LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Condotta antisindacale: limiti al datore di lavoro

La Corte di Cassazione ha stabilito che imporre ai dipendenti procedure complesse e vincolanti prima e durante uno sciopero costituisce condotta antisindacale. Tali misure, infatti, limitano indebitamente il diritto costituzionale allo sciopero. La sentenza chiarisce che la perdita economica derivante dall’astensione dal lavoro è una conseguenza fisiologica e lecita dello sciopero, distinta dal danno alla capacità produttiva dell’azienda, che è invece illecito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Condotta antisindacale: quando le procedure aziendali limitano il diritto di sciopero

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nel diritto del lavoro: i limiti del potere organizzativo del datore di lavoro di fronte al diritto di sciopero. La pronuncia chiarisce quando le disposizioni aziendali si trasformano in una condotta antisindacale illegittima. Il caso esaminato riguardava una grande società di gestione infrastrutturale che aveva imposto ai propri addetti all’esazione pedaggi una serie di procedure da attuare prima e durante le astensioni dal lavoro, limitandone di fatto la libertà di aderire allo sciopero.

I Fatti del Caso

Una nota società concessionaria di reti stradali aveva emanato delle disposizioni di servizio che obbligavano i casellanti a compiere una serie di adempimenti specifici in caso di sciopero. Tali procedure, della durata variabile tra 15 e 60 minuti, dovevano essere eseguite prima dell’inizio dell’astensione dal lavoro. Inoltre, erano previste ulteriori incombenze anche dopo l’inizio dello sciopero.

Un’organizzazione sindacale ha impugnato tali disposizioni, sostenendo che costituissero una condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori. Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al sindacato, ritenendo che tali procedure limitassero indebitamente il diritto di sciopero. In particolare, costringevano il lavoratore a decidere di scioperare con largo anticipo e imponevano lo svolgimento di attività non retribuite durante lo sciopero stesso, in contraddizione con la natura dell’astensione dal lavoro.

La Decisione della Corte di Cassazione

La società ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la necessità di tutelare il patrimonio aziendale, in particolare per evitare la perdita degli incassi raccolti prima dello sciopero. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. I giudici hanno affermato che le procedure imposte dalla società incidevano sul libero esercizio del diritto di sciopero, comprimendo la facoltà del lavoratore di decidere se e quando aderire all’agitazione sindacale.

Le Motivazioni: la distinzione tra danno alla produzione e danno alla produttività

Il cuore della motivazione della Corte risiede nella fondamentale distinzione tra “danno alla produzione” e “danno alla produttività”. La Corte ha chiarito che il diritto di sciopero, per sua natura, è destinato a produrre conseguenze negative per il datore di lavoro, come la perdita di incassi. Questo “danno alla produzione” è una conseguenza fisiologica e lecita dello sciopero, in quanto rappresenta la forma di pressione sindacale tutelata dalla Costituzione.

Al contrario, è considerato illecito il “danno alla produttività”, ovvero quel pregiudizio che incide sulla capacità strutturale e funzionale dell’azienda di riprendere pienamente l’attività una volta terminato lo sciopero. Ciò si verifica, ad esempio, in caso di distruzione o inutilizzabilità duratura degli impianti.

Nel caso di specie, la perdita degli incassi è stata qualificata come un mero danno alla produzione, connaturato allo sciopero. La società, inoltre, non ha fornito la prova che le procedure imposte fossero indispensabili a preservare la produttività aziendale, ovvero la sua capacità di riprendere a funzionare a pieno regime post-sciopero. Pertanto, tali misure sono state ritenute una forma illegittima di condotta antisindacale perché limitavano un diritto costituzionalmente garantito senza una giustificazione valida.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche della condotta antisindacale

Questa ordinanza riafferma un principio cardine del diritto sindacale: il potere organizzativo del datore di lavoro non può spingersi fino a coartare o svuotare di significato il diritto di sciopero. Le aziende possono adottare misure per contenere gli effetti dannosi di uno sciopero, ma queste non devono mai incidere sulla libertà del lavoratore di aderirvi. Imporre procedure che richiedono una decisione anticipata o lo svolgimento di lavoro non retribuito durante l’astensione va oltre i limiti consentiti e configura una condotta antisindacale. La sentenza sottolinea che la tutela del patrimonio aziendale non può prevalere sul diritto di sciopero quando il danno lamentato è la semplice, sebbene significativa, perdita economica connaturata all’azione sindacale stessa.

È legittimo per un datore di lavoro imporre procedure che i lavoratori devono seguire prima di poter scioperare?
No, se tali procedure, per la loro complessità o durata, limitano la libertà del lavoratore di decidere se e quando aderire allo sciopero. Nel caso specifico, le procedure imponevano di anticipare la decisione, comprimendo di fatto il diritto di sciopero.

La perdita di incassi durante uno sciopero è un danno che il datore di lavoro può legittimamente cercare di evitare con misure che limitano lo sciopero stesso?
No. La Corte ha chiarito che la perdita di incassi è un “danno alla produzione”, una conseguenza connaturale e lecita dello sciopero. Le misure aziendali sono legittime solo se volte a prevenire un “danno alla produttività”, cioè un danno alla capacità strutturale dell’azienda di riprendere a funzionare dopo lo sciopero.

Imporre ai lavoratori in sciopero di svolgere attività lavorative non retribuite è considerato condotta antisindacale?
Sì. Lo sciopero consiste nell’astensione dal lavoro. Imporre attività lavorative, per di più non retribuite, durante lo sciopero è in contraddizione con l’essenza stessa di tale diritto e costituisce una pratica antisindacale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati