Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23717 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 23717 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 22/08/2025
SENTENZA
sul ricorso 28491-2021 proposto da:
AZIENDA SANITARIA RAGIONE_SOCIALE PIEMONTE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 182/2021 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 17/05/2021 R.G.N. 414/2020;
Oggetto
Pubblico impiego
R.G.N. 28491/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 17/06/2025
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME per delega avvocato NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Torino, con la sentenza n. 182/2021, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’impugnazione proposta da NOME COGNOME -medico specialista ambulatoriale in dermatologia, con incarico a tempo indeterminato presso i presidi di Stresa, Verbania, Omegna, tutti collocati all’interno di strutture ospedaliere – nei confronti della ASL VCO Regione Piemonte, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Verbania. Per l’effetto ha condannato l’ASL al pagamento della somma di euro 14.898,14, oltre accessori, in favore della lavoratrice.
La lavoratrice aveva agito in giudizio chiedendo la condanna dell’ASL al pagamento, ai sensi dell’art. 41 B, punto 8, allegato 3 dell’ACN 2015, della quota variabile di euro 25,82 per ogni consulenza effettuata per pazienti DEA e per i pazienti ricoverati nei reparti ospedalieri, quantificando l’importo complessivo sulla bese delle consulenze indicate nel prospetto inviatole dalla stessa ASL, in relazione al periodo 2009/2017.
Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso la ASL VCO Regione Piemonte, prospettando due motivi di impugnazione.
Resiste con controricorso la lavoratrice.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta illustrata in udienza con cui ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 41 lett. B) n.8 ACN 2015, all’allegato 3 ACN 2015 e agli artt. 22 e 39 ACN 2015 (art. 360 comma 1, n. 3, cpc).
La Corte d’Appello sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 22 dell’ ACN 2015, che prevede e disciplina i compiti e le funzioni dello specialista ambulatoriale, stabilendo al punto 7 l’ambito operativo delle prestazioni assegnate al medico specialista ambulatoriale e, al successivo punto 8, il contenuto delle attività da svolgere.
La suddetta norma, dunque, chiarisce quali siano i compiti e le funzioni del medico specialista ambulatoriale, ricomprendendo finanche le attività di supporto e di consulenza richieste dall’Azienda, nonché il consulto interdisciplinare, intendendosi ad avviso del ricorrente, per quest’ultimo la visita collegiale di due o più medici a un ammalato, per stabilire la diagnosi, la prognosi e la terapia della malattia che l’ha colpito.
Nel contratto sottoscritto tra le parti, viene poi definito l ‘orario di incarico e il compenso da corrispondere e non anche le ulteriori attività di consulto da remunerarsi in aggiunta, in caso di prestazioni di natura consulenziale rese dallo specialista che vadano ad esorbitare l ‘orario di servizio. In questo caso. infatti, il compenso relativo viene corrisposto in aggiunta alla quota oraria stabilita per le ore di incarico. ln sostanza ad avviso del
ricorrente, nella specie il consulto reso dallo specialista, essendo già previsto e menzionato nell’elenco dei compiti e delle funzioni che lo specialista ambulatoriale è chiamato a svolgere, non ha necessità di essere previsto e disciplinato a parte come attività a sé stante e per questo remunerata ad hoc come prestazione ulteriore.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotto il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma. 1, n. 5, cpc).
La sentenza d’appello ha ritenuto irrilevante scrutinare la portata applicativa dell ‘ art. 22 dell’ ACN 2015, nonostante detta disposizione sia propedeutica all’operatività del successivo art. 41 del medesimo ACN.
L’attività di visita a pazienti provenienti da DEA o da reparti ospedalieri prestata dai medici specialisti ambulatoriali non può qualificarsi come consulto, dovendosi ritenere invece attività rientrante nella più ampia attività istituzionale propria dello specialista ambulatoriale e, quindi, esente da remunerazione aggiuntiva.
I suddetti motivi devono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi sono fondati.
