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Condotta antisindacale: no all’inglese senza interpreti

Una multinazionale ha imposto lo svolgimento delle negoziazioni per la costituzione del Comitato Aziendale Europeo (CAE) esclusivamente in lingua inglese e tramite videoconferenza. Le organizzazioni sindacali si sono opposte, ritenendo tale imposizione una condotta antisindacale. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che, sebbene la videoconferenza sia una modalità accettabile, l’obbligo di utilizzare la lingua inglese senza un adeguato servizio di interpretariato limita la capacità negoziale dei rappresentanti dei lavoratori. Tale comportamento è stato equiparato a un rifiuto di negoziare, con la conseguenza della costituzione automatica del CAE. La sentenza sottolinea l’importanza di garantire una comunicazione efficace e paritaria nelle relazioni industriali a livello europeo.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Condotta Antisindacale: Imporre l’Inglese Senza Interpreti è Illegittimo

In un mondo del lavoro sempre più globalizzato, le relazioni industriali superano spesso i confini nazionali. Ma cosa succede quando la lingua diventa una barriera anziché un ponte? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che imporre l’uso esclusivo della lingua inglese nelle negoziazioni sindacali, senza un adeguato servizio di interpretariato, costituisce una condotta antisindacale. Questa decisione stabilisce un principio fondamentale per la tutela dei diritti dei lavoratori nelle aziende multinazionali.

I Fatti: Una Negoziazione a Distanza e in Lingua Straniera

Il caso ha origine dalla controversia tra una grande società, operante in Italia e in altri Paesi europei, e diverse organizzazioni sindacali. L’oggetto del contendere era la costituzione del Comitato Aziendale Europeo (CAE), un organo essenziale per l’informazione e la consultazione dei lavoratori a livello transnazionale.

La società aveva preteso che gli incontri della Delegazione Speciale di Negoziazione (DSN) si tenessero tramite videoconferenza e, soprattutto, esclusivamente in lingua inglese. Le sigle sindacali si erano opposte, sostenendo che tali modalità, in particolare l’imposizione linguistica senza interpreti, avrebbero ostacolato un confronto efficace, limitando di fatto i loro diritti. Di fronte al rifiuto dell’azienda di modificare le condizioni, i sindacati hanno avviato un’azione legale per far dichiarare la condotta antisindacale del datore di lavoro.

La Decisione dei Giudici: la Condotta Antisindacale e il Rifiuto di Negoziare

Sia la Corte d’Appello che, in via definitiva, la Corte di Cassazione hanno dato ragione alle organizzazioni sindacali. I giudici hanno operato una distinzione cruciale tra le due condizioni imposte dall’azienda.

La questione della videoconferenza

La Corte ha ritenuto che la modalità di riunione “da remoto” fosse, in linea di principio, “adeguata” e coerente con la modernizzazione delle relazioni industriali, specialmente in un contesto post-pandemico. La richiesta di incontri a distanza, di per sé, non è stata considerata illegittima.

L’imposizione della lingua inglese come condotta antisindacale

Il punto centrale della decisione riguarda la lingua. La Cassazione ha stabilito che la pretesa di utilizzare unicamente la lingua inglese, senza un servizio di interpretariato, limita oggettivamente la capacità di dialogo e confronto dei rappresentanti sindacali. Questo non solo svuota di significato la procedura di negoziazione, ma rischia anche di influenzare la scelta stessa dei delegati, favorendo chi ha migliori competenze linguistiche a discapito di chi, magari, ha maggiori capacità negoziali. L’offerta dell’azienda di fornire corsi di lingua è stata giudicata insufficiente, in quanto soluzione a lungo termine e non idonea a garantire una partecipazione immediata ed efficace.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su un’attenta analisi della normativa europea e nazionale (in particolare il D.Lgs. 113/2012, che attua la direttiva 2009/38/CE). La legge, infatti, non impone una lingua specifica per i negoziati, ma sottolinea la necessità di garantire che la delegazione possa “espletare adeguatamente il proprio mandato”. Questo mandato non può essere adempiuto se i membri non sono in grado di comunicare efficacemente.

I giudici hanno evidenziato come la stessa normativa faccia esplicito e reiterato riferimento alle “spese di un adeguato servizio di interpretariato” come costo a carico dell’azienda. Questo dimostra che il legislatore ha previsto e voluto tutelare la comunicazione multilingue.

Di conseguenza, la condotta dell’azienda, imponendo una condizione che menoma la capacità negoziale dei sindacati, è stata equiparata a un vero e proprio rifiuto di avviare i negoziati. Tale rifiuto, secondo l’art. 16 del D.Lgs. 113/2012, comporta la costituzione automatica del Comitato Aziendale Europeo secondo i requisiti di legge.

Conclusioni

Questa ordinanza invia un messaggio chiaro alle imprese multinazionali: la globalizzazione e l’efficienza non possono andare a discapito dei diritti fondamentali di partecipazione e negoziazione dei lavoratori. La comunicazione è il cuore delle relazioni sindacali e deve essere garantita in modo effettivo, anche superando le barriere linguistiche. L’obbligo di fornire un servizio di interpretariato non è una concessione, ma un presupposto essenziale per un confronto equo e costruttivo. Le aziende che operano in un contesto internazionale devono quindi dotarsi degli strumenti necessari per assicurare che tutti i rappresentanti dei lavoratori, indipendentemente dalla loro lingua madre, possano partecipare pienamente al dialogo sociale.

Imporre l’uso esclusivo della lingua inglese nelle negoziazioni sindacali per la costituzione di un Comitato Aziendale Europeo è legittimo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, imporre l’uso esclusivo dell’inglese senza fornire un adeguato servizio di interpretariato costituisce condotta antisindacale, poiché limita la capacità di dialogo e negoziazione dei rappresentanti dei lavoratori.

Offrire corsi di lingua inglese è una soluzione sufficiente per superare la barriera linguistica?
No. La Corte ha stabilito che i corsi di lingua sono uno strumento di formazione a lungo termine e non sono “adeguati” a garantire una partecipazione attiva e consapevole alle riunioni nel breve termine, a differenza di un servizio di interpretariato che consente una comunicazione in tempo reale.

Una condotta antisindacale come l’imposizione della lingua può equivalere a un rifiuto di negoziare?
Sì. La Corte ha ritenuto che condizionare la convocazione dei negoziati a modalità che di fatto impediscono un confronto efficace, come l’uso esclusivo di una lingua straniera senza interpreti, equivale a un rifiuto di aprire i negoziati. Questo fa scattare la costituzione automatica del Comitato Aziendale Europeo, come previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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