Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26531 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 26531 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1122/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende anche disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME, -controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di n.848/2019 depositata il 28.5.2019.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella pubblica del l’ 11.9.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
RAGIONE_SOCIALE udienza
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE promuoveva innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE un primo giudizio (R.G. n. 639/2010), avente ad oggetto l’accertamento negativo RAGIONE_SOCIALEe spese di lite relative al giudizio svoltosi innanzi al TAR Marche n. 499/2000, su ricorso RAGIONE_SOCIALEa stessa RAGIONE_SOCIALE in contraddittorio con la Regione Marche e la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, definito con decreto di estinzione del Presidente del TAR Marche del 14.5.2004 per sopravvenuto difetto di interesse. Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, tale decreto aveva posto a carico RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente le spese di lite sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nella misura che sarebbe stata liquidata dal RAGIONE_SOCIALE competente, dietro presentazione di specifica parcella. Api proponeva, quindi, un secondo giudizio (RG. n. 1169/2010), avente ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo n.156/2010 emesso dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, a favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, per il pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali che quest’ultima aveva corrisposto agli avvocati del libero foro che l’avevano patrocinata nel suddetto giudizio davanti al giudice amministrativo, sulla base del parere di congruità del RAGIONE_SOCIALE del 18.10.2004.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 1762/2013, nella resistenza RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di Roma, riuniti i due giudizi, dichiarava inammissibile la domanda di accertamento negativo e accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo.
Quanto a quest’ultima causa, il Tribunale rilevava che la regolazione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite integrava una pronuncia accessoria e consequenziale rispetto alla decisione nel merito e, pertanto, una domanda volta ad ottenere la condanna di una parte alla rifusione
RAGIONE_SOCIALEe spese processuali era inammissibile laddove non fosse proposta contestualmente alcuna domanda nel merito.
Avverso tale sentenza, la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, al quale resisteva la società RAGIONE_SOCIALE.
Con la sentenza n. 848/2019 del 28.5.2019, la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, in accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘appello, respingeva l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, rilevando il giudicato interno sulla pronuncia di inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda di accertamento negativo del credito proposte da RAGIONE_SOCIALE nel giudizio con RG. n.639/2010.
Più precisamente, secondo i giudici di seconde cure, il decreto del Presidente del TAR Marche n. 1168/2004, col quale era stato dichiarato estinto il predetto giudizio amministrativo, doveva essere qualificato come una mera condanna generica, i cui presupposti di legittimità o ammissibilità non potevano esser messi in discussione in quanto passata in giudicato. Ciò, tuttavia, non precludeva la possibilità di ottenere separatamente sulla base del fatto accertato, un titolo esecutivo giudiziale, una volta intervenuto, come pacifico, il parere di congruità del RAGIONE_SOCIALE per le spese sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE nell’indicato giudizio davanti al TAR Marche. Per il resto, osservava che non risultavano riproposte in secondo grado le altre questioni prospettate nel giudizio di primo grado, né era stato proposto appello incidentale da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE avverso la reiezione RAGIONE_SOCIALEa sua domanda di accertamento negativo del credito.
Avverso tale sentenza, non notificata, la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto tempestivo ricorso a questa Corte il 23.12.2019, sulla scorta di tre motivi, e la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La Procura generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
La sola RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso ex art. 366 comma primo n. 6) e n. 4) c.p.c., per mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso, e per difetto di autosufficienza, perché non contenente una compiuta descrizione RAGIONE_SOCIALEo sviluppo processuale dei vari gradi di giudizio, sollevate nel controricorso.
La ricorrente ha infatti riprodotto, con l’atto introduttivo, oltre alla sentenza impugnata e ai fascicoli dei precedenti gradi, il decreto del Presidente del TAR Marche n. 1168/2004 del 15.9.2004, che ha dichiarato estinto il giudizio n.499/2000 RG per sopravvenuto difetto di interesse RAGIONE_SOCIALEa attuale ricorrente, ponendo a carico RAGIONE_SOCIALEa stessa le spese processuali RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di quel giudizio, da liquidare da parte del RAGIONE_SOCIALE previa presentazione di parcella. Della qualificazione giuridica di tale decreto come condanna generica si discute, ed a pagina 3 del ricorso RAGIONE_SOCIALE ha fatto riferimento anche al giudizio di accertamento negativo RAGIONE_SOCIALEe spese di lite del summenzionato giudizio davanti al TAR, che aveva promosso contro la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE (proc. n. 639/2010 RG), prima di ricevere la notifica del decreto ingiuntivo opposto, ed al quale era stato poi riunito il giudizio di opposizione a quest’ultimo, concernente il medesimo credito del quale si voleva negare la sussistenza, ed ha rammentato l’opposto esito RAGIONE_SOCIALEe decisioni di primo e di secondo grado.
Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1°, n.3) c.p.c., la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello ha qualificato il predetto decreto del Presidente del TAR Marche come una condanna generica, senza che tale qualificazione fosse oggetto di specifico motivo di gravame da parte
RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che invece si era lamentata nell’impugnazione che il giudice di primo grado le avesse attribuito la volontà di ottenere una condanna accessoria e consequenziale ad una decisione di merito, volontà in realtà mai manifestata.
2) Col secondo motivo, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la ricorrente si duole RAGIONE_SOCIALEa violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 278 c.p.c., avendo la Corte distrettuale qualificato come sentenza di condanna generica il decreto del Presidente del TAR Marche, senza considerare che una condanna generica presuppone l’accertamento di merito sulla sussistenza del diritto risarcitorio controverso con prosecuzione del giudizio davanti allo stesso giudice, o in separata sede, per la quantificazione del danno, mentre nella specie il giudizio davanti al TAR era stato semplicemente dichiarato estinto, ponendo a carico di RAGIONE_SOCIALE le relative spese legali neppure liquidate, e senza considerare che la regolazione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite integrava una pronuncia meramente accessoria e consequenziale rispetto alla decisione nel merito RAGIONE_SOCIALEa causa, che non poteva essere da questa separata (Cass. sez. un. 21.6.2018 n.16415).
3) Col terzo motivo, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1°, n. 1) c.p.c., la ricorrente, pur non impugnando per difetto di giurisdizione la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, sostiene che, anche qualora si considerasse il decreto di estinzione del giudizio davanti al TAR Marche come una condanna generica, la regolazione RAGIONE_SOCIALEe spese sarebbe dovuta avvenire unitamente alla decisione sull’estinzione nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa giurisdizione amministrativa, per cui la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto chiedere la correzione del decreto di estinzione in quanto non contenente la liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese processuali del giudizio amministrativo, o comunque l’integrazione di quel decreto nell’ambito del medesimo giudizio, e non attivare una separata procedura monitoria basata su un
asserito giudicato già formatosi sulla generica spettanza RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Partendo dall’esame del primo motivo di ricorso, col quale si lamenta che la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE abbia proceduto alla riqualificazione giuridica del decreto di estinzione del giudizio n. 499/2000 emesso dal Presidente del TAR Marche n.1168/2004 del 15.9.2004, che aveva posto a carico RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE le spese processuali del giudizio n. 499/2000 che solo in seguito sarebbero state liquidate dal RAGIONE_SOCIALE dietro presentazione di specifica parcella, come condanna generica, senza che tale qualificazione fosse stata sollecitata con uno specifico motivo di gravame, così violando il principio RAGIONE_SOCIALEa corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c., va detto che al di là del fatto che la ricorrente avrebbe dovuto ricondurre il vizio, di natura processuale, all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c. e non al n. 3) RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo, il motivo è infondato.
La suddetta riqualificazione rientrava nell’ambito dei poteri del giudice di appello e del devolutum, che doveva essere oggetto di decisione perché ancora in contestazione tra le parti. Ed invero la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con l’atto di appello, aveva contestato il fatto che il credito azionato in sede monitoria, relativo alle spese processuali del giudizio davanti al TAR Marche n. 499/2000 RG fosse stato considerato dal giudice di primo grado come accessorio rispetto al merito del giudizio svoltosi davanti al TAR Marche, facendone discendere un’inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda di pagamento fatta valere in fase monitoria, che non era stata eccepita dalla opponente RAGIONE_SOCIALE, ed aveva quindi insistito per ottenere la condanna di quest’ultima al pagamento di quel credito, dopo che in primo grado il decreto ingiuntivo, che glielo aveva riconosciuto, era stato revocato dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
Tale credito, era lo stesso del quale la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto di accertare l’insussistenza nel procedimento di accertamento negativo n.639/NUMERO_DOCUMENTO RG ed al quale era stato riunito il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (proc. n. 1169/2010 RG), per cui è evidente che nessun giudicato poteva ritenersi intervenuto sull’accertamento negativo del credito, che negato in primo grado a seguito RAGIONE_SOCIALEa riunione dei due procedimenti, era ancora in contestazione nel giudizio di appello, con la conseguenza che la Corte distrettuale aveva senz’altro il potere di procedere alla riqualificazione giuridica RAGIONE_SOCIALE‘asserito titolo (il decreto di estinzione del Presidente del TAR Marche), che insieme al parere di congruità del RAGIONE_SOCIALE, ne rappresentava la causa petendi.
Va ora esaminato il secondo motivo di ricorso, concernente l’erronea sussunzione del decreto di estinzione del Presidente del TAR Marche nella fattispecie RAGIONE_SOCIALEa condanna generica RAGIONE_SOCIALE‘art. 278 c.p.c.
Occorre prendere le mosse dalla normativa applicabile il 14.5.2004, allorché il Presidente del TAR Marche ha dichiarato l’estinzione per sopravvenuto difetto di interesse del giudizio amministrativo n. 499/2000 RG.
L’art. 26 RAGIONE_SOCIALEa L. 6.12.1971 n. 1034, come modificato dall’art. 9 RAGIONE_SOCIALEa L.21.7.2000 n. 205 (in vigore dal 10.8.2000), abrogato dopo il 14.5.2004, stabiliva, per il giudizio amministrativo, che l’estinzione del giudizio, prevista anche per la manifesta inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, era pronunciata con decreto dal Presidente RAGIONE_SOCIALEa sezione del TAR competente, o dal magistrato delegato; che il decreto doveva essere depositato presso la segreteria, che ne dava comunicazione alle parti costituite; che nel termine di 60 giorni da tale comunicazione ciascuna RAGIONE_SOCIALEe parti costituite poteva proporre opposizione al collegio con atto notificato a tutte le parti e depositato presso la
segreteria del giudice adito entro 10 giorni dall’ultima notifica; che nei 30 giorni successivi il collegio decideva sull’opposizione in camera di consiglio, sentite le parti che ne facessero richiesta, con ordinanza; che in caso di accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘opposizione il collegio disponeva la reiscrizione del ricorso nel ruolo ordinario, mentre nel caso di rigetto poneva le spese a carico RAGIONE_SOCIALE‘opponente, con liquidazione RAGIONE_SOCIALEe stesse da parte del collegio nella stessa ordinanza, esclusa la possibilità di compensazione anche parziale, e che tale ultima ordinanza era depositata nella segreteria, che ne dava comunicazione alle parti costituite; e che avverso l’ordinanza che decideva sull’opposizione poteva essere proposto ricorso in appello, con conseguente giudizio governato dalle regole ordinarie, ma con riduzione alla metà di tutti i termini processuali.
Già tale normativa speciale di semplificazione dei procedimenti e di abbattimento del contenzioso arretrato dei giudizi amministrativi prevedeva, quindi, una pronuncia ordinatoria di mero rito sull’estinzione, adottabile dal solo Presidente di sezione competente del TAR, o da un magistrato delegato, e non da parte RAGIONE_SOCIALE‘intero organo giudicante collegiale dotato RAGIONE_SOCIALEa potestas iudicandi , e non accompagnata da una condanna alle spese processuali del giudizio estinto, prevedendo la regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e la loro liquidazione da parte del collegio competente solo in caso di rigetto RAGIONE_SOCIALE‘opposizione. Pertanto, difettava in assoluto il potere del Presidente del TAR Marche di pronunciare una condanna RAGIONE_SOCIALEa ricorrente RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali del giudizio amministrativo estinto a favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
A ciò va aggiunto che il decreto di estinzione del giudizio amministrativo n.499/2000 del TAR Marche, emesso dal Presidente di quel TAR il 14.5.2004, si è limitato, con espressione atecnica, a porre a carico RAGIONE_SOCIALEa ricorrente RAGIONE_SOCIALE, per quanto qui rileva, le spese di lite sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE di
RAGIONE_SOCIALE in quel giudizio, senza procedere alla loro liquidazione, questa avendo rimesso inammissibilmente ad un organo amministrativo quale il RAGIONE_SOCIALE competente, dietro presentazione di specifica parcella, senza mai parlare di condanna alle spese processuali RAGIONE_SOCIALEa ricorrente. Pertanto, è evidente sia per la speciale normativa applicabile, che per il tenore del provvedimento, che non si è formato alcun giudicato sul diritto RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe spese processuali del giudizio amministrativo estinto.
Quanto alla lamentata erronea sussunzione del decreto di estinzione del giudizio amministrativo nella fattispecie RAGIONE_SOCIALEa condanna generica ex art. 278 c.p.c., che prevedrebbe la condanna generica per il risarcimento danni e non per il pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali, e richiederebbe comunque che con separata ordinanza, contestuale alla condanna generica, venga fissata udienza per la prosecuzione del giudizio davanti allo stesso giudice per la liquidazione, di cui al secondo motivo, i rilievi formulati dalla ricorrente sono parzialmente fondati.
Anche se l’art. 278 c.p.c. si riferisce in generale alle ipotesi in cui, in presenza di una domanda di condanna, sia già accertata la sussistenza del relativo diritto, ma sia ancora controversa la quantità RAGIONE_SOCIALEa prestazione dovuta, va osservato, in punto di spese, che in generale non è lecito scindere l’ an dal quantum debeatur , e che, in particolare, il Presidente del TAR non aveva il potere né di regolarle (stabilendo, cioè, quale parte dovesse farsene carico) né di liquidarle.
La RAGIONE_SOCIALE, non poteva quindi avvalersi in sede monitoria del decreto di estinzione del giudizio amministrativo in questione del 15.9.2004 come condanna generica di RAGIONE_SOCIALE alle spese processuali di quel giudizio, integrata come prova scritta dal parere di congruità del RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 18.10.2004 sulla parcella presentata dagli avvocati, che in quel giudizio l’avevano patrocinata.
L’impossibilità di qualificare il decreto di estinzione del giudizio amministrativo in questione come condanna generica, rende superfluo l’esame RAGIONE_SOCIALEe ulteriori doglianze, prospettate col terzo motivo.
Sulle spese processuali anche del giudizio di legittimità provvederà, in base all’esito finale RAGIONE_SOCIALEa lite, la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il secondo motivo di ricorso per quanto di ragione, respinto il primo motivo ed assorbito il terzo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE‘11.9.2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME