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Comunicazione licenziamento: quando è valida?

Un lavoratore viene licenziato per aver usato il cellulare in un’area a rischio. Impugna il licenziamento sostenendo che la comunicazione, inviata solo al suo avvocato, fosse invalida e tardiva. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, stabilendo che la comunicazione del licenziamento è valida se perviene a conoscenza del lavoratore, anche tramite il suo legale, e che il termine per l’irrogazione della sanzione decorre dalla data di spedizione della lettera da parte del datore di lavoro, non da quella di ricezione.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Comunicazione licenziamento: valida anche se inviata solo all’avvocato?

La corretta comunicazione del licenziamento è un passaggio cruciale che determina la validità stessa dell’atto di recesso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso complesso, chiarendo due aspetti fondamentali: la validità della comunicazione inviata esclusivamente al legale del lavoratore e il calcolo dei termini per l’irrogazione della sanzione disciplinare. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche per datori di lavoro e dipendenti.

I fatti di causa: il licenziamento per uso del cellulare

Un lavoratore era stato licenziato per giusta causa da un’azienda operante nel settore petrolifero. L’addebito contestato era l’aver utilizzato il telefono cellulare in un ambiente di lavoro dove venivano trattati prodotti infiammabili, violando un divieto esplicito finalizzato a prevenire il rischio di innesco di incendi. Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento sollevando diverse eccezioni, sia di forma che di sostanza.

Le questioni giuridiche: validità e tempestività della comunicazione del licenziamento

Il cuore della controversia ruotava attorno a due questioni principali.

La comunicazione al legale del lavoratore

Il ricorrente sosteneva che il licenziamento fosse inefficace perché privo della forma scritta. La lettera di recesso, infatti, era stata inviata unicamente all’indirizzo del suo avvocato e non alla sua residenza. Secondo la difesa, una precedente email del legale, in cui si chiedeva di inviare tutta la corrispondenza al suo studio, non poteva essere considerata una valida ‘elezione di domicilio’, in quanto non sottoscritta dal lavoratore e troppo generica.

Il termine di 6 giorni previsto dal CCNL

In secondo luogo, il lavoratore lamentava la tardività del licenziamento. Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) dell’Industria Metalmeccanica prevede che il provvedimento disciplinare debba essere comunicato entro sei giorni dalla ricezione delle giustificazioni del dipendente. In questo caso, il lavoratore sosteneva che il termine dovesse decorrere dal momento in cui aveva avuto effettiva conoscenza del licenziamento (cioè dalla PEC di impugnazione del suo legale), rendendo così il provvedimento tardivo e nullo.

La decisione della Cassazione sulla comunicazione del licenziamento

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando la legittimità del licenziamento, pur correggendo la motivazione della Corte d’Appello su un punto cruciale.

L’inefficacia dell’elezione di domicilio e la validità della comunicazione

La Corte ha innanzitutto chiarito che l’email del 2016 inviata dall’avvocato non costituiva una valida elezione di domicilio. Tuttavia, ha affermato un principio di diritto ancora più importante: ai fini della validità della forma scritta del licenziamento, non è necessario che la comunicazione sia diretta formalmente al lavoratore, ma è sufficiente che sia portata a sua conoscenza. Poiché il lavoratore, tramite il suo difensore, aveva impugnato tempestivamente il licenziamento, ciò dimostrava in modo inequivocabile che ne era venuto a conoscenza. La modalità indiretta di comunicazione (tramite il legale) è stata quindi ritenuta idonea a soddisfare il requisito della forma scritta, precludendo la possibilità di considerare il licenziamento come orale e quindi nullo.

Il rispetto dei termini per l’irrogazione della sanzione

Anche la censura sulla tardività è stata respinta. La Cassazione ha ribadito il principio della scissione degli effetti della notificazione. Per rispettare il termine di sei giorni previsto dal contratto collettivo, è sufficiente che il datore di lavoro spedisca la lettera di licenziamento entro tale scadenza. Il momento in cui il lavoratore la riceve è irrilevante ai fini della decadenza del potere disciplinare del datore. Nel caso di specie, l’azienda aveva inviato la comunicazione il 5 settembre 2019, a fronte delle giustificazioni ricevute il 2 settembre 2019, rispettando pienamente il termine contrattuale.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sostanziale delle norme. Per quanto riguarda la forma, l’obiettivo della legge è garantire che il lavoratore abbia piena e certa conoscenza dell’atto che risolve il suo rapporto di lavoro, per potersi difendere. Se questa conoscenza è raggiunta, come dimostrato dall’impugnazione, il vizio di forma è sanato. Per quanto riguarda i termini, la Corte protegge il datore di lavoro da ritardi non imputabili a lui, applicando il principio secondo cui gli effetti per il notificante si producono al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario o al servizio postale. Infine, sul merito della contestazione, la Corte ha ritenuto che la valutazione delle prove testimoniali (che descrivevano il lavoratore tenere il cellulare acceso ‘come per scattare fotografie’) fosse di competenza dei giudici di merito e che la loro conclusione fosse logica e basata su massime di comune esperienza (id quod plerumque accidit). L’utilizzo vietato del dispositivo è stato considerato provato, indipendentemente dalla mancata prova dell’effettivo scatto di fotografie.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Per i datori di lavoro, conferma che il rispetto dei termini disciplinari si basa sulla data di spedizione della comunicazione, offrendo maggiore certezza. Sottolinea inoltre che, sebbene sia sempre preferibile inviare le comunicazioni all’indirizzo del lavoratore, un invio al suo legale può essere considerato valido se si ha prova che il dipendente ne sia venuto a conoscenza. Per i lavoratori, la sentenza ribadisce che il fulcro della tutela legale non è il formalismo fine a se stesso, ma la garanzia di un’effettiva conoscenza degli atti che li riguardano, per poter esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.

La comunicazione del licenziamento inviata solo all’avvocato del lavoratore è valida?
Sì, secondo la Corte è valida. Anche in assenza di una formale elezione di domicilio presso il legale, se il lavoratore dimostra di aver avuto conoscenza dell’atto (ad esempio, impugnandolo), il requisito della forma scritta è soddisfatto e il licenziamento non può essere considerato inefficace.

Da quale momento decorre il termine che il datore di lavoro deve rispettare per comunicare un licenziamento disciplinare?
Il termine previsto dai contratti collettivi per irrogare la sanzione si considera rispettato se il datore di lavoro spedisce la comunicazione di licenziamento entro la scadenza. Non rileva la data in cui il lavoratore riceve effettivamente la lettera.

Per licenziare un dipendente per uso vietato del cellulare, è necessario provare cosa stesse facendo nello specifico?
No, non necessariamente. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto sufficiente la prova testimoniale che il lavoratore teneva in mano il cellulare acceso in un’area a rischio, in un modo che suggeriva l’intenzione di scattare foto. Questo comportamento è stato considerato di per sé una violazione del divieto e una condotta idonea a giustificare il licenziamento, senza bisogno di provare che le foto fossero state effettivamente scattate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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