La Corte d’Appello ha affermato che nel caso di specie la previsione posta a fondamento della domanda è quella di cui all’allegato 3, richiamato dal comma 8 dell’art.41, lett. B, che testualmente dispone: “Agli specialisti ambulatoriali spettano i compensi previsti per le prestazioni di ·cui all’allegato 3, fatta salva diversa determinazione degli accordi integrativi regionali
e il compenso previsto dal nomenclatore tariffario per le prestazioni aggiuntive di cui all’art. 39 comma 3″.
L’allegato 3 Nomenclatore Tariffario prevede al punto 1, per quanto qui rileva: ‘Consulto ambulatoriale con il medico di medicina generale e/o altro specialista di altra branca euro 25,82 da corrispondere solo allo specialista ambulatoriale consultato’. Al punto 5 prevede ‘Le prestazioni suddette sono effettuate a richiesta del medico di medicina generale o dello specialista, previa autorizzazione del Direttore del Distretto o suo delegato’ (…).
La Corte d’Appello , premettendo che secondo quanto affermato dall’ ASL in prime cure, di norma i pazienti ricoverati nei vari reparti venivano visitati dalla COGNOME nel suo ambulatorio, afferma che elemento qualificante dell’attività descritta dalla disposizione contrattuale in esame (all.3) non può che essere ravvisato nel confronto tecnico tra il medico richiedente e lo specialista consultato, a prescindere dal fatto che il primo sia presente o meno alla visita effettuata dal secondo ed essendo irrilevante la modalità con cui si realizza il confronto tra i due medici (prima e/o dopo la visita, di persona, per telefono, via mail ed altro ancora), di talché non residua pertanto alcuna ragione per ritenere che l’attività di consulenza in questione non possa rientrare nella previsione di cui all’allegato 3.
Tale statuizione offre una lettura della citata disposizione, che non tiene conto del più ampio contesto di disciplina cui concorrono l’art. 22 e l’art. 41 dell’ACN 2015, limitandosi la Corte d’Appello ad affermare che non era contestato che le consulenze erano state richieste dai medici dei reparti
ospedalieri e che non vi era discussione che si trattava di attività resa in funzione e ai fini istituzionali dell’azienda ospedaliera, nonché che la previsione dell’art. 22, comma 8, lett. d), e) ACN 2015, nulla aggiungeva a favore dell’ASL ‘occorrendo scrutinare ai fini della decisione, come la disciplina contrattuale abbia inteso modulare il compenso stabilito in relazione ai compiti che rientrano nell’ambito delle attribuzioni del medico ambulatoriale’.
Va osservato che l’art.22 dell’ACN al punto 7 prevede : ‘Le prestazioni dello specialista ambulatoriale riguardano tutti gli atti e gli interventi di natura specialistica tecnicamente eseguibili, salvo controindicazioni cliniche. In tale contesto lo specialista esegue attività di diagnosi e cura, prevenzione e riabilitazione, di supporto e consulenziali; opera in sede ambulatoriale, in sede ospedaliera, presso AFT e UCCP, presso i consultori e gli istituti penitenziari, in assistenza domiciliare, in assistenza programmata a soggetti nel domicilio personale, in assistenza nelle residenze protette, in assistenza domiciliare integrata, negli ambulatori dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta e nelle sedi individuate dall’art. 30’, e al successivo punto 8 stabilisce: ‘Nello svolgimento della propria attività lo specialista ambulatoriale: (…) e) assicura il consulto con il medico di famiglia e il pediatra di libera scelta, previa autorizzazione dell’Azienda, nonché il consulto specialistico interdisciplinare’.
L’art. 41 dello stesso ACN sancisce ‘Il trattamento economico degli specialisti ambulatoriali e dei veterinari si articola in: a) quota oraria; b) quota variabile, nell’ambito dei programmi
regionali ed aziendali, finalizzata al raggiungimento di standard organizzativi, di processo, di livello erogativo, di partecipazione agli obiettivi e al governo della compatibilità, nonché per il raggiungimento degli obiettivi di qualificazione, appropriatezza e governo della compatibilità.’
Nell’ambito della disciplina della quota variabile, sono poi precisate le prestazioni per cui la quota variabile va erogata, e al comma 8 dell’art. 41, è stabilito che ‘Agli specialisti ambulatoriali spettano i compensi previsti per le prestazioni di cui a ll’allegato 3, fatta salva diversa determinazione degli Accordi Integrativi Regionali, ed il compenso previsto dal nomenclatore tariffario regionale per le prestazioni aggiuntive di cui all’art. 39, comma 3’.
Dunque, l’ACN 2015, all’art. 41 , precisa le prestazioni per le quali è prevista la corresponsione della quota variabile e premette che la stessa è finalizzata al raggiungimento di standard organizzativi, di processo, di livello erogativo, di partecipazione agli obiettivi e al governo della compatibilità, nonché per il raggiungimento degli obiettivi di qualificazione, appropriatezza e governo della compatibilità, opera in un contesto che si riflette sulle prestazioni, specificamente individuate, per le quali è corrisposta.
Tale finalità, che deve trovare riscontro negli atti di organizzazione e programmazione dell’Azienda, costituisce presupposto per l’erogazione della quota variabile, e in proposito l’affermazione della Corte d’Appello, oggetto di censura da parte della ricorrente (v., in particolare, pag. 12 del ricorso) che ‘l’attività di consulenza in questione non può certo
considerarsi esorbitante dalla previsione contrattuale’ (pag. 7 della sentenza di appello) è meramente assertiva.
Nella specie, quindi, ai sensi dell’ACN 2015, l’attività specialistica di consulto ambulatoriale con il medico di medicina generale e/o altro specialista di altra branca ( di cui all’art. 3 n. 1 Nomenclatore tariffario, richiamato dall’art. 41 ACN 2015), specifica l’attività specialistica di supporto e di consulenza richiesta dall’Azienda per gli scopi istituzionali (art. 22, comma 8, lett. d), e non è priva di rilievo, come invece afferma la Corte d’Appello (pag. 8 della sentenza di appello), la modalità del consulto medesimo se, per analogo consulto, ma domiciliare, è prevista una diversa tariffa (art. 3, n. 2 Nomenclatore tariffario).
La Corte d’Appello ha fatto erronea applicazione dell’ACN del 2015 in quanto non ha accertato in ragione delle risultanze di causa la determinazione, in sede di programmazione, degli obiettivi che costituiscono il presupposto generale del trattamento economico quota variabile, come stabilite dall’art. 41, n.1, lett. b) dell’ACN medesimo, e ha incentrato la decisione sulla assoluta irrilevanza delle modalità del consulto di cui all’art. 3 del Nomenclatore tariffario, senza quindi accertamenti in merito (con sulto possibile ad avviso della Corte d’Appello ‘prima e/o dopo la visita, di persona, per telefono, via mail e altro ancora’ pag. 8 sentenza di appello), e dando nella sostanza preminente rilievo alla visita specialistica in sé, che tuttavia già costituisce oggetto dei compiti e funzioni dello specialista ambulatoriale, di cui all’art. 22 ACN 2015, oggetto di quota oraria.
Inoltre, deve essere sottolineato che la Corte territoriale, al fine della attribuzione della richiesta quota variabile, ha erroneamente fatto precipuo riferimento a ll’Allegato 3 del Nomenclatore tariffario che (come risulta anche dal titolo) contiene solo le ‘ tariffe ‘ ma non disciplina i requisiti per l ‘ attribuzione dei compensi, che sono previsti dall’art. 41 B comma 8, ACN 2015, ove sono elencate le attività per le quali si può attribuire la quota variabile, con la precisazione che le relative modalità di distribuzione sono stabilite dalla negoziazione regionale, profilo quest’ultimo non considerato dalla Corte d’appello.
Peraltro, tra le attività elencate non sono comprese quelle svolte dalla ricorrente, le quali invece rientrano fra le attività ordinarie che il medico specialista ambulatoriale deve fornire ai sensi dell’ art. 22 di ACN 2015, ove è stabilito che il medico specialista ambulatoriale , fra l’altro: d) realizza le attività specialistiche di supporto e di consulenza richieste dall’Azienda per i propri fini istituzionali; e) assicura il consulto con il medico di famiglia e il pediatra di libera scelta, previa autorizzazione dell’Azienda, nonché il consulto specialistico interdisciplinare.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione