Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28790 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28790 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1791-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COMUNICAZIONE, RAGIONE_SOCIALE, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrenti –
nonchè contro
UNI – RAGIONE_SOCIALE;
Oggetto
Condotta antisindacale
R.G.N. 1791/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2025
CC
– intimata –
avverso la sentenza n. 252/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 20/07/2020 R.G.N. 573/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME .
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Firenze, in parziale accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale di Lucca n. 75/2019, e in riforma di detta sentenza, così provvede va: ‘dichiara antisindacale il comportamento tenuto da NOME NOME consistito nel condizionare la convocazione della DSN prevista dall’art. 8, comma 2, d.lgs. 113/2012, alle modalità inadeguate dell’uso esclusivo della lingua inglese senza servizio di interp retariato; per l’effetto dichiara costituito automaticamente il CAE ai sensi dell’art. 16, comma 1 D.Lvo 113/2012, a decorrere dal termine del semestre successivo dalla data di pervenuta seconda richiesta da parte delle OOSS ed ordina a RAGIONE_SOCIALE di convocare detto CAE nei modi e nei termini di cui all’art. 16, comma 12, d.lgs. 113/12, salvo diverso accordo che intervenisse tra le parti. Compensa per metà tra le parti le spese del doppio grado di giudizio, liquidate, per l’intero, in €. 12.149,00 (di cui €. 5.534,00 per il primo grado ed €. 6.615,00 per il presente), oltre rimborso spese generali, CPA ed IVA come per legge. Ordina alla appellata società di affiggere copia della presente pronuncia per trenta giorni in luogo accessibile a tutti presso i siti di lavoro italiani ed esteri con traduzione nella relativa lingua nazionale’.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva: I) che le sigle sindacali suddette avevano agito in
via ordinaria (e non secondo la procedura prevista dall’art. 28 l. n. 300/1970) contro la RAGIONE_SOCIALE -azienda che opera in Italia ed in altri undici Paesi europei per la produzione di carta -per far dichiarare l’antisindacalità del comportamento tenu to dalla società che aveva preteso che gli incontri che si sarebbero dovuti tenere tra la RAGIONE_SOCIALE (delegazione speciale di negoziazione) e l’azienda al fine di trovare l’accordo per la costituzione ed il funzionamento del RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) previsto dal d.lgs. n. 113/2012 in esecuzione della direttiva eurounitaria n. 2009/38, fossero tenuti con il sistema della videoconferenza ed in lingua inglese, quindi precludendo l’incontro fisico tra i delegati sindacali e rendendo oltremodo difficile il confronto, impedendo l’uso della lingua madre da parte del delegato con l’ausilio di interpreti; II) che in sede di discussione orale la difesa delle ricorrenti aveva modificato le sue conclusioni sulla domanda sub b); III) che il Tribunale aveva respinto il ricorso ritenendo che le modalità di incontro proposte dall’azienda fossero adeguate sebbene diverse da quelle tradizionali, in presenza, risultando in definitiva consentita da parte dell’azienda, per come riconosciuto nella memoria di costituzione, anche l’utilizzazione di interpreti presso ciascun delegato; IV) quali fossero le richieste ed i motivi d’appello formulati dalle sigle sindacali.
Tanto premesso, la Corte dava conto dell’oggetto della controversia e del quadro normativo di riferimento e delle preliminari questioni processuali, e riteneva da respingere il primo motivo d’impugnazione articolato dalle appellanti, con il quale si lam entava l’omessa pronuncia sull’intervenuta scadenza del termine triennale di cui all’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 113/2012.
Giudicava infondato anche il secondo motivo d’appello, con il quale ci si doleva della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che, nella fase antecedente la costituzione del CAE, l’impresa dovesse fornire ‘mezzi adeguati’, senza misur are l’adeguatezza con riferimento ai parametri di cui all’art. 16, comma 12, d.lgs. cit.
La Corte, invece, riteneva fondato il terzo motivo d’impugnazione che aveva riguardo alla valutazione fatta dal Tribunale sull’adeguatezza in concreto della proposta unilaterale RAGIONE_SOCIALE.
5.1. Secondo la stessa, la modalità di riunione ‘da remoto’ attraverso video conferenza doveva senz’altro ritenersi proposta ‘adeguata’, perché del tutto coerente alla ineludibile modernizzazione delle relazioni (ne offriva conferma attuale, per nozione di comune esperienza, il necessitato sviluppo delle piattaforme di comunicazione informatica utilizzate nel non ancora cessato stato di pandemia da COVID 19), senza perciò che una apodittica preclusione da parte dei sindacati potesse giustificarsi, soprattutto laddove, come nella specie, mantenuta anche nel corso del giudizio in assenza di una previa verifica della effettiva funzionalità dello strumento informatico fornito dall’impresa.
5.2. Per converso, altrettanto non poteva dirsi per la pretesa datoriale di utilizzazione della sola lingua inglese da parte di tutti i componenti della DSN, all’evidenza certamente limitativa delle potenzialità di scambio da parte dei rappresentanti delle sigle sindacali, soprattutto se si teneva presente la disparata provenienza nazionale dei componenti, il loro possibile diverso grado di formazione culturale e sociale e
soprattutto la patente diversa dimestichezza dell’uso della lingua inglese rispetto alla controparte datoriale ad operare tramite i suoi rappresentanti con tale strumento linguistico anche per il solo fatto di operare a livello internazionale.
Avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi e successiva memoria.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE resistono con unico controricorso e successiva memoria; mentre la UNI-RAGIONE_SOCIALE è rimasta mera intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘Vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 112 cod. proc. civ., dell’art. 28 Statuto dei lavoratori (l. n. 300/1970) e dell’art. 8, comma 8, d.lgs. n. 113/2012, nonché omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 cod. proc. civ., perché la sentenza impugnata ha omesso di rilevare che in tema di offerta di interpretariato era cessata la materia del contendere e non sussisteva un interesse attuale alla relativa pronuncia di antisindacalità’.
Con il secondo motivo, subordinatamente al rigetto del primo motivo, denuncia ‘Vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 28 Statuto dei lavoratori (l. n. 300/1970) e dell’art. 8, comma 8, d.lgs. n. 113/2012, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere il Giudice di appello ritenuto non adeguata, e pertanto antisindacale, la proposta del datore
di effettuare i lavori della DSN in lingua inglese garantendo, ove necessario, dei corsi di lingua a coloro che ne avessero bisogno’.
Con il terzo motivo denuncia ‘Vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 113/2012, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la sentenza dichiarato costituito il CAE in assenza di un rifiuto dato riale del negoziato’
Con il quarto motivo, definito ‘condizionato’, denuncia ‘Vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 16, comma 12, d.lgs. n. 113/2012, in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ., laddove la sentenza impugnata possa essere interpretata nel senso di imporre il funzionamento del CAE con il solo incontro fisico’.
Con il quinto motivo deduce ‘Omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., in riferimento alla mancata pronuncia sulla richiesta della NOME di rinvio pregiudiziale’.
Il primo motivo è inammissibile.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che, attraverso la mescolanza e la sovrapposizione di ragioni tra loro eterogenee, prospetti relativamente alla medesima questione motivi di censura tra di loro incompatibili come avviene per i motivi di ricorso di cui ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., il primo dei quali presuppone la non contestazione della ricostruzione fattuale mentre il secondo contesta proprio tale ricostruzione sulla base della non completa istruzione probatoria (così, ex plurimis , Cass. n. 1859/2021; n. 14634/2020; n. 10212/2020).
Difatti, in seno al medesimo motivo di ricorso non possono coesistere censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità, così che non risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure (Cass. n. 12625/2020).
Ebbene, nel motivo in esame la ricorrente, in ordine alla medesima questione, si riferisce, nel contempo, sia al mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c. che a quello di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c.
Rileva comunque il Collegio che la Corte territoriale, nel giudicare fondato il terzo motivo d’appello delle organizzazioni sindacali, ha riscontrato nella ‘pretesa datoriale di utilizzazione della sola lingua inglese da parte di tutti i componenti dell a DSN’ ‘una vera e propria ‘menomazione’ che sicuramente non si sarebbe data assicurando lo strumento del servizio di interpretariato, sul quale parimenti hanno sin da subito insistito le sigle sindacali e che invece solo nel costituirsi nel giudizio di primo grado la società ha inteso dichiararsi disponibile a consentire’.
9.1. Contrariamente, quindi, a quanto dedotto dalla ricorrente, non era affatto cessata la materia del contendere e le organizzazioni sindacali ricorrenti serbavano interesse concreto, attuale e giuridicamente apprezzabile a sentir accertato il suddetto inadempimento pregresso della controparte per le conseguenze giuridiche ancora attuali che la Corte distrettuale ha poi tratto dallo stesso, a fronte della posizione di contestazione assunta anche in secondo grado
(come tuttora) dalla società sia su tale proprio inadempimento che sulle sue conseguenze.
Il secondo motivo è infondato.
La Corte di merito, nel giungere alle conclusioni premesse in narrativa, ha considerato:
.
Come si è ora visto nell’esaminare il primo motivo di ricorso, la stessa Corte ha ritenuto che detto vulnus delle prerogative sindacali non si sarebbe verificato se fosse stato assicurato ‘lo strumento del servizio di portierato’, ma che una disponibilità in tal senso era stata dichiarata dalla società soltanto nel costituirsi in primo grado.
Tali considerazioni sono condivisibili sul piano giuridico in relazione alla specifica disciplina applicabile.
L’art. 8 d.lgs. n. 113/2012 (decreto recante ‘Attuazione della direttiva 2009/38/CE, riguardante l’istituzione di un comitato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie’), sotto la rubrica ‘Compiti della delegazione speciale di negoziazione’ (in sigla DSN), al comma 3, prevede che: ‘Prima e a seguito di ogni riunione con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la delegazione speciale di negoziazione può riunirsi senza la presenza dei rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, utilizzando qualsiasi mezzo necessario per comunicare’.
1 3. Il seguente comma 8 dello stesso art. 8 recita: ‘Le spese relative ai negoziati di cui ai commi 1 e 2 sono sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in modo da consentire alla delegazione speciale di negoziazione di espletare adeguatamente il proprio mandato e comunque in misura e termini non superiori a quanto disposto dall’articolo 16, comma 12, salvo diverso accordo tra le parti’.
A sua volta, il successivo art. 9 del d.lgs. cit., sia pure ai fini del ‘Contenuto dell’accordo’ ivi disciplinato, al comma 2, lett. e), tra ‘le risorse finanziarie e materiali da attribuire al RAGIONE_SOCIALE‘ comprende ‘le spese di un adeguato servizio di interpretariato’, come ribadito nell’art. 16, comma 12, dello stesso decreto.
Quindi, rispetto a tale disciplina precipua, di ascendenza e vocazione dichiaratamente transnazionale e, specificamente, eurounitaria (essendo intesa ‘a migliorare il diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei grup pi di imprese di dimensioni comunitarie’: cfr. art. 1, comma 1, primo periodo, d.lgs. n. 113/2012), correttamente la Corte territoriale ha escluso l’adeguatezza della ‘dichiarata disponibilità RAGIONE_SOCIALE a fornire gli strumenti didattici per l’apprendimento della lingua inglese’.
In primo luogo, sia la direttiva 2009/38/CE che il d.lgs. che ha dato attuazione in Italia alla stessa direttiva non contemplano una o più lingue da dover utilizzare per i negoziati in questione e, men che meno, rimettono alla scelta dell’impresa l’individ uazione di una lingua per giunta unica (nella specie, l’inglese) anzitutto per tali negoziati.
In secondo luogo, la stessa normativa neanche prevede allo scopo ‘gli strumenti didattici per l’apprendimento della lingua inglese’ in capo ai componenti della DSN, sia pure con costi a carico dell’azienda; del resto, questa soluzione all’evidenza non sarebbe idonea ad assicurare in tempi ragionevoli e con esiti sicuri che la DSN (i cui membri possono provenire da Stati diversi dell’UE e quindi essere ‘parlanti’ in diverse lingue: cfr. art. 7, comma 1, d.lgs. n. 113/2012) possa ‘espletare adeguatamente il p roprio mandato’.
In terzo luogo, la normativa sin qui sinteticamente considerata fa, invece, reiterato ed esplicito riferimento ai servizi di ‘interpretariato’, che intuitivamente sono in grado di garantire che ognuno dei membri della DSN e, poi, di quelli del CAE, durante le rispettive riunioni, anche in tutto o in parte ‘da remoto’, possa subito esprimersi in una lingua a lui conosciuta (‘lingua madre’ o meno) ed essere compreso ‘in tempo reale’ da ognuno degli altri componenti; garanzia ‘comunicativa’, questa, di altrettanto intuitiva quanto essenziale rilevanza in un contesto normativo che ha per precipuo obiettivo quello di ‘migliorare il diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie’.
