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Comporto part-time verticale: no alla riduzione

Un lavoratore con contratto part-time verticale è stato licenziato per superamento del periodo di comporto, calcolato dall’azienda in modo proporzionalmente ridotto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il licenziamento illegittimo. Ha statuito che, in assenza di una specifica previsione del contratto collettivo nazionale, il periodo di comporto per un lavoratore in part-time verticale non può essere ridotto e deve essere uguale a quello di un lavoratore a tempo pieno, in applicazione del principio di non discriminazione.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Comporto Part-Time Verticale: la Cassazione Dice No alla Riduzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11865/2024, ha affrontato una questione cruciale per i diritti dei lavoratori: la durata del comporto part-time verticale. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale a tutela del principio di non discriminazione, chiarendo che il periodo di conservazione del posto in caso di malattia non può essere ridotto proporzionalmente in assenza di una specifica previsione della contrattazione collettiva.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore impiegato con un contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale presso una grande società di trasporti. L’azienda lo aveva licenziato per superamento del periodo di comporto, ovvero il limite massimo di assenze per malattia consentito prima che il datore di lavoro possa recedere dal contratto.

Il punto centrale della controversia era il metodo di calcolo di tale periodo. L’azienda aveva ritenuto di dover “riproporzionare” la durata del comporto, riducendola in base al minor numero di ore lavorate dal dipendente rispetto a un collega a tempo pieno. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo che tale calcolo fosse illegittimo e discriminatorio. Mentre il Tribunale di primo grado aveva dato ragione all’azienda, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, accogliendo le ragioni del lavoratore. La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione sul Comporto Part-Time Verticale

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione della Corte d’Appello. Ha dichiarato illegittimo il licenziamento, affermando che la durata del periodo di comporto per un lavoratore in part-time verticale non può essere ridotta in assenza di una previsione esplicita da parte dei contratti collettivi. La regola generale è quella della parità di trattamento con i lavoratori a tempo pieno.

Le Motivazioni: Il Principio di Non Discriminazione è la Regola

La Corte ha basato la sua decisione su un’attenta analisi dell’evoluzione normativa, in particolare del passaggio dal D.Lgs. 61/2000 al D.Lgs. 81/2015, e sul principio di non discriminazione sancito a livello europeo e nazionale.

Il D.Lgs. 81/2015 ha recepito in modo ancora più forte il principio secondo cui “Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno di pari inquadramento“.

La Corte distingue nettamente tra:
1. Trattamenti economici: Elementi come la retribuzione possono essere riproporzionati in base alla ridotta entità della prestazione lavorativa.
2. Diritti non strettamente patrimoniali: Diritti come le ferie, i congedi e, appunto, la durata del periodo di comporto, non sono automaticamente riducibili. La loro funzione è garantire al lavoratore un’adeguata tutela della salute e la conservazione del posto, indipendentemente dall’orario svolto.

Sebbene la legge (art. 7, comma 2, D.Lgs. 81/2015) preveda la possibilità di “modulare” la durata del comporto per i lavoratori in part-time verticale, essa affida tale compito esclusivamente alla contrattazione collettiva. Questa previsione è una deroga alla regola generale di non discriminazione e, come tale, non può essere applicata in via analogica o unilaterale dal datore di lavoro.

Nel caso specifico, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato non conteneva alcuna disposizione che prevedesse un riproporzionamento del comporto per i lavoratori part-time. Di conseguenza, in assenza di tale mediazione negoziale tra le parti sociali, prevale la regola generale: il lavoratore part-time ha diritto allo stesso periodo di conservazione del posto di un lavoratore a tempo pieno.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche per datori di lavoro e dipendenti. Consolida la protezione dei lavoratori a tempo parziale, specialmente quelli con contratto verticale, contro pratiche potenzialmente discriminatorie. I datori di lavoro non possono decidere autonomamente di ridurre il periodo di comporto, ma devono fare esclusivo riferimento a quanto stabilito dal CCNL applicabile.

Se il contratto collettivo tace sulla questione, si applica integralmente il periodo di comporto previsto per i lavoratori a tempo pieno. Ciò rafforza la posizione del lavoratore, garantendo che il diritto fondamentale alla salute e alla sicurezza del posto di lavoro non sia indebolito a causa della scelta di un regime orario ridotto.

Il periodo di comporto per un lavoratore in part-time verticale è più breve di quello di un lavoratore a tempo pieno?
No, in assenza di una specifica previsione nel contratto collettivo applicabile, il periodo di comporto per un lavoratore in part-time verticale ha la stessa durata di quello previsto per un lavoratore a tempo pieno.

Un’azienda può ridurre unilateralmente il periodo di comporto per un dipendente part-time?
No. Secondo la sentenza, la riduzione del periodo di comporto non è automatica ma deve essere prevista e regolamentata dai contratti collettivi, come consentito dall’art. 7 del D.Lgs. 81/2015.

Cosa stabilisce il principio di non discriminazione per i lavoratori part-time?
Stabilisce che un lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto a un lavoratore a tempo pieno comparabile. Questo principio, salvo eccezioni di legge o di contratto collettivo, si applica anche a diritti come la durata del periodo di conservazione del posto in caso di malattia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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