Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31462 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31462 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4176-2019 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 212/2018 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 25/07/2018 R.G.N. 81/2016;
R.G.N. 4176/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 26/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 25.7.20 18 n. 212, la Corte d’appello di Caltanissetta, rigettava il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Caltanissetta che aveva respinto il ricorso di quest’ultimo nei confronti dell’Inps, volto a chiedere la corresponsione del trattamento di Cig, autorizzata il 31.1.2012 e comunicata il 10.2.2012, avendo egli, a sua volta, comunicato in data 15.2.2012, di essere titolare di partita Iva fin da epoca precedente all’ammissione del lavoratore alla Cig, quando era dipendente di un ente di formazione professionale.
La Corte d’appello, per quanto d’interesse, rigettava il gravame del Falletta, ritenendo priva di significato la distinzione operata dall’appellante tra attività iniziata prima dell’integrazione salariale, come nella specie, che a suo avviso non richiedeva alcuna comunicazione preventiva all’Inps, secondo il tenore letterale dell’art. 8 comma 5 del DL n. 86/1988, conv. in legge n. 160/19 88, e quella iniziata nel corso dell’integrazione salariale stessa che, invece, era soggetta all’onere della predetta comunicazione, in quanto secondo la Corte del merito, la norma da ultimo citata ha come scopo quello di consentire sempre all’Istituto la verifica circa la compatibilità tra attività svolta e integrazione salariale ricevuta.
Avverso tale sentenza, NOME ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, illustrato da memoria, mentre l’Inps ha resistito con controricorso.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 8 comma 5 del DL n. 86/ 1988, convertito in legge n. 160/1988, perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto che non fosse stato assolto, da parte del ricorrente, l’obbligo di comunicazione preventiva dello svolgimento di altra attività lavorativa, al fine della fruizione dell’integrazione salariale, in q uanto ciò era avvenuto con la comunicazione del 15 febbraio 2012.
Il motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di decadenza dal diritto al trattamento di integrazione salariale, l’art. 8, comma 5, del d.l. n. 86 del 1988, conv. nella l. n. 160 del 1988, si interpreta nel senso che il beneficiario del trattamento ha l’onere di dare all’INPS la preventiva comunicazione dello svolgimento di attività lavorativa, ancorché compatibile con detto trattamento, quale quella temporanea o saltuaria, allo scopo di consentire all’Istituto la verifica circa la compatibilità dell’attività da svolgere con il perdurare del lavoro presupposto dell’integrazione salariale’ (Cass. n. 24644/2023, 24455/2017, 28407/2017) .
A tale orientamento, va data continuità, avendo la Corte d’appello accertato che la comunicazione del lavoratore all’Inps del 15.2.2012, al fine di rendere edotto l’Istituto previdenziale della titolarità della partita Iva, non era stata tempestiva, perché comunicata oltre le ventiquattro ore dalla comunicazione della sospensione dell’attività lavorativa del 10.2.2012, volta al riconoscimento dell’integrazione salariale (che era operante fin dal 31.1.12), cfr. foglio 7 della sentenza impugnata.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese di lite liquidate nella misura indicata in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare all’Inps le spese di lite, che liquida in € 2.000,00 per compensi professionali , € 200,00 per esborsi oltre il 15% per spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26.11.24