Parimenti infondato è il terzo motivo.
La Corte d’appello, dopo aver reputato oggettivamente antisindacale la condotta tenuta da NOME nei termini avanti spiegati, ha considerato:
‘Resta a questo punto da individuare quale sia la conseguenza, cioè se essa possa intendersi, come pretendono gli appellanti, parificata al rifiuto RAGIONE_SOCIALE di convocazione della DSN oppure se debba tenersi conto del fatto che anche la controparte sindacale è comunque rimasta ferma sulla propria originaria posizione intransigente ed intransigibile, con la conseguenza oggettiva del mancato raggiungimento di un accordo non colpevolmente imputabile all’impresa.
La questione è rilevante perché solo nel primo caso si realizzerebbe la fattispecie prevista dall’art. 16 (costituzione CAE automatica dopo sei mesi dal rifiuto RAGIONE_SOCIALE).
Ritiene questa Corte che l’oggettiva antisindacalità della posizione assunta dall’impresa non consenta una soluzione diversa dalla prima, in ragione della responsabilità che la direttiva eurounitaria, come già sopra ricordato, impone sull’impresa nella rea lizzazione delle condizioni e degli strumenti necessari all’istituzione del comitato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La patente illegittimità della pretesa RAGIONE_SOCIALE dell’uso esclusivo della lingua inglese, con la sua oggettiva portata di indiscutibile compressione della potenzialità negoziale della DSN, riduce la portata della conseguente posizione intransigente assunta dai sindacati (con la persistente pretesa di riunioni in presenza) nell’alveo della naturale contrapposizione negoziale propria delle relazioni sindacali’.
Rileva in primo luogo il Collegio che la ricorrente nella censura ora in esame prende in considerazione solo la conclusione tratta dal su riportato ragionamento decisorio, e cioè che doveva ‘ritenersi, per essersi l’azienda di fatto sottratta alla sua responsabilità negoziale, costituito automaticamente il CAE ai sensi dell’art. 16, comma 1 D.Lvo 113/2012, a decorrere dal termine del semestre successivo dalla data di pervenuta seconda richiesta da parte delle OO.SS.’ (cfr. pag. 31 del ricorso).
Nello svolgimento del terzo motivo, poi, la ricorrente richiama altri passaggi motivazionali dell’impugnata sentenza (cfr. pagg. 34-35), ma essenzialmente volti a spiegare perché .
Nell’ambito della stessa censura, inoltre, la ricorrente non pone in dubbio che l’ipotesi in cui ‘la RAGIONE_SOCIALE
l’apertura di negoziati in un periodo di sei mesi a decorrere dalla richiesta di cui all’articolo 5, comma 1′, del d.lgs. n. 113/2012, rientri tra le tre ipotesi in cui, a termini dell’art. 16, comma 1, del medesimo decreto, il CAE deve costituirsi coattivamente (cfr. pagg. 32-33 del ricorso).
Osserva allora il Collegio che la ricorrente non coglie la ratio decidendi della Corte territoriale sulla questione ora in esame.
Nella motivazione sopra riportata non s’intravvede alcuna forzatura interpretativa o contraddizione (rispetto alla possibilità di espletamento ‘da remoto’ attraverso video conferenza delle riunioni della DSN, ritenuta in precedenza dalla stessa Corte di merito), come invece sostenuto dalla ricorrente.
In particolare, in base al proprio accertamento anzitutto fattuale (cfr. pagg. 1516 dell’impugnata sentenza), i giudici di secondo grado hanno incensurabilmente stabilito che la condotta oggettivamente antisindacale, consistente nel condizionare la convoc azione della DSN prevista dall’art. 8, comma 2, d.lgs. n. 113/2012, alle modalità dell’uso esclusivo della lingua inglese senza servizio di interpretariato, equivalesse ad un rifiuto dell’apertura di negoziati.
Invero, un rifiuto a riguardo può manifestarsi anche in forma non esplicita e diretta, ma tale da esprimere in modo altrettanto chiaro, per l’indisponibilità a soluzioni alternative, la volontà di non consentire l’apertura dei negoziati in questione.
19. Il quarto motivo è inammissibile.
Esso, come s’è detto, definito ‘condizionato’ dalla ricorrente, è stato ‘formulato solo con riferimento alla denegata
ipotesi in cui la sentenza -ad onta delle chiare espressioni adoperate -possa essere letta come negatoria della legittimità della convocazione e delle successive riunioni del CAE tramite videoconferenza’ (così a pag. 37 del ricorso, ma il concetto è ribadito alle successive pagg. 41-42).
Ritiene il Collegio che, come peraltro riconosce la stessa ricorrente, la ratio decidendi espressa dalla Corte territoriale sia del tutto chiara, e non suscettibile d’interpretazione nel senso che la stessa abbia giudicato inadeguata in sé la modalità di riunione ‘da remoto’ tramite videoconferenza.
Al contrario, la Corte di merito, come ben risulta dai passi richiamati ai § 5., 5.1. e 5.2. della narrativa che precede, ha chiaramente ritenuto che la suddetta modalità da remoto, come tale e cioè sotto detto specifico profilo, fosse proposta ‘adeguata’.
Ha, invece, giudicato la proposta in questione inadeguata ‘in concreto’, ed anzi integrante condotta antisindacale, ‘per la pretesa datoriale di utilizzazione della sola lingua inglese da parte di tutti i componenti della RAGIONE_SOCIALE‘, senza servizio di interpretariato (cfr. in extenso pagg. 17-18 della sua sentenza).
Dunque, le considerazioni che la ricorrente svolge nel quarto motivo sono inconferenti.
Parimenti inammissibile è il quinto motivo.
Secondo questa Corte, infatti, l’omesso esame di un fatto storico decisivo deve riguardare un fatto, inteso nella sua accezione storico-fenomenica, principale (ossia, costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), la cui
esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia carattere decisivo. Costituisce un ‘fatto’, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una ‘questione’ o un ‘punto’, ma un vero e proprio ‘fatto’, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante; non costituiscono, viceversa, ‘fatti’, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le argomentazioni o deduzioni difensive; gli elementi istruttori, una moltitudine di fatti e circostanze, o il ‘vario insieme dei materiali di causa’ (così, tra le altre, Cass., sez. lav., 22.5.2020, n. 9483).
25. Ebbene, la ricorrente nel motivo in esame impugna il punto (a pag. 7) della sentenza di secondo grado dove ha considerato: ‘Del pari non risultano riproposte le questioni di conformità della disciplina nazionale alla direttive UE 2009/38 che entrambe le parti avevano ipotizzato variamente nel giudizio di primo grado’.
In sintesi, la RAGIONE_SOCIALE sostiene, invece, di aver riproposto in secondo grado la questione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE come dalla stessa prospettata (in termini diversi da quelli delineati dalle controparti sindacali e da essa società criticati: cfr. pagg. 42-43 del ricorso).
26 . E’ pertanto evidente che la ricorrente in realtà non deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nei termini dianzi premessi.
La ricorrente, piuttosto, fa valere un’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. sulla suddetta richiesta di rinvio pregiudiziale, da
dedurre quindi con il mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 4), c.p.c.
Inoltre, la ricorrente nello sviluppo dello stesso quinto motivo, comunque, ripropone in questa sede di legittimità la ‘sua richiesta subordinata di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia’.
In particolare, deduce che: ‘qualora la Corte di Cassazione ritenesse che la legislazione domestica deve interpretarsi nel senso che essa impone come unica modalità di consultazione quella consistente in un incontro fisico, occorrerebbe domandare ai giudici di Lussemburgo se una legislazione così restrittiva e vincolante sia compatibile con le rationes della direttiva’.
Orbene, in disparte la genericità della formulazione di tale richiesta (priva della specificazione dei parametri normativi da considerare), essa non risulta pertinente al decisum di secondo grado, che, come più volte evidenziato in precedenza, non ha affermato che la normativa nazionale sopra considerata ‘deve interpretarsi nel senso che essa impone come unica modalità di consultazione quella consistente in un incontro fisico’.
29 . La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore dei difensori delle controricorrenti, dichiaratisi anticipatari, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, e distrae in favore dei difensori delle controricorrenti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 10.9.2025.
La Presidente
NOME COGNOME