Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7642 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7642 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
Oggetto
R.G.N. 14511/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/12/2023
CC
sul ricorso 14511-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutte elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME, che li rappresentano e difendono;
– controricorrenti –
nonchè contro
NOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME;
– intimate –
avverso la sentenza n. 4071/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/11/2019 R.G.N. 4252/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dalle attuali controricorrenti, in epigrafe indicate, e di altre tre lavoratrici, contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 3439/2016, che aveva rigettato il loro ricorso, in riforma di tale decisione, ha dichiarato l’illegittimità della collocazione in CIGS RAGIONE_SOCIALE appellanti dal 26.9.2012 e ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento, a titolo risarcitorio, della differenza tra la retribuzione che avrebbero percepito in costanza di normale rapporto e quanto percepito a titolo di trattamento di integrazione salariale, oltre interessi legali sugli importi annualmente rivalutati secondo gli indici ISTAT dalle singole date di maturazione dei crediti, nella misura per ognuna di esse indicate in linea capitale.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, premesse le disposizioni normative che regolavano la materia, ha ritenuto che l’obbligo di completa ed esaustiva informativa nei confronti RAGIONE_SOCIALE organizzazioni sindacali sussiste anche in caso di cessazio ne dell’unità produttiva e comunque in tutte le ipotesi di concessione della CIGS. Al contrario, la comunicazione del 28.8.2012 (doc. 1 del fascicolo di primo grado della società) non contiene idonea indicazione dei criteri di scelta e dei motivi per i quali la società ha ritenuto di non ricorrere alla rotazione.
Infatti, nulla veniva indicato sull’eventuale fungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni degli addetti del sito di INDIRIZZO rispetto ai lavoratori addetti agli altri siti mentre le ragioni della mancata rotazione vengono genericamente riconnesse alla decisione di chiudere il sito di INDIRIZZO e di cessazione della relativa attività. E da tanto, secondo la Corte, conseguiva, in riforma della decisione di primo grado, l’accoglimento RAGIONE_SOCIALE domande RAGIONE_SOCIALE lavoratrici nei termini specificati in dispositivo.
Avverso tale decisione, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi di ricorso.
Le intimate indicate in epigrafe hanno resistito con unico controricorso; mentre NOME NOME, NOME e NOME sono rimaste mere intimate.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 7 e 8 della L. n. 223/1991, dell’art. 5, comma 4 e 5 legge n. 164 del 1975 nonché del Decreto Ministeriale n. 31826 del 18 dicembre 2002 e degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.’. Premesso il capo della sentenza impugnato, deduce che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte distrettuale, la società nella lettera di avvio della procedura di cassa integrazione del 28.8.2012, aveva indicato i criteri per l’individuazione dei lavoratori da sospendere. Riportato, quindi, il testo di tale lettera, sostiene che l’esame complessivo della lettera di avvio della procedura di CIGS rendeva palese come la
conclusione cui è pervenuta la Corte di merito, per la quale la società non ha preventivamente comunicato i criteri per l’individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione, fosse del tutto decontestualizzata ed errata. Secondo la ri corrente, se la Corte distrettuale, nell’assolvimento del compito demandatole, si fosse fatta carico di interpretare il contenuto della lettera di avvio della procedura facendo applicazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e 1363 c.c., quindi tenendo conto del senso letterale RAGIONE_SOCIALE parole adoperate oltre che dell’intento proprio dell’agente, la stessa avrebbe dovuto accertare la regolarità della procedura di CIGS avviata dalla società attuale ricorrente, avendo questa, conformemente a quan to prescritto dall’art. 1 comma 7 della L. 223/1991, indicato nella lettera inviata alle OO.SS. il criterio di scelta del personale da sospendere, costituito dall’appartenenza funzionale al sito di INDIRIZZO. Per completezza espositiva, rilevava ancora che la Corte territoriale aveva anche male interpretato/valutato le difese svolte dalla società. Critica, infine, quelli che ritiene essere alcuni obiter dicta presenti nella parte motiva della decisione gravata.
Con un secondo motivo denuncia la ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4’. Per la ricorrente l’impugnata sentenza è viziata anche per avere la Corte di appello posto a fondamento della decisione una motivazione meramente apparente, che rendeva nulla la sentenza. Infatti, la Corte distrettuale, nello statuire che la procedura era viziata per l’omessa preventiva comunicazione dei criteri di scelta, RAGIONE_SOCIALE modalità della rotazione e RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui l’RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto di non utilizzare tale cr iterio, ha omesso di illustrare -anche in modo sintetico -l’iter logico giuridico seguito per la formazione del proprio convincimento,
essendosi limitata ad affermazioni assolutamente generiche ed apodittiche del tutto avulse dal caso concreto. La Corte di merito si era limitata ad affermare la perdurante vigenza degli obblighi di cui all’art. 1, commi 7 e 8, L. 223/1991 unitamente a quel li di cui all’art. 5 L. 164/1975, ma non ha esplicitato in alcun modo sulla base di quale interpretazione della lettera di avvio della procedura (ossia la lettera del 28.8.2012) le, doverose, informazioni sarebbero state omesse e comunque non avrebbero potuto essere dalla stessa desunte.
I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione logico-giuridica, non sono fondati.
Deve essere preliminarmente scrutinata la doglianza relativa ad un asserito vizio di motivazione apparente della decisione impugnata.
La violazione dell’art. 132 c.p.c. sussiste solo quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logicogiuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 3819/2020).
Analogamente, il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ricorre solo quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento,
non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (cfr. Cass. n. 6758/2022).
Dalle argomentazioni svolte nella gravata sentenza è, invece, agevole dedurre tutto l’iter logico -giuridico che ha condotto i giudici di secondo grado a ritenere che, sia in caso di cessazione di una unità produttiva che nella ipotesi di trasferimento d ell’attività da una unità in altri siti, comunque si sarebbe dovuto procedere ad una informazione completa ed esaustiva, nei confronti RAGIONE_SOCIALE organizzazioni sindacali, in ordine ai criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui non era applicabile il criterio della rotazione, non vertendosi in un caso di infungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni espletate dai lavoratori, di talché la comunicazione del 28.8.2012 non conteneva idonea indicazione dei requisiti previsti dalla legge.
Le dedotte violazioni RAGIONE_SOCIALE disposizioni denunciate non sono, quindi, sussistenti.
Ciò premesso, e venendo all’esame RAGIONE_SOCIALE doglianze di cui al primo motivo, deve premettersi che il meccanismo della rotazione, di cui all’art. 1 commi 7 e 8 legge n. 223/1991, ratione temporis applicabile in quanto i fatti si sono verificati prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 148/2015, trova applicazione tra lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata dalla sospensione: se per ragioni di ordine tecnico-organizzativo il datore di RAGIONE_SOCIALE ritiene di non adottare i meccanismi di rotazione per i lavoratori sopra indicati, deve indicare i motivi nel programma di cui al comma 2 del medesimo articolo. La giurisprudenza successiva all’entrata in vigore del d.p.r. n. 218/2000, art. 2, co. 5, ha confermato, e su tale punto non vi è contrasto tra le parti, che l’obbligo di comunicazione non è
venuto meno, non avendo il d.p.r. n. 218/2000 modificato la procedura di concessione della CIGS né sostituito la disciplina di cui all’art. 1, co. 7, l. n. 223/1991 (cfr., tra le tante, Cass. 1° luglio 2009, n. 15393; Cass. 10 maggio 2010, n. 11254).
La tesi della società ricorrente è basata sull’assunto che, essendovi stata la cessazione integrale dell’attività del sito di INDIRIZZO, come si evinceva chiaramente dal testo della comunicazione inviata alle OO.SS., non vi era alcuna necessità di indicare i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e RAGIONE_SOCIALE modalità di rotazione a differenza, quindi, di quanto interpretato e ritenuto dalla Corte territoriale.
