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Compenso sanitari penitenziari: la Cassazione decide

Un gruppo di operatori sanitari, trasferiti dall’amministrazione penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, aveva richiesto l’adeguamento del compenso secondo la normativa previgente. La Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni di merito, stabilendo che dopo il trasferimento, il rapporto di lavoro è regolato dalla contrattazione collettiva e non più dalla L. 740/1970. Di conseguenza, il diritto alla rideterminazione automatica del compenso sanitari penitenziari non sussiste, essendo il trattamento economico soggetto alle procedure negoziali e al blocco degli stipendi del pubblico impiego.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Compenso Sanitari Penitenziari: la Cassazione Fa Chiarezza sul Passaggio al SSN

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione complessa riguardante il compenso sanitari penitenziari a seguito del loro trasferimento dall’amministrazione della giustizia al Servizio Sanitario Nazionale (SSN). La Corte ha stabilito che, una volta transitati nel SSN, i loro rapporti di lavoro sono disciplinati dalla contrattazione collettiva nazionale, escludendo il diritto a rideterminazioni automatiche previste dalla normativa precedente.

I Fatti del Contenzioso

La vicenda nasce dalla richiesta di un gruppo di operatori sanitari, in servizio presso un istituto penitenziario, di ottenere la rideterminazione biennale del loro compenso orario. Questi lavoratori erano stati trasferiti ex lege dall’Amministrazione penitenziaria a un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) in attuazione del DPCM del 1.4.2008, che ha spostato le competenze in materia di sanità penitenziaria al SSN.

I lavoratori sostenevano che, nonostante il trasferimento, dovesse continuare ad applicarsi l’art. 53 della legge n. 740/1970, che prevedeva appunto un adeguamento periodico del compenso. Sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano dato loro ragione, ritenendo che l’ASL fosse obbligata a procedere unilateralmente alla rideterminazione del trattamento economico.

L’Azienda Sanitaria, tuttavia, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che il rapporto di lavoro, una volta incardinato nel SSN, dovesse essere assoggettato al sistema della contrattazione collettiva e alle normative sul pubblico impiego, incluso il blocco degli stipendi in vigore in quegli anni.

La Disciplina del Compenso Sanitari Penitenziari dopo il Trasferimento

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ASL, ribaltando completamente l’esito dei precedenti gradi di giudizio. I giudici supremi hanno chiarito che il trasferimento del personale sanitario penitenziario al SSN ha comportato un cambiamento non solo del datore di lavoro, ma dell’intero regime giuridico applicabile.

Il riferimento alla legge n. 740/1970, contenuto nel DPCM del 2008, era da intendersi come una norma transitoria, valida solo fino alla scadenza dei contratti in essere. Una volta scaduti, o per i nuovi rapporti, la disciplina applicabile è quella della contrattazione della Medicina generale, la cui norma fondativa è l’art. 48 della legge n. 833/1978 (istitutiva del SSN). Questo sistema garantisce l’uniformità del trattamento economico e normativo su tutto il territorio nazionale tramite convenzioni e accordi collettivi nazionali.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha fondato la sua decisione su diversi pilastri argomentativi. In primo luogo, ha affermato che il passaggio al SSN ha ricondotto questi rapporti di lavoro, un tempo peculiari, nell’alveo della contrattazione collettiva. Pertanto, qualsiasi adeguamento del compenso non può più derivare da un automatismo previsto da una legge speciale, ma deve essere il risultato di una negoziazione tra le parti sociali. Di conseguenza, è stata esclusa la sussistenza di un potere o dovere unilaterale dell’ASL di aumentare la retribuzione.

In secondo luogo, la Cassazione ha sottolineato che anche questi rapporti, una volta entrati nel perimetro del SSN, sono stati soggetti alle normative imperative di contenimento della spesa pubblica. Il cosiddetto “blocco degli stipendi” e delle procedure negoziali, introdotto da diverse leggi tra il 2010 e il 2014, si applicava anche ai rapporti convenzionali esistenti nel SSN, impedendo di fatto aumenti retributivi al di fuori di specifiche previsioni.

Infine, i giudici hanno rilevato che la soluzione adottata dalla Corte di Appello avrebbe creato una irragionevole disparità di trattamento (in violazione dell’art. 3 della Costituzione) tra questi lavoratori e il resto del personale, dipendente o convenzionato, del SSN, che invece ha subito gli effetti del blocco retributivo.

Conclusioni

La sentenza della Corte di Cassazione stabilisce un principio chiaro e di vasta portata: il personale sanitario transitato dall’amministrazione penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale è pienamente integrato nel regime giuridico di quest’ultimo. Ciò significa che il loro trattamento economico e normativo è regolato esclusivamente dalla contrattazione collettiva di settore. Viene quindi meno ogni diritto a meccanismi di adeguamento automatico previsti dalla vecchia normativa, e il compenso è soggetto alle stesse dinamiche negoziali e agli stessi vincoli di finanza pubblica che valgono per tutti gli altri operatori del SSN. La decisione finale ha quindi comportato il rigetto delle domande originarie dei lavoratori.

Dopo il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale, il personale sanitario penitenziario ha ancora diritto alla rideterminazione biennale del compenso prevista dalla legge n. 740/1970?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, con il transito nel Servizio Sanitario Nazionale, i rapporti di lavoro sono stati ricondotti nell’ambito della contrattazione collettiva della Medicina generale. La vecchia normativa non è più applicabile una volta scaduti i contratti originari.

La ASL ha l’obbligo di aumentare unilateralmente il compenso di questi lavoratori, anche in assenza di un accordo collettivo?
No. La sentenza chiarisce che la determinazione del compenso è oggetto di contrattazione e non di una decisione unilaterale del datore di lavoro pubblico. La ASL non ha il potere di rideterminare il compenso al di fuori delle procedure negoziali previste.

Il “blocco degli stipendi” del pubblico impiego si applicava anche a questi operatori sanitari?
Sì. La Corte ha evidenziato che il blocco delle procedure negoziali, previsto da varie leggi tra il 2010 e il 2014, riguardava anche i rapporti convenzionali esistenti nel Servizio Sanitario Nazionale, e quindi si applicava anche al personale sanitario transitato dall’amministrazione penitenziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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