 36 ore, fermo l’accoglimento della domanda di pagamento delle maggiorazioni, rigettava la domanda di consolidamento dell’orario;
la decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto, una volta precisato l’esser passata in giudicato per difetto di impugnazione la statuizione relativa al pagamento delle maggiorazioni per le ore lavorate in eccedenza rispetto a quelle contrattuali, che gli istanti non avessero diritto al richiesto consolidamento dell’orario di effettivo impiego ulteriore rispetto a quello contrattuale per essere questo in contrasto con i principi previsti dalle vigenti disposizioni in materia di assunzioni e impiego dei lavoratori alle dipendenze della amministrazioni pubbliche ed in particolare con i limiti di spesa derivanti dal rispetto del patto di stabilità;
il giudice d’appello ha escluso che il diritto potesse essere fondato sull’art. 6, comma 7, del CCNL per il comparto Regioni e Autonomie locali del 14.9.2000, dato che tale disposizione contrasta con l’evoluzione del quadro normativo conseguente
–
–
–
–
all’entrata in vigore dell’art. 3 comma 101, l. n. 244/2007 (finanziaria del 2008), che subordina la trasformazione a tempo pieno del rapporto costituito a part time al rispetto delle modalità e dei limiti previsti dalle disposizioni in materia di assunzioni, e, ammettendo la modifica della durata oraria del rapporto per fatti concludenti in violazione di quelle modalità e limiti, deve considerarsi nulla per violazione di norma imperativa, data dall’art. 36 d.lgs. n. 165/2001, che, come non consente la conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato di rapporti di lavoro instaurati in violazione delle modalità e limiti delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni, così vieta la trasformazione a tempo pieno dei rapporti costituiti a tempo parziale al di fuori di quei medesimi limiti;
per la cassazione di tale decisione ricorrono tutti gli originari istanti, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE;
entrambe le parti hanno poi presentato memoria
CONSIDERATO CHE
con l’unico motivo il ricorso, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi 2 e 3, CCNL per il comparto Regioni e Autonomie Locali del 14.9.2000, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale per avere disatteso la previsione contrattuale che espressamente riconosce l’istituto del consolidamento dell’orario di lavoro, negando che l’applicazione dell’istituto possa configurare nuova assunzione soggetta ai vincoli a questa relativi;
il motivo si rivela infondato, atteso che la lettura sistematica della norma contrattuale operata dalla Corte territoriale appare correttamente basata sul rilievo per cui, se l’istituto del consolidamento dell’orario continuativamente svolto in difformità rispetto a quello convenuto nel costituire il rapporto
–
–
–
a part time può trovare piena applicazione nel lavoro privato, trattandosi di adeguare la volontà dichiarata in sede negoziale a quella effettiva riflessa nell’esecuzione in fatto del rapporto, nel rapporto alle dipendenze di amministrazioni pubbliche il contratto è il portato di un interesse pubblico in relazione al quale si legittima il ricorso all’assunzione, sicché l’esecuzione in fatto del rapporto secondo modalità difformi rispetto a quelle convenute in contratto concreta uno scostamento da quell’inte resse pubblico e, nel contempo, come nel caso di specie, l’attuazione di un diverso interesse che non ha avuto legittima espressione, risultando insuscettibile di sanatoria in fatto, quale sarebbe rappresentata dal consolidamento dell’orario, ciò traducendosi nell’aggiramento delle norme che impongono la corrispondenza dell’assunzione all’interesse pubblico cui in origine rispondono;
alle considerazioni che precedono, già assorbenti, si deve aggiungere che la clausola contrattuale che i ricorrenti invocano era stata emanata in forza della delega conferita dall’art. 3 comma 6 del d.lgs. n. 61/2000, che consentiva ai contratti collettivi di stabilire criteri e modalità per ‘il diritto al consolidamento nel proprio orario di lavoro, in tutto o in parte del lavoro supplementare svolto in via non meramente occasionale’ ma quel potere è venuto meno con il d.lgs. n. 276/2003 che ha abrogato il comma in questione;
il ricorso va dunque rigettato;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per
compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 6 marzo 2025