Tale critica si deve, però, confrontare con due dati di fatto, posti a base della decisione gravata che, rappresentando accertamenti di merito da parte dei giudici di seconde cure, non sono sindacabili in sede di legittimità: la mancanza di adeguata motivazione, nella comunicazione, sulla infungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni espletate dai lavoratori di INDIRIZZO e l’aver ritenuto che ‘le ragioni della mancata rotazione vengono genericamente riconnesse alla decisione di chiudere il sito di INDIRIZZO e di ce ssazione della relativa attività’.
Orbene, in considerazione dei suddetti elementi di fatto, ritenuti dalla Corte distrettuale, occorre verificare se la sussunzione della fattispecie concreta, come delineata, sia conforme a quella astratta prevista dall’art. 1 legge n. 223/91, come interpretata dalla fondamentale sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte (n. 302/2000) secondo cui l’impresa deve esplicitare, nella comunicazione alle organizzazioni sindacali, l’eventuale decisione di non applicare il criterio della rotazione tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni, i motivi di tale decisione e i criteri alternativi alla rotazione che consentano di
individuare in maniera univoca i lavoratori da sospendere. Ciò in considerazione della funzione ‘di garanzia procedimentale’ della procedura per la concessione dell’integrazione salariale, consistente nel ‘rendere trasparente e verificabile la scelta del datore di RAGIONE_SOCIALE in funzione di tutela di quei lavoratori che, subendo la scelta suddetta, si trovano in una situazione di mera soggezione’. L’esternazione, nella comunicazione iniziale, dei criteri in base ai quali i lavoratori da sospendere saranno individuati, garantisce il controllo della coerenza tra la scelta dei destinatari della sospensione e le sue cause: controllo che deve poter essere esercitato non solo da parte RAGIONE_SOCIALE organizzazioni sindacali ma anche, in ultima istanza, da parte del lavoratore e del giudice.
13. La giurisprudenza di legittimità ha, anche, chiarito che: a) la specificità dei criteri di scelta consiste nell’idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta dei lavoratori ai criteri predeterminati; b) la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale, la cui genericità renda impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l ‘obbligo di comunicazione previsto dall’art. 1, settimo comma legge n. 223 del 1991; c) la mancata specificazione dei criteri di scelta (e la mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni che impediscono il ricorso alla rotazione) determina l’inefficacia dei provvedimenti aziendali che può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori (Cass. n. 4886 del 2015, Cass. n. 18895 del 2014, Cass. 14/5/2012, n. 7459). Con particolare riferimento al requisito di
specificità si è precisato (Cass. n. 22540 del 2013, Cass. n. 25100 del 2013) che l’aggettivazione ‘non individua una specie nell’ambito del genere criterio di scelta ma esprime la necessità che esso sia effettivamente tale, e cioè in grado di operare da s olo la selezione dei soggetti da porre in cassa integrazione’, atteso che ‘un criterio di scelta generico non è effettivamente tale, ma esprime soltanto, non un criterio, ma un generico indirizzo nella scelta’ (Cass. n. 6761/2020).
Ne consegue che la violazione RAGIONE_SOCIALE regole del procedimento incide direttamente sulla legittimità del provvedimento amministrativo di concessione dell’intervento straordinario di integrazione salariale che non può essere assentito ove non sia stato indicato e comunicato né il criterio della rotazione né altro criterio che individui, in alternativa a quest’ultimo, i lavoratori da sospendere (cfr. Cass. n. 19618 del 2011 e molte altre successive: cfr. tra le tante Cass. n. 12089 del 2016).
Tanto premesso, due sono le questioni da esaminare per valutare l’operato della Corte distrettuale ai fini di ritenere corretta o meno l’incidenza della rilevata mancanza di prova sui presupposti per l’esonero del criterio della rotazione: lo svolgimento, da parte dei lavoratori, RAGIONE_SOCIALE medesime mansioni e l’appartenenza ad una unità produttiva, interessata dalle sospensioni, la cui attività era cessata.
Rileva questo Collegio che, per unità produttiva interessata dalle sospensioni, deve farsi riferimento ad una entità dotata di propria autonomia organizzativa ed economica, funzionalizzata allo svolgimento di una attività volta alla produzione di beni e servizi (così mutando il concetto di ‘reparto’ individuato da questa Corte ai fini del trasferimento
del ramo d’azienda, per tutte cfr. Cass. n. 20012/2005 e fatto proprio dal RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, proprio con riguardo alla tematica oggetto del presente giudizio, con nota del 19 maggio 2008 n. 0006416, in relazione al DM 18.12.2002 n. 31826).
Quanto all’incidenza della ipotesi della ‘cessazione dell’attività’, è d’obbligo il richiamo a quanto affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 6/99) che ha affermato, sia pure in tema di messa in mobilità, che anche la cessazione dell’attività si vuole inserita in quella complessa concertazione attraverso cui la normativa sulla mobilità tende a ridurre le conseguenze della crisi o della ristrutturazione dell’impresa sull’occupazione’.
Per lavoratori che espletano le medesime mansioni devono intendersi, invece, lavoratori di analoghe professionalità e di similare livello (Cass. n. 33889/2022) che svolgono mansioni omogenee e, quindi, fungibili.
Nel caso concreto, pertanto, era effettivamente necessario, come sottolineato dalla Corte territoriale, attraverso un esame esegetico dell’atto effettuato senza alcuna violazione dei criteri interpretativi di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. -che costituisce un accertamento di merito adeguatamente motivato, che la comunicazione del 28.8.2012, con cui la società aveva avviato la procedura per il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria a zero ore per i lavoratori addetti all’unità pro duttiva di INDIRIZZO, per essere valida ai fini della esclusione del criterio della rotazione, dovesse specificare in concreto: a) che l’unità di INDIRIZZO fosse del tutto autonoma sotto il profilo organizzativo ed economico; b) che le attività ivi svolte erano cessate e non
trasferite ad altri siti; c) che le professionalità dei lavoratori addetti al sito di INDIRIZZO fossero solo ivi utilizzabili.
Sotto questo ultimo profilo, acquista senza dubbio rilevanza processuale la circostanza che, a prescindere dalla natura dell’Accordo del 30.5.2013 (quale contratto di solidarietà e ammortizzatore sociale diverso da quello di cui è causa), fu prevista la rotazione dei lavoratori di INDIRIZZO, collocati in CIGS, con i dipendenti RAGIONE_SOCIALE altre unità produttive romane ed il rientro in servizio dei lavoratori sospesi in CIGS giusta piano di risanamento: il che è un indice sintomatico della fungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni svolte dai lavoratori di INDIRIZZO con quelli degli altri siti di Roma.
Infine, deve precisarsi che anche l’obiezione della ricorrente relativa al fatto che la cessazione dell’attività doveva ritenersi provata dalla emissione del Decreto n. 73586 del 4 giugno 2013 con il quale il RAGIONE_SOCIALE aveva approvato il programma di CIGS per cessazione attività ed autorizzato la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale, non può incidere sul difetto della comunicazione in oggetto, sia perché, in sede amministrativa, viene valutato solo il profilo formale della cessazione e non anche quello dell’eventuale trasferimento RAGIONE_SOCIALE attività ad altri siti, sia perché anche in caso di cessazione, per quanto sopra detto, è necessaria una completa ed adeguata comunicazione, che involga tutti gli aspetti (fungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni, unità produttiva e cessazione RAGIONE_SOCIALE attività, in relazione al parametro RAGIONE_SOCIALE ragioni di ordine tecnicoorganizzativo connesse al mantenimento di normali livelli di efficienza) con riguardo alla esclusione del criterio della rotazione dei lavoratori da sospendere.
Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo e con distrazione in favore dei difensori RAGIONE_SOCIALE controricorrenti. Nulla dev’essere disposto quanto alle spese rispetto alle altre tre lavoratrici, rimaste mere intimate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 6.500,00 per compensi, oltre rimborso forfetario RAGIONE_SOCIALE spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, e distrae in favore dei difensori RAGIONE_SOCIALE controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 19.12.2023.
La Presidente NOME COGNOME