Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7674 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 7674 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Frosinone, ha riconosciuto ad NOME COGNOME (infermiera professionale presso la Casa Circondariale ‘INDIRIZZO COGNOME‘ dal 18.6.2003 fino al 2008) il risarcimento del danno subito dal 2009 al 2018 a causa della mancata rideterminazione del compenso orario in ossequio alle previsioni di cui all’art. 53 del la legge n. 740/1970 e al DPCM 1.4.2008 ed ha quantificato i relativi importi.
Richiamato il proprio orientamento , ha osservato che nell’ambito del rapporto di lavoro autonomo intercorso con il Ministero della giustizia, fino al biennio 2007/2008 il compenso orario degli infermieri adibiti al servizio di guardia infermieristica era stato rideterminato tramite decreti ministeriali, l’ultimo dei quali del 19.11.2007 e che successivamente il DPCM del 1.4.2008, in attuazione dell’art. 2, comma 283, della legge n. 244/2007, aveva disciplinato le modalità, i criteri e le procedure per il trasferimento al SSN delle funzioni sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti di lavoro, delle attrezzature, degli arredi e beni strumentali relativi alla sanità penitenziaria.
Ha dunque evidenziato che a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, pubblicato sulla G.U. del 30.5.2008, il rapporto di lavoro della COGNOME era stato trasferito in capo alla ASL di Frosinone, pur continuando ad essere disciplinato dalla l egge n. 740/1970, ivi compreso l’art. 53 ed ha osservato che, una volta attuato il trasferimento del rapporto in capo al nuovo datore di lavoro, era transitato in capo al medesimo anche il potere/dovere di procedere, con atto unilaterale, alla rideterminazione del compenso ed ha pertanto ritenuto che la ASL di Frosinone non avesse adempiuto ai propri obblighi contrattuali e avesse tenuto una condotta non conforme ai doveri di correttezza e buona fede.
Considerato che la determinazione del compenso spettante all’ appellante non avrebbe dovuto formare oggetto di una procedura contrattuale o negoziale, stante il disposto dell’art. 53 della legge n. 740/1970, ha ritenuto inapplicabile la disciplina relativa al blocco dei meccanismi di adeguamento della retribuzione dei dipendenti pubblici previsto dalla legge n. 122/2010 ed ha ritenuto assorbita ogni altra questione.
Avverso tale sentenza la ASL di Frosinone ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.
La COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione dell’art. 53, legge n. 740/1970, dell’art. 3 d.lgs. n. 502/1992, del d.lgs. n. 56/2000, dell’art. 3, comma 4, D.P.C.M. 1.4.2008 e degli artt. 3, 81 e 120 Cost., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il potere/dovere di procedere alla rideterminazione del compenso con atto unilaterale fosse transitato in capo al nuovo datore di lavoro.
Evidenzia che la lettera della norma è rimasta invariata ed è tuttora vigente e che pertanto l’adozione del decreto ministeriale è a tal fine ineludibile, necessitando un atto normativo avente efficacia generale e astratta per la rideterminazione del compenso.
Argomenta che la ASL non può stabilire alcun onere o capitolo di spesa, evidenziando che il fabbisogno sanitario è determinato annualmente da una legge statale.
Aggiunge che dal 2009 in poi la Regione Lazio non aveva potuto assegnare alcuna risorsa alla ASL Frosinone, in quanto dal 2007 si trovava in una situazione di disavanzo sanitario ed era stata commissariata.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione dell’art. 9, comma 17, d.l. n. 78/2010, dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente
ritenuto che il limite di spesa previsto dall’art. 9, comma 17, d.l. n. 78/2010 riguardi solo le procedure contrattuali e negoziali.
Evidenzia che la rideterminazione del compenso dei lavoratori parasubordinati avrebbe comportato un aggravamento di spesa; richiama le sentenze della Corte costituzionale nn. 89 e 61 del 2014.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia omessa pronuncia in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale omesso di considerare la specifica eccezione e deduzione relativa al commissariamento della Regione Lazio.
Con il quarto motivo il ricorso denuncia omessa pronuncia in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sull’eccezione di prescrizione.
I primi due motivi, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono fondati.
Il DPCM 1.4.2008, pubblicato in G.U. 30.5.2008 n. 126 ha dato attuazione all’art. 2, comma 283, della legge n. 244/2007 a termini del quale ‘ sono definiti, nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza previsti dalla legislazione vigente e delle risorse finanziarie (…) b) le modalità e le procedure (…) per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale dei rapporti di lavoro in essere (…) relativi all’esercizio di funzioni sanitarie nell’ambito del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e del Di partimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia, con contestuale riduzione delle dotazioni organiche dei predetti Dipartimenti in misura corrispondente alle unità di personale di ruolo trasferite al Servizio sanitario nazionale ‘ ed ha disciplinato le modalità, i criteri e le procedure per il trasferimento dei rapporti di lavoro relativi alla sanità penitenziaria.
In particolare, l ‘art. 3, comma 4, del suddetto DPCM ha previsto espressamente che: ‘ 4. I rapporti di lavoro del personale sanitario instaurati ai sensi della legge 9 ottobre 1970, n. 740, in essere alla data del 15 marzo 2008 sono trasferiti, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dal Dipartimento dell’Amministr azione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia alle Aziende sanitarie locali del
Servizio sanitario nazionale nei cui territori sono ubicati gli istituti e servizi penitenziari e i servizi minorili di riferimento e continuano ad essere disciplinati dalla citata legge n. 740 del 1970 fino alla relativa scadenza. Tali rapporti, ove siano a tempo determinato con scadenza anteriore al 31 marzo 2009, sono prorogati per la durata di dodici mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto ‘.
E’ stato dunque disposto il trasferimento ex lege al Servizio Sanitario Nazionale dei rapporti di lavoro con l’Amministrazione Penitenziaria ‘instaurati ai sensi della L. n. 740/1970’ ed ‘in essere alla data del 15 marzo 2008’.
7. Questa Corte ha recentemente ribadito la peculiarità di una prestazione d’opera sottoposta a vincoli di controllo del committente solo in ragione della complessa realtà del carcere e non in ragione del potere direttivo tipico della subordinazione ed ha pertanto ritenuto che tale peculiarità non consenta una trasposizione della disciplina già prevista nella diversa realtà, giuridica e professionale, determinata dal trasferimento ai sensi del DPCM del 1.4.2008 (Cass. n. 20159/2024).
Si è dunque chiarito che con il transito dei rapporti di lavoro del personale sanitario instaurati ai sensi della legge n. 740/1970 dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale, tali rapporti sono stati ricondotti nell’ambito della contrattazione della Medicina generale; pertanto la previsione relativa all’adeguamento del compenso non era più invocabile in mancanza di una negoziazione collettiva che l’avesse recepita trasponendola anche nella diversa realtà giuridica.
C on il trasferimento e l’incardinamento presso il Servizio Sanitario Nazionale , anche tali peculiari rapporti sono stati dunque ricondotti nell’ambito della contrattazione della Medicina generale, la cui norma fondativa è l’art. 48 della legge n. 833 del 1978 istitutiva del SSN.
Tale disposizione ha previsto che l’uniformità del trattamento economico e normativo del personale sanitario a rapporto convenzionale è garantita sull’intero territorio nazionale da convenzioni, aventi durata triennale, del tutto conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati tra il Governo, le regioni e
l’A.N.C.I. e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale di ciascuna categoria.
Pertanto, se a termini dell’art. 3, comma 4, i suddetti rapporti continuano ad essere disciplinati dalla legge n. 740/1970 fino alla relativa scadenza e ove siano a tempo determinato con scadenza anteriore al 31 marzo 2009, sono prorogati per la durata di dodici mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore del DPCM, quelli scaduti dopo tale entrata in vigore ovvero comunque affidati o rinnovati dopo tale data non possono più essere disciplinati dalla legge n. 740/1970, essendo esclusa una iperestensione degli ambiti stabiliti dalla stessa legge.
Si è inoltre evidenziato che il blocco delle procedure negoziali ha riguardato anche quelle relative ai rapporti convenzionali esistenti nel SSN, secondo quanto previsto dall’art. 9, comma 24, della legge n. 122/2010, dall’art. 16 della legge n.111/2011, d all’art. 1, comma 2, del d.P.R. n. 122 del 4.9.2013 e dall’art. 1, commi 254, 255, 256 della legge n. 190/2014, nonché la sussistenza in capo alla ASL di qualsivoglia potere unilaterale di rideterminazione del compenso oggetto del giudizio.
La sentenza impugnata non è conforme a tali principi, in quanto non ha considerato che il riferimento all’art. 53 della legge n. 740/1970 deve essere letto con riguardo al nuovo regime, ha erroneamente escluso che la determinazione del compenso orario degli infermieri adibiti al servizio di guardia infermieristica trasferiti al Servizio Sanitario nazionale rientri nella contrattazione ed ha erroneamente ritenuto che la AUSL avrebbe dovuto unilateralmente rideterminare il compenso prima definito con decreto interministeriale; non ha inoltre tenuto conto del blocco di tutte le procedure negoziali, ivi comprese quelle relative ai rapporti convenzionali esistenti nel SSN.
In conclusione, il primo ed il secondo motivo vanno accolti, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. con il rigetto delle domande originariamente proposte da NOME COGNOME.
10. Le spese di lite dell’intero processo vanno compensate, considerato che la decisione di questa Corte sulle questioni giuridiche oggetto del giudizio è successiva alla sentenza impugnata.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata relativamente ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta le domande originariamente proposte da NOME COGNOME
compensa le spese di lite dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte