Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29809 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29809 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30711-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2402/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/06/2021 R.G.N. 2387/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 10/09/2025
CC
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza in atti, in riforma della gravata sentenza appellata da RAGIONE_SOCIALE ha rigettato le domande formulate da RAGIONE_SOCIALE con il ricorso ex art. 28 l. 300/70 per ottenere la dichiarazione di antisindacalità della condotta posta in essere dalla società in relazione alla sottoscrizione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE conciliativi da parte RAGIONE_SOCIALE iscritti allo RAGIONE_SOCIALE presso la sede romana e laziale di RAGIONE_SOCIALE alla quale RAGIONE_SOCIALE era associata, in quanto sarebbe stata negata da RAGIONE_SOCIALE ai lavoratori iscritti allo RAGIONE_SOCIALE l’assistenza da parte del loro sindacato, avendo RAGIONE_SOCIALE chiesto ai lavoratori interessati di scegliere altra organizzazione sindacale, ovvero accettare quella presentata dall’azienda.
A fondamento della decisione, la Corte d’appello ha affermato che l’esclusione dei rappresentanti RAGIONE_SOCIALE dall’assistenza ai propri iscritti nelle conciliazioni riguardasse due soli sedi territoriali di RAGIONE_SOCIALE, quella di RAGIONE_SOCIALE e Torino; mentre in altre sedi (ad es.Milano ) non sarebbe stata negata l’assistenza di un rappresentante RAGIONE_SOCIALE nella sottoscrizione del verbale di conciliazione.
La stessa RAGIONE_SOCIALE si era adoperata affinché due lavoratori ricevessero in sede conciliativa l’assistenza dei rappresentanti RAGIONE_SOCIALE presso altre sedi di RAGIONE_SOCIALE. Ciò non è stato fatto invece con altri lavoratori che non hanno chiesto le motivazioni del diniego all’assistenza dello RAGIONE_SOCIALE e hanno accettato di farsi rappresentare da altro sindacato, ritenendo l’assistenza sindacale dello RAGIONE_SOCIALE non così necessaria.
La condotta antisindacale posta in essere da RAGIONE_SOCIALE e gli ostacoli frapposti dalla società all’assistenza dello RAGIONE_SOCIALE in sede di conciliazione consisterebbero nel non avere imposto alla sede di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di riconoscere RAGIONE_SOCIALE come controparte contrattuale per la sottoscrizione dei verbali di
conciliazione. Ma la tutela delle libertà e delle prerogative sindacali di cui all’art. 28 legge n. 300/70 non può spingersi fino ad imporre al datore di lavoro di fare pressioni sulla propria associazione di categoria nell’ambito di un conflitto sindacale, imponendogli di riconoscere come controparte lo RAGIONE_SOCIALE. Né la questione poteva essere risolta spostando il luogo di sottoscrizione dei verbali, atteso che il rappresentante di RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stato disposto a rappresentare la società in conciliazioni con l’assistenza di RAGIONE_SOCIALE in qualunque altra sede, tanto è che nei due casi documentati in atti la sottoscrizione poi è avvenuta a Milano, con l’assistenza, per parte datoriale, di RAGIONE_SOCIALE.
La Corte ha concluso pertanto che il rifiuto di sottoscrivere le conciliazioni con l’assistenza di rappresentanti RAGIONE_SOCIALE provenisse da RAGIONE_SOCIALE e non da RAGIONE_SOCIALE, e non fosse perciò ravvisabile alcuna condotta datoriale diretta a porre ostacoli all’assistenza sindacale dello RAGIONE_SOCIALE nell’ambito delle conciliazioni sindacali .
La Corte disponeva infine la compensazione integrale delle spese processuali per le peculiarità del caso concreto e la sussistenza di un conflitto politico sindacale tra le contrapposte organizzazioni di categoria che aveva inciso ampiamente sulla vicenda.
Avverso la sentenza ha proposto il ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE con due motivi ai quali ha resistito con contro ricorso RAGIONE_SOCIALE
Le parti hanno depositate memorie. Il Collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni della decisione.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 28 legge 300/70 e RAGIONE_SOCIALE articoli 1218, 1437, 2043, 2046, 2049 e 2055 c.c., per avere la Corte di appello escluso che la condotta lesiva dei diritti sindacali, in quanto decisa dall’RAGIONE_SOCIALE, fosse imputabile anche a RAGIONE_SOCIALE che l’aveva attuata (art. 360, n. 3 c.p.c.)
2.- Con il secondo motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE art. 1326, 1965 e 2113 c.c., 410 e seguenti c.p.c., art. 31, legge 183 del 2012, per aver la Corte di appello ritenuto che parte del contratto di transazione fosse, anziché RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE, e che pertanto il rifiuto di questa di riconoscere RAGIONE_SOCIALE impedisse le transazioni (art. 360, n. 3 c.p.c.).
3.- I motivi di ricorso, da affrontare unitariamente per la connessione delle censure, sono fondati.
4.- Per la giurisprudenza unanime di questa Corte ai fini della qualificazione della condotta sindacale è sufficiente il solo elemento oggettivo costituito dall’attitudine anche solo potenziale del comportamento datoriale a ledere gli interessi tutelati, essendo dunque sufficiente che sussista l’oggettiva idoneità alla lesione RAGIONE_SOCIALE interessi collettivi coinvolti, a nulla rilevando la presenza di dolo o colpa in capo al datore di lavoro, ovvero la consapevolezza dello stesso di ledere il bene collettivo protetto (Cass. 9250/2007, Cass. 13726/2014); l’esigenza di una tutela della libertà sindacale può sorgere infatti anche in relazione ad un’errata valutazione del datore di lavoro circa la portata della sua condotta; ed anche per effetto dell’adesione del datore ad una determinata associazione di categoria come effetto di un vincolo associativo.
5.- Quello che l’ordinamento vieta con l’art.28 l. 300/70 è che attraverso una qualsiasi condotta datoriale si possa produrre
l’effetto della lesione del diritto alla attività ed alla libertà sindacale ed al diritto di sciopero.
Pertanto, alla luce di tale disposto normativo, a nulla può rilevare che il datore agisca in attuazione di una volontà proveniente dalla propria associazione di categoria.
6.- Il fatto che l ‘ esclusione dei rappresentanti sindacali RAGIONE_SOCIALE dalla sede conciliativa fosse la conseguenza di un conflitto tra due associazioni collettive non vale a escludere che il sindacato abbia subito un comportamento oggettivamente lesivo della propria libertà ed attività sindacale da parte di RAGIONE_SOCIALE che non ha concluso gli RAGIONE_SOCIALE conciliativi con gli iscritti RAGIONE_SOCIALE, essendo pacifico che i medesimi lavoratori non abbiano potuto avvalersi dell’assistenza dello stesso sindacato e sono stati invitati a rivolgersi ad altro sindacato; tanto che hanno dovuto in concreto cambiare sindacato per poter addivenire alla sottoscrizione della conciliazione.
7.- Peraltro, la mancata sottoscrizione da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di esodo collettivo, che si poneva a monte della conciliazione in oggetto, non poteva costituire una legittima ragione per escludere la libera esplicazione dell’a zione dello stesso sindacato attraverso l’assistenza dei propri scritti in relazione ad una diversa e successiva manifestazione della medesima attività.
8.La tesi della datrice di lavoro, condivisa dalla corte territoriale, secondo l’esclusione è dipesa dal volere della propria associazione di categoria non appare giuridicamente sostenibile: il solo vincolo associativo non vale certo a certo costituire un esimente idonea a rendere lecita una condotta lesiva dell’attività sindacale e ad escludere la oggettiva illegittimità e antisindacalità della stessa condotta.
9.- Non v’è dubbio, pertanto che RAGIONE_SOCIALE abbia per lo meno concorso nella condotta antisindacale oggettivamente subita da RAGIONE_SOCIALE senza che possa essere esonerata dalla propria responsabilità per aver attuato una decisione della associazione di categoria dal contenuto discriminatorio.
10.D’altra parte, RAGIONE_SOCIALE per tutelare il proprio diritto all’attività sindacale avrebbe potuto agire con l’art. 28 solo nei confronti del datore di lavoro, unico legittimato passivo all’azione in oggetto anche quando sia considerato mero esecutore di una volontà associativa.
11.- La Corte d’appello ha inoltre svalutato il comportamento sindacale di RAGIONE_SOCIALE ed ha ragionato erroneamente come se la condotta antisindacale posta in essere da RAGIONE_SOCIALE e gli ostacoli frapposti dalla società all’assistenza dello RAGIONE_SOCIALE in sede di conciliazione sarebbero consistiti nel non avere imposto alla sede di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALEdi riconoscere RAGIONE_SOCIALE come controparte contrattuale per la sottoscrizione dei verbali di conciliazione’; ha infatti pure affermato che non si può costringere il datore di lavoro a fare pressione sulla propria organizzazione “imponendogli di riconoscere come controparte RAGIONE_SOCIALE“; ed ha altresì affermato che non valeva cercare altre sedi ove formalizzare gli RAGIONE_SOCIALE transattivi “atteso che il rappresentante di RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stato disposto a rappresentare la società in conciliazione con l’assistenza di RAGIONE_SOCIALE in qualunque altra sede”.
12.- Si tratta di argomenti che non scalfiscono la responsabilità della datrice di lavoro sol che si consideri che parte del contratto di transazione e della conciliazione avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di lavoro e l’accesso all’isopensione erano solamente i titolari del contratto individuale, vale a dire il datore di lavoro ed il lavoratore; per contro, i sindacati in questa
operazione non avevano la veste di parti contrattuali, non rappresentavano l’iscritto e non dovevano contrattare tra di loro, ma avevano soltanto il compito di mera assistenza delle parti nella trattativa; tant’è che alcuni lavoratori iscritti a RAGIONE_SOCIALE hanno concluso la loro conciliazione con la sottoscrizione attraverso l’assistenza di sindacati a cui non erano iscritti, con piena validità della medesima conciliazione.
13.- Sulla scorta di quanto fin qui osservato, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rimessa al giudice del merito, indicato in dispositivo, per ogni valutazione conseguente.
14.- Il giudice del rinvio procederà altresì alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione.
15.- Non sussistono i presupposti previsti dalla legge per il raddoppio del c.u.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella Adunanza camerale del 10.9.2025
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME