Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4797 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L   Num. 4797  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
SENTENZA
sul ricorso 12719-2024 proposto da:
COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliato  in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio PALMA – COGNOME DE VINCENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE;
– intimata – avverso la sentenza n. 882/2024 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/03/2024 R.G.N. 2154/2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/01/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso;
udito l’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO
Oggetto
LICENZIAMENTO DIMISSIONI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 12719/2024
COGNOME.
Rep.
Ud. 21/01/2025
PU
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che, con sentenza del 18 marzo 2024, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di Roma Capitale avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogato all’istante, istruttore di polizia municipale presso Roma Capitale, in relazione alle condotte accertate e penalmente sanzionate poste in essere ai danni della ex compagna, concretatesi in plurimi atti persecutori, consistiti in minacce gravi e reiterate molestie, causandole, in tal modo, uno stato di ansia, paura e preoccupazione con modificazioni della condotta di vita;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto – diversamente dal primo giudice, che aveva escluso, in ragione dell’attinenza dei reati ascritti ad una sfera strettamente personale privatistica, ogni riflesso, anche solo potenziale, sulla sfera lavorativa e di conseguenza l’idoneità dei reati stessi a compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario con l’Amministrazione che quell’idoneità lesiva del vincolo fiduciario, era stata dal datore di lavoro congruamente allegata con la specifica deduzione del fatto in sé, essendo il comportamento extralavorativo dell’istante, per la sua intrinseca ed elevata antisocialità, tale da indurre un riflesso, anche solo potenziale, ma oggettivo sulla funzionalità del rapporto;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando  l’impugnazione  a  due  motivi,  in  relazione  alla quale  Roma  Capitale,  pur  intimata,  non  ha  svolto  alcuna difesa;
CONSIDERATO
che,  con  il  primo  motivo,  il  ricorrente,  nel  denunciare  la violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 c.c. e 58 e 59 (ora 72) CCNL per il comparto RAGIONE_SOCIALE, imputa
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alla Corte territoriale l’erroneo apprezzamento della gravità della condotta anche sotto il profilo dell’insussistenza di danni e disservizi in capo all’Amministrazione e dell’assenza di precedenti disciplinari a carico del ricorrente, errore tale da inficiare il giudizio sulla proporzionalità della sanzione; che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. il ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l’erroneità della pronunzia circa la ricorrenza nella specie della giusta causa di recesso per l’inidonei tà delle condotte addebitate a compromettere irrimediabilmente il vincolo fiduciario con l’Amministrazione;
che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili, risolvendosi le censure sollevate dal ricorrente nella mera confutazione dell’apprezzamento operato dalla Corte territor iale circa l’incidenza sul rapporto di lavoro del comportamento extralavorativo imputato al ricorrente e la conseguente ricorrenza nella specie della giusta causa di recesso, apprezzamento plausibilmente fondato sull’intrinseca gravità delle condotte medes ime e sulla loro particolare riprovevolezza che ne ha giustificato la rilevanza penale quale reato-sentinella a prevenzione di ben più gravi epiloghi ed altresì correttamente formulato in rapporto alla specifica posizione lavorativa del ricorrente chiamato ad operare a presidio degli interessi dell’intera collettività;
che  il  ricorso  va  dunque  dichiarato  inammissibile,  senza attribuzione delle spese per essere Roma Capitale rimasta intimata;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del  ricorrente  principale,  dell’ulteriore  importo  a titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello  previsto  per  il ricorso principale a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 21 gennaio