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Compenso variabile: quando spetta al professionista?

Una professionista ha citato in giudizio una società sportiva per ottenere il pagamento di un compenso variabile legato alla stipula di nuove sponsorizzazioni. La Corte d’Appello ha confermato il suo diritto, specificando che il concetto di ‘nuove sponsorizzazioni’ deve essere interpretato in senso ampio, includendo qualsiasi nuovo vantaggio economico per l’azienda, anche derivante da accordi di ‘cambio merci’. La richiesta di riconoscimento di mansioni superiori è stata invece respinta.

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Pubblicato il 5 dicembre 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Compenso Variabile e Contratto d’Opera: l’Interpretazione Estensiva del Giudice

Il tema del compenso variabile nei contratti di collaborazione professionale è spesso fonte di contenzioso, specialmente quando le clausole contrattuali non sono definite con assoluta precisione. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Genova, Sezione Lavoro, offre importanti chiarimenti su come interpretare il diritto a tale compenso, in particolare nel contesto delle sponsorizzazioni. Il caso vedeva contrapposti una professionista responsabile della comunicazione e una società sportiva.

I Fatti di Causa: Un Contratto di Collaborazione e le Pretese Economiche

Una professionista aveva stipulato un contratto di opera professionale della durata di un anno con una società sportiva. Il suo incarico era quello di responsabile della comunicazione e dello sviluppo delle sponsorizzazioni locali. Il suo compenso era composto da una parte fissa e una parte variabile, quest’ultima legata ai risultati ottenuti. Al termine del rapporto, la lavoratrice ha agito in giudizio per ottenere il saldo del compenso fisso, il pagamento del compenso variabile derivante dai contratti di sponsorizzazione procurati e un’indennità per aver svolto mansioni superiori a quelle pattuite.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto parzialmente le sue richieste, riconoscendole un credito residuo sulla parte fissa e una cospicua somma a titolo di compenso variabile, ma aveva rigettato la domanda relativa alle mansioni superiori.

L’Appello e la Definizione di ‘Nuove Sponsorizzazioni’

Insoddisfatta, la società sportiva ha impugnato la sentenza, contestando principalmente il riconoscimento del compenso variabile. Secondo la società, la professionista non aveva procurato alcuna ‘nuova sponsorizzazione’, limitandosi a gestire rapporti già esistenti o a concludere accordi non vantaggiosi, come quelli basati sul ‘cambio merci’.

La professionista, a sua volta, ha presentato un appello incidentale, insistendo sul fatto di aver svolto attività paragonabili a quelle di un Dirigente Sportivo, che andavano ben oltre quanto previsto dal suo contratto.

L’Importanza del compenso variabile secondo la Corte

La Corte d’Appello ha respinto la tesi della società, fornendo un’interpretazione estensiva e pragmatica della clausola contrattuale. I giudici hanno stabilito che il concetto di ‘nuove sponsorizzazioni’ non dovesse essere limitato alla stipula di contratti con soggetti interamente nuovi. Al contrario, doveva includere qualsiasi iniziativa che garantisse ‘nuove entrate economiche’ alla società, sotto qualsiasi forma.

Il discrimine, secondo la Corte, è il vantaggio economico raggiunto dalla società grazie all’impegno lavorativo della professionista. In quest’ottica, anche i contratti basati sul ‘cambio merci’ sono stati considerati validi ai fini del calcolo del compenso variabile, poiché garantivano alla società vantaggi economici concreti in termini di beni e servizi in cambio di pubblicità.

Il Rigetto della Domanda per Mansioni Superiori

La Corte ha invece confermato il rigetto della domanda della lavoratrice relativa alle mansioni superiori. Analizzando il contratto, i giudici hanno osservato che le mansioni pattuite erano descritte in modo molto ampio e flessibile. Sebbene l’intensità del lavoro della professionista fosse aumentata, le sue attività rientravano comunque nell’alveo di quanto previsto dall’accordo iniziale. Pertanto, non era possibile individuare lo svolgimento di compiti qualitativamente diversi e superiori che giustificassero un compenso aggiuntivo.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La decisione dei giudici si fonda su un’attenta analisi del contratto e delle prove prodotte. La Corte ha ritenuto che la natura generica della clausola sul compenso variabile consentisse di includere ogni forma di vantaggio economico procurato alla società, come correttamente documentato dalla lavoratrice. L’interpretazione restrittiva proposta dalla società appellante è stata giudicata infondata, in quanto non supportata dal testo contrattuale. Per quanto riguarda l’appello incidentale, la Corte ha concluso che l’ampia previsione dell’impegno professionale nel contratto originario era già comprensiva di tutte le attività svolte, seppur intense, e che il corrispettivo pattuito era da considerarsi adeguato e onnicomprensivo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza sottolinea due principi fondamentali. Primo, nella valutazione del diritto al compenso variabile, ciò che conta è il risultato economico tangibile portato all’azienda, a prescindere dalla forma specifica dell’accordo (denaro, ‘cambio merci’, etc.), a meno che il contratto non preveda esclusioni esplicite. Secondo, per ottenere il riconoscimento di mansioni superiori, non è sufficiente provare un aumento quantitativo del lavoro, ma è necessario dimostrare di aver svolto compiti qualitativamente diversi e superiori rispetto a quelli previsti da un contratto le cui clausole siano state definite in modo ampio e flessibile.

Cosa si intende per ‘nuove sponsorizzazioni’ ai fini del calcolo di un compenso variabile?
Secondo la sentenza, il termine deve essere interpretato in senso ampio. Include non solo contratti con soggetti completamente nuovi, ma qualsiasi accordo che procuri un nuovo vantaggio economico alla società, comprese formule come il ‘cambio merci’ (barter), se non esplicitamente escluse dal contratto.

È sufficiente un aumento dell’intensità del lavoro per ottenere il riconoscimento di mansioni superiori?
No. La Corte ha stabilito che se le attività svolte, seppur più intense, rientrano nelle ampie e flessibili previsioni del contratto di lavoro, non si configurano automaticamente come mansioni superiori che giustificano un compenso aggiuntivo. È necessario provare lo svolgimento di compiti qualitativamente differenti.

Come vengono calcolati interessi e rivalutazione sui crediti di lavoro non pagati?
La sentenza conferma che, trattandosi di crediti di lavoro, gli interessi decorrono ‘dal giorno del dovuto’ e si applica la ‘rivalutazione automatica’ prevista dall’art. 429 c.p.c., senza che il lavoratore debba provare di aver subito un maggior danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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