Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14641 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 14641 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12046/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Rettore pro tempore e domiciliata ope legis in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Compenso ex art. 18, Legge n. 109/1994 -Presupposti
R.G.N. 12046/2018
CC 09/05/2024
studio dell’avvocato COGNOME NOME che li rappresenta e difende unitamente a ll’ avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti incidentali – avverso la sentenza della Corte d’appello Trieste n. 123/2017 depositata il 10/10/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 09/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 132/2017, pubblicata il 10 ottobre 2017, la Corte d’appello di Trieste, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE, ha accolto in parte l’appello proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, avverso le sentenze del Tribunale di Trieste nn. 275/2012 (non definitiva) e 191/2013 (definitiva).
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME avevano adito il Tribunale di Trieste con separati ricorsi, esponendo, per quanto di pertinenza di ognuno, di avere ricevuto dall’RAGIONE_SOCIALE numerosi incarichi come Responsabile Unico del Procedimento o come Coordinatore Unico, ottenendo solo in parte i compensi incentivanti ad essi spettanti, e quindi chiedendo la condanna della stessa RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione delle somme ulteriormente dovute.
Il Tribunale di Trieste riuniti i ricorsi aveva accolto solo parzialmente la domanda, ritenendo -in particolare – che il compenso fosse dovuto solo per le opere il cui progetto esecutivo era stato approvato dopo il 3 giugno 1995 ed in relazione alle opere per le quali il bando era intervenuto dopo il 31 gennaio 1997, in quest’ultimo caso
ritenendo applicabile l’art. 1, comma 4, ultimo periodo, D.L. n. 101/1995.
3. Nel definire il gravame, la Corte territoriale, per quel che ancora qui rileva, ha ritenuto, in contrasto con il giudice di prime cure, che l’art. 1, comma 4, ultimo periodo, D.L. n. 101/1995 non fosse applicabile, escludendo che la previsione potesse incidere sulla materia del trattamento economico dei lavoratori, e quindi sull’applicazione dell’art. 18, L. 109/1994, anche in considerazione del fatto che l’applicazione della prima previsione anche al profilo dei compensi incentivanti sarebbe stata in co ntrasto con i principi di cui all’art. 36 Cost. e 2099, 2103 e 2126 c.c.
La Corte territoriale ha quindi escluso che l’attività svolta dagli appellanti nel periodo di vigenza della disciplina in tema di incentivi ed in presenza di un formale incarico potesse rimanere senza compenso solo a causa della data di approvazione del progetto esecutivo e di emanazione del bando, ed ha quindi ritenuto che anche l’accordo di negoziazione decentrata ed il regolamento approvato dal C.d.A. dell’università dovevano essere interpretati nel senso che i limiti temporali in essi fissati non erano in grado di incidere sul diritto al compenso.
La Corte d’appello ha quindi concluso che l’in centivo ex art. 18, Legge n. 109/1994 fosse dovuto, quanto ai soggetti che avevano svolto il ruolo di Coordinatore Unico, a far tempo dall’entrata in vigore dell’art. 6, comma 1, lett. b), D.L. n. 101/1995, e cioè dal 3 giugno 1995, e, quanto ai soggetti che avevano svolto il ruolo di Responsabile Unico del Procedimento, a far tempo dall’entrata in vigore dell’art. 6, comma 13, Legge n. 127/1997, e cioè dal 18 maggio 1997.
La Corte d’appello, poi, ha ritenuto che il compenso incentivante potesse essere riconosciuto anche per lo svolgimento del ruolo di
Coordinatore Unico in relazione a RAGIONE_SOCIALE progettati ed eseguiti da società terza in regime di concessione di committenza.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Trieste ricorre ora l’RAGIONE_SOCIALE.
Resistono con controricorso e ricorso incidentale NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 18, Legge n. 109/1994 e art. 1, comma 4, ultimo periodo, D.L. n. 101/1995, per avere la Corte territoriale adottato un’interpretazione dell’art. 1, comma 4, ultimo periodo, D.L. n. 101/1995 contraria sia alla lettera sia alle finalità della previsione che, secondo la ricorrente, mirava a dettare un regime transitorio ai fini dell’applicazione dell’art. 18, L egge n. 109/1994 riferibile anche all’applicazione del compens o incentivante.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1, comma 4, ultimo periodo, D.L. n. 101/1995, e dell’art. 36 Cost.
La ricorrente censura la decisione impugnata per aver quest’ultima affermato che l’applicazione della norma in rilievo anche al profilo dei compensi incentivanti sarebbe stata in contrasto con i principi di cui all’art. 36 Cost. e 2099, 2103 e 2126 c.c.
Argomenta, in contrario, che il compenso incentivante non ha natura sinallagmatica rispetto all’attività svolta, ma la mera funzione incentivante, sottratta, quindi, al principio di cui all’art. 36 Cost.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce la violazione dell’art. 1, Legge cost. n. 1/1948 e dell’art. 134 Cost, per avere la Corte territoriale ritenuto di adottare un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 1, comma 4, ultimo periodo, D.L . n. 101/1995, omettendo di sollevare questione di legittimità costituzionale.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce la violazione o falsa applicazione ‘dell’art. 1 comma 5 del d.l. 2016/1995’ per aver riconosciuto il diritto ai compensi incentivanti anche in relazione a RAGIONE_SOCIALE progettati ed eseguiti in regime di concessione di committenza.
La ricorrente deduce che tali RAGIONE_SOCIALE erano da ritenersi esclusi dall’applicazione del compenso incentivante sia alla luce del regime temporale dettato dall’art. 1, comma 4, ultimo periodo, D.L. n. 101/1995, sia per la stessa natura dello strumento della concessione di committenza, nel quale il concessionario provvede anche alle attività di progettazione e coordinamento delle opere.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, n. 5), c.p.c. l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
I ricorrenti incidentali impugnano la decisione della Corte d’appello di Trieste nella parte in cui la stessa ha parzialmente posto a loro carico le spese di consulenza tecnica d’ufficio, evidenziando una serie di profili che, secondo i ricorrenti, avrebbero dovuto indurre la Corte territoriale a grava re l’RAGIONE_SOCIALE dell’integralità delle spese stesse.
I primi due motivi di ricorso devono esaminati congiuntamente, stante il rapporto di connessione, e sono fondati.
Come già accennato la decisione impugnata è pervenuta alla conclusione per cui – diversamente da quanto opinato dal giudice di prime cure l’art. 1, comma 4, ultimo periodo, D.L. n. 101/1995 (conv.
con mod. con Legge n. 216/1995 , c.d. ‘Legge Merlonibis ‘ ) non poteva incidere sulla materia del trattamento economico dei lavoratori e non valeva, quindi, ad escludere il diritto dei ricorrenti alla percezione dell’incentivo di cui all’art. 18, L egge n. 109/1994 (c.d. ‘Legge Merloni’) , in virtù della mera collocazione temporale del momento di approvazione del progetto esecutivo e di emissione del relativo bando.
Tale interpretazione non costituisce adeguato governo delle norme applicabili alla fattispecie.
Si deve rammentare, in primo luogo, che il citato art. 1, D.L. n. 101/1995 (ormai abrogato) veniva a contemplare -nella versione derivante dalle modifiche apportate in sede di conversione -due commi, i nn. 4 e 5, che così, testualmente, disponevano:
‘ 4. Ai progetti che siano affidati formalmente a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2, nonché ai relativi affidamenti in appalto o in concessione, si applicano le disposizioni della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come modificata dal presente decreto, che non fanno rinvio a norme del medesimo regolamento, ad eccezione di quelle di cui agli articoli 4, commi da 1 a 9, e 14, nonché le disposizioni legislative e regolamentari previgenti non incompatibili con la citata legge n. 109 del 1994. Le medesime disposizioni si applicano ai progetti affidati formalmente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e ai relativi affidamenti in appalto o in concessione qualora il bando per l’appalto o per la concessione non sia pubblicato entro il 31 gennaio 1997.
Ai progetti che siano affidati formalmente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ed ai relativi affidamenti in appalto o in concessione, qualora il bando per
l’appalto o per la concessione sia pubblicato entro il 31 gennaio 1997, si applicano le disposizioni legislative e regolamentari vigenti fino alla data di entrata in vigore della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nonché gli articoli 1, 2, 6, 7, 8, comma 7, 9, 19, 21, 22, 23, 24, 26, commi da 1 a 5, 31, 31-bis, 32, 35, 36, 37 e 38, comma 4, della citata legge n. 109 del 1994, come modificata dal presente decreto. ‘ .
La tesi adottata dalla decisione impugnata, secondo la quale la previsione del comma 4 presentava la funzione esclusiva di individuare la disciplina applicabile alla progettazione ed esecuzione delle opere pubbliche ma non valeva a disciplinare la distinta materia del trattamento economico, non tiene, tuttavia, conto delle finalità alla base dell’adozione tramite la decretazione d’urgenza di tali previsioni.
Tali finalità, in particolare, erano quelle di operare un immediato -e corposo – intervento sulla Legge n. 109/1994, la quale, a propria volta, aveva invece introdotto la figura del compenso incentivante contemplato all’art. 18, a propria volta finalizzato -come si vedrà anche in seguito -ad incentivare e compensare l’attività di programmazione e progettazione delle opere pubbliche espletata all’interno dell’amministrazione , evitando quindi l’affidamento esterno delle attività di progettazione e realizzazione delle opere medesime.
Si evidenzia così una prima fallacia del ragionamento seguito dalla Corte d’appello nel momento in cui ha ritenuto di scindere al fine di individuare l’ambito di applicazione del citato comma 4 tra il profilo della individuazione della disciplina applicabile alla progettazione ed esecuzione delle opere pubbliche ed il profilo del trattamento economico, laddove, in relazione al l’applicazione dall’art. 18, Legge n. 109/1994, i due profili dovevano ritenersi strettamente correlati, costituendo il primo il fondamento del secondo, giacché, non operando
la disciplina sull’autonoma progettazione delle opere pubbliche, non vi era neppure ragione di attivare il meccanismo del compenso incentivante.
A questa considerazione di fondo viene poi ad affiancarsi il raffronto sistematico dei commi 4 e 5, tenuto conto del fatto che quest’ultimo comma, nel disciplinare proprio l’ipotesi di ‘ progetti che siano affidati formalmente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ed ai relativi affidamenti in appalto o in concessione, qualora il bando per l’appalto o per la concessione sia pubblicato entro il 31 gennaio 1997 ‘ stabiliva l’applicazione delle ‘ disposizioni legislative e regolamentari vigenti fino alla data di entrata in vigore della legge 11 febbraio 1994, n. 109 ‘ , facendo salva l’applicazione solo parziale delle previsioni in quest’ultima contenute, tra le quali, tuttavia, non veniva enumerato proprio l’art. 18 , risultando, anzi, escluso tutto il ‘blocco’ di previsioni sull’attività di progettazione (artt. 16 e 17) che del riconoscimento del compