Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19747 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19747 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
Oggetto
Risarcimento pubblico impiego
R.G.N.
13041/2020 Cron. Rep. Ud. 04/06/2025 CC
ORDINANZA
sul ricorso 13041-2020 proposto da: MINISTERO pro , CONSERVATORIO RAGIONE_SOCIALE UMBERTO RAGIONE_SOCIALE in , rappresentati e
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE (già DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA), in persona del Ministro tempore persona del legale rappresentante pro tempore difesi ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– ricorrenti –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 154/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 30/01/2020 R.G.N. 1387/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
la C orte d’appello di Bari, in accoglimento del gravame proposto da NOME COGNOME ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale di Foggia nella parte in cui aveva rigettato la domanda di corresponsione del trattamento economico dovuto alla ricorrente, ex art. 2 della legge n. 476/1984, nel periodo di congedo straordinario per dottorato di ricerca (protrattosi dal 16 gennaio 2006 al 26 gennaio 2009);
la Corte barese, per quel che rileva in questa sede, ha precisato, in punto di fatto, che la Visciano era stata assunta a tempo determinato il 12 dicembre 2002 presso il Conservatorio di Musica ‘INDIRIZZO‘ di Foggia e in data 12 marzo 2003 era stata collocata in congedo straordinario per fruire di un periodo di perfezionamento all’estero coperto da borsa di studio ; il 16 gennaio 2006 era stata collocata in congedo straordinario senza retribuzione per dottorato di ricerca e il 1° novembre 2006 era stata assunta con contratto a tempo indeterminato dal Conservatorio che aveva disposto (in data 30 novembre 2006) il proseguimento del periodo di congedo in corso;
indi, rientrata in servizio il 26 gennaio 2009, la lavoratrice (dal 15 novembre 2009) aveva preso servizio presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce in qualità di direttrice di ragioneria;
quanto al diritto dell’appellante a percepire il trattamento retributivo nel periodo di dottorato, la Corte distrettuale si è limitata
a rilevare che l’appellante non si era affatto dimessa nei due anni successivi alla conclusione del dottorato, in data 26 gennaio 2009, perché aveva fruito di un periodo di aspettativa: infatti, solo il 3 settembre 2015 si era dimessa dopo essere stata assunta a tempo indeterminato dall’Accademia delle Belle Arti;
quanto, poi, all ‘ eccezione di prescrizione la Corte di merito l’ha ritenuta infondata perché si discuteva qui solo delle somme dovute nel periodo 16 gennaio 2006/26 gennaio 2009 e l’eccezione era relativa alle «somme pretese a titolo retributivo relative al quinquennio antecedente il 15 novembre 2008»;
il ricorso del MIUR e del Conservatorio di Musica chiede la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, resistiti con controricorso di NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c.; l’amministrazione premette che l’eccezione d prescrizione, sollevata in primo grado, era stata riproposta in appello e non occorreva proporre impugnazione incidentale perché il Tribunale aveva integralmente respinto le pretese retributive; aggiunge che l’eccezione era sicuramente fondata perché il primo atto interruttivo risaliva al 15 novembre 2013;
1.1 il motivo è fondato per le ragioni di cui si dirà;
1.1.1 occorre premettere che il rilievo del l’amministrazione sull’ammissibilità dell’eccezione di prescrizione, perché ritualmente introdotta in primo grado senza che si statuisse sul punto, avendo il Tribunale rigettato direttamente nel merito l ‘avversa domanda, donde la rituale riproposizione in appello dell’eccezione ex art. 346 c.p.c., non è dirimente, posto che la Corte distrettuale si è pronunciata sul merito della
domanda dopo avere espressamente respinto anche l’eccezione di prescrizione, sicché, ove la controricorrente avesse voluto far valere nel giudizio di legittimità l’irritual e introduzione in appello di quell’eccezione e, conseguentemente, il giudicato interno in punto di prescrizione (cfr. p. 6-7, ult. cpv., del controricorso secondo cui «il Tribunale di Foggia aveva rigettato apertis verbis l’eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero» e non aveva accolto la domanda della resistente « sull’erroneo presupposto della mancata permanenza nella pubblica amministrazione nel biennio successivo al conseguimento del dottorato») -, avrebbe dovuto necessariamente proporre, in questa sede, ricorso incidentale condizionato;
1.1.2 ciò detto, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del (primo) motivo di ricorso, come formulata dalla controricorrente, perché l’eccezione di giudicato interno, prescindendo dal fatto che viene qui introdotta senza il rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366, n. 6), e 369, n. 4), c.p.c. (cfr. Cass. n. 10890/2023, Cass. n. 9769/2023, Cass. Sez. Un. n. 32673/2021, Cass. n. 23711/2021) , avrebbe comunque richiesto l’espressa formulazione di un motivo di ricorso incidentale condizionato, tanto in ossequio all’orientamento secondo cui «la parte totalmente vittoriosa in appello (o nell’unico grado di merito) è legittimata a proporre ricorso incidentale nella ipotesi in cui intenda riproporre in cassazione l’eccezione del giudicato interno, mentre in tutti gli altri casi è priva di interesse processuale al ricorso» (Cass., Sez. L, n. 12027 del 7/5/2025; Cass., Sez. L, n. 5466 del 1/3/2025; Cass., Sez. L, n. 8003 del 4/4/2014; Cass., Sez. 3-, n. 4954 del 21/5/1999; vedi altresì: Cass., Sez. 1-, n. 23271 del 31/10/2014; Cass., Sez. 6-2, n. 7523 del 14/4/2015; Cass., Sez. L, n. 23531 del 18/11/2016);
1.1.3 tanto premesso, il primo motivo di ricorso è fondato, atteso che la Corte barese ha ritenuto (invero) infondata l’eccezione di prescrizione sulla base dell’assunto , erroneo, che si controverteva solo delle somme dovute «nel periodo 16 gennaio 2006/26 gennaio 2009», mentre, invece, l’eccezione di prescrizione si riferiva alle «somme pretese a titolo retributivo per il quinquennio antecedente il 15.11.2008» (così testualmente a p. 6 della sentenza impugnata);
trattasi di motivazione palesemente incongrua e in conflitto con i principi regolatori della materia della prescrizione: a fronte del primo atto interruttivo del 15/11/2013, che supportava la rivendicazione economica della lavoratrice per il quinquennio immediatamente antecedente, restava nondimeno da apprezzare l’operatività della prescrizione p er il periodo anteriore al 15/11/2008, dovendosene valutare la fondatezza a far tempo da tale data e per il lasso temporale precedente e sino al 16/1/2006 (dì d’ inizio del dottorato di ricerca);
in tali sensi la pronuncia impugnata, che non si sottrae alle critiche dell’amministrazione, va in parte qua cassata;
con la seconda censura si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 476/1984 , come modificato dalla legge n. 448/2001, sotto tre diversi profili: in particolare, il ricorrente assume che:
per il periodo antecedente al 1° novembre 2006, ossia alla conclusione del contratto a tempo indeterminato con il Conservatorio, il diritto non poteva essere riconosciuto trattandosi di beneficio riservato, ex art. 2 legge cit., ai soli assunti a tempo indeterminato;
ii) la lavoratrice aveva espressamente rinunciato al trattamento economico allorquando aveva richiesto di voler perseguire il periodo di congedo straordinario per dottorato;
iii) la cessazione dal servizio presso il Conservatorio di Musica si era verificata nel momento in cui la Visciano aveva preso servizio presso l’Accademia di Belle Arti perché la norma in esame ( id est , art. 2 l. 476/1984) va interpretata facendo riferimento all’attività lavorativa in quel momento prestata dal dipendente;
2.1. il motivo, nelle sue diverse articolazioni, va disatteso;
2.1.1 le prime due questioni sono del tutto nuove e, come tali, inammissibili in quanto alle stesse non fa alcun cenno la sentenza impugnata e l’amministrazione non allega né prova di averle ritualmente sottoposte al giudice del merito;
entrambe implicano un giudizio (anche) di fatto -sulla natura del rapporto e sulla durata dello stesso, la prima; sulla rinuncia alla retribuzione , la seconda e ciò rende applicabile l’orientamento consolidato espresso da questa Corte sull ‘ inammissibilità delle questioni miste (diritto coniugato a fatto) che non divengono ammissibili solo perché la pronuncia fa riferimento a dati di fatto che consentirebbero di risolvere la questione medesima nel giudizio di legittimità (cfr. Cass. SU n. 26603/2024);
in particolare, con riguardo alla prima questione, se è vero che la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio secondo cui « l ‘aspettativa retribuita in caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca, prevista dall’art. 2 della l. n. 476 del 1984, come modificato dall’art. 52, comma 57, della l. n. 448 del 2001, è riservata dal legislatore al rapporto a tempo indeterminato, come si desume dal riferimento alla prosecuzione del rapporto, per un periodo minimo di durata, dopo il conseguimento del dottorato», ha tuttavia precisato che tale esegesi «non contrasta con il principio di non discriminazione
sancito dalla clausola 4 dell’accordo quadro allegata alla direttiva 1999/70/CE nel caso in cui non vi sia compatibilità fra la condizione risolutiva prevista dallo stesso art. 2, giustificata da una legittima finalità, e la durata del contratto a termine, tale da non consentire, dopo il conseguimento del dottorato, la prosecuzione almeno biennale del rapporto» (Cass., Sez. L, n. 3096 del 08/02/2018), imponendo dunque al giudice del merito un accertamento di fatto legato all’esigenza di svolgere tale imprescindibile verifica;
2.1.2 la terza questione indicata sub iii) non è fondata, oltre che per le ragioni indicate dalla C orte territoriale, per l’assorbente rilievo che la controricorrente ha continuato a prestare servizio nell’ambito della pubblica amministrazione e del comparto AFAM: questa Corte ha chiarito, infatti, che quando si parla di dimissioni si fa riferimento a una qualunque amministrazione e non solo a quella dove il dipendente presta servizio;
trattasi di principio di diritto espresso da Cass., Sez. L, Ordinanza n. 1066 del 10/01/2024, la cui massima è di seguito riportata:
« Il dipendente pubblico ammesso a frequentare corsi di dottorato di ricerca, che non fruisca di borsa di studio o rinunci alla stessa, non è tenuto alla restituzione delle somme percepite nell’ipotesi di dimissioni dall’amministrazione pubblica di provenien za nei due anni successivi al conseguimento del dottorato, poiché la modifica apportata dall’art. 5, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 119 del 2011 all’art. 2, comma 1, della l. n. 476 del 1984 con cui è stabilita la ripetizione di dette somme ove cessi il rapporto di lavoro o di impiego con ‘qualsiasi’ amministrazione pubblica -assume valenza
esplicativa di un significato già insito nella norma originaria, ratione temporis applicabile, la quale, deponendo nel senso che l’obbligo di restituzione era ricondotto all’ipotesi di dimissioni dall’amministrazione tout court, senza alcuna precisazione, evidenziava la voluntas legis di ‘trattenere’ nel settore pubblico risorse qualificate, anche se in amministrazione differente da quella originaria, con l’effetto di collegare l’obbligo di restituzione solo all’ipotesi in cui l’interessato intendesse ‘disperdere’ l’investimento pubblico passando al settore privato »;
in conclusione, alla stregua delle suesposte considerazioni, va accolto il primo motivo e rigettato il secondo;
ne consegue che l’impugnata sentenza dev’essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese, alla C orte d’appello di Bari in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, Sezione Lavoro, il 4/6/2025.
La Presidente NOME COGNOME