Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29740 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29740 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30027-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 476/2022 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 21/06/2022 R.G.N. 43/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
Art. 28 St. lav.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Nell’ambito di un procedimento ex art. 28 St. lav., la Corte di Appello di Firenze, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto antisindacale la condotta di RAGIONE_SOCIALE insita nelle disposizioni di servizio del 5 e 12 agosto 2016, relative a ‘Procedure da adottare in occasione di agitazioni sindacali del personale di esazione’, avuto riguardo agli adempimenti ivi imposti prima dell’inizio di uno sciopero; in accoglimento dell’appell o proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, la Corte ha altresì giudicato antisindacali anche gli adempimenti previsti dalle disposizioni di servizio impugnate allorquando lo sciopero fosse già iniziato.
La Corte territoriale, in estrema sintesi, ha ritenuto che il carattere antisindacale delle disposizioni anteriori all’inizio dello sciopero consistesse ‘nel fatto che le disposizioni relative agli adempimenti anteriori all’inizio dello sciopero erano imposti agli esattori sotto forma di procedure varie (di durata variabile da 15 a 60 minuti), la cui osservanza inevitabilmente imponeva di avere già anticipato la decisione di aderire allo sciopero per tutto il tempo necessario al loro adempimento’, di talch é era ‘pacifico che un esattore non potesse decidere in modo istantaneo se aderire ad uno sciopero qualora, nel tempo precedente, non avesse già realizzato tutti gli adempimenti imposti dalle disposizioni di servizio in esame’.
Quanto ai danni patrimoniali paventati dalla società e consistenti nella perdita di incassi, la Corte fiorentina ha rilevato trattarsi ‘di conseguenze estranee ai limiti esterni del diritto di sciopero, poiché non avrebbero potuto intaccare la capacità
produttiva o patrimoniale di una impresa di importanza nazionale come RAGIONE_SOCIALE, che quindi rimanevano circoscritte nell’ambito delle fisiologiche conseguenze negative che lo sciopero è destinato a produrre per sua intrinseca natura, e che la stessa tutela costituzionale del diritto avalla quale forma sindacale di pressione sulla volontà contrattuale della controparte’.
In merito alle disposizioni successive all’inizio dello sciopero, la Corte ha osservato che, ‘a fronte del fatto che le procedure imposte dopo l’inizio dello sciopero limitavano oggettivamente il diritto dell’esattore di aderirvi (poiché gli imponevano un tempo non trascurabile di lavoro non retribuito, sottoponendolo a prescrizioni varie ed articolate la cui violazione era sanzionabile dal punto di vista disciplinare), la antisindacalità discende dal fatto che era mancata la allegazione e prova da parte della società che si trattasse di accorgimenti destinati non a limitare i danni fisiologici dello sciopero, bensì – a preservare la propria stessa capacità produttiva, ovvero l’attitudine strutturale e funzionale a riprendere a pieno l’attività di impresa una volta esaurita l’astensione’.
Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la soccombente società con due motivi; ha resistito l’organizzazione sindacale intimata con controricorso.
All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito:
1.1. il primo denuncia la ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 Cost.’; si critica diffusamente la sentenza impugnata sostenendo che ‘la scelta di aderire allo sciopero non può essere illimitata nel tempo’, che la Corte territoriale non aveva co nsiderato l’esigenza di tutelare il patrimonio aziendale (in particolare la perdita degli incassi raccolti dall’esattore prima della partecipazione allo sciopero), che solo a seguito dello svolgimento delle attività poste a salvaguardia di detto patrimonio si rendeva palese la scelta relativa all’adesione allo sciopero;
1.2. il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., criticando la pronuncia gravata per non aver ‘indicato il fondamento giuridico che avrebbe dovuto imporre alla scrivente Società di allegare e fornire la prova in ordine a soluzioni alternative rispetto a quelle indicate nella disposizione organizzativa’.
Il ricorso non può trovare accoglimento.
2.1. Il primo motivo è infondato.
E’ affermato il principio secondo cui la garanzia costituzionale del diritto di sciopero non priva il datore di lavoro del potere organizzativo, né lo priva della possibilità di cercare, di fronte allo sciopero dei propri dipendenti, soluzioni idonee a limitare il danno materiale derivante all’astensione dal lavoro ed è quindi legittimo che possa servirsi di mezzi legali che consentano di attenuare gli effetti lesivi e di minimizzare le perdite economiche indotte dall’agitazione sindacale; tuttavia è pur sempre necessario che i mezzi adottati non incidano sull’esercizio del diritto di sciopero (da ultimo Cass. n. 6787 del 2024), sulla scorta dell’insegnamento della Corte costituzionale che per prima ha chiarito la legittimità di misure che, ‘senza in nulla coartare la libertà del lavoratore il quale abbia inteso
scioperare’, tendano a contenere gli effetti dannosi dello sciopero stesso (sent. n. 125 del 1980).
Orbene, appare corretta la valutazione dei giudici del merito i quali hanno ritenuto, in concreto, che le disposizioni organizzative diramate da RAGIONE_SOCIALE incidessero sul libero esercizio del diritto di sciopero nella titolarità di ciascun dipendente addetto a mansioni di esazione; sia laddove idonee a comprimere la indiscutibile facoltà del lavoratore di scegliere se aderire o meno all’astensione sino all’inizio della medesima, attraverso la previsione di una procedura da intraprendere inevitabilmente prima, sia prescrivendo ulteriori incombenze da espletare dopo l’inizio dell’astensione proclamata, così imponendo un’attività lavorativa senza retribuzione in contraddizione con l’essenza stessa dello sciopero.
Il tutto assistito, poi, dalla forza intimidatrice della comminatoria di sanzioni disciplinari nel caso di violazione di dette procedure.
Né può sostenersi che dette misure organizzative fossero lecite in quanto volte a prevenire ‘danni patrimoniali diretti e indiretti consistenti nella perdita degli incassi’, atteso che come ricordato dalla Corte territoriale -il danno alla produzione del datore di lavoro è connaturale alla funzione di autotutela collettiva propria dello sciopero stesso (cfr. Cass. n. 23552 del 2004); illecito invece è ciò che appare idoneo a pregiudicare irreparabilmente non la produzione, ma la produttività dell’azienda, cioè la possibilità per l’imprenditore di continuare a svolgere la sua iniziativa economica, ovvero comporti la distruzione o una duratura inutilizzabilità degli impianti, con pericolo per l’impresa come organizzazione istituzionale, non come mera organizzazione gestionale, con compromissione dell’interesse generale alla preservazione dei livelli di
occupazione (sulla distinzione fondamentale tra danno alla produzione -consentito -e danno alla produttività -vietato -v. prima Corte cost. n. 124 del 1962 e, poi, Cass. SS.UU. n. 711 del 1980).
L’accertamento al riguardo va condotto caso per caso dal giudice, in relazione alle concrete modalità di esercizio del diritto di sciopero ed ai parimenti concreti pregiudizi o pericoli cui vengono esposti gli impianti produttivi (ovvero il diritto alla vi ta o all’incolumità e all’integrità delle persone) (in termini, ancora Cass. n. 6787/2024 cit.); nella specie i giudici del doppio grado di merito hanno plausibilmente escluso una tale potenzialità lesiva della produttività della società nello sciopero dei casellanti, anche in difetto di allegazione e prova che si trattasse di accorgimenti destinati a preservare ‘l’attitudine strutturale e funzionale a riprendere a pieno l’attività di impresa una volta esaurita l’astensione’, e neanche parte ricorrente confuta adeguatamente siffatta valutazione.
2.2. Ciò posto, anche il secondo motivo non merita condivisione.
Si denuncia impropriamente la violazione dell’art. 2697 c.c. che è ravvisabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018; Cass. n. 26769 del 2018).
Inoltre, si censura un’argomentazione per nulla decisiva nell’impianto motivazionale della pronuncia gravata, che non sta certo nella mancata dimostrazione, da parte della società,
di alternative praticabili rispetto agli adempimenti imposti agli esattori già in sciopero, quanto piuttosto nell’avere prescritto procedure incidenti sull’esercizio d i un diritto costituzionalmente garantito.
Pertanto, il ricorso deve essere respinto e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, principale e incidentale, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese liquidate in euro 4.500,00, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 10 settembre 2025.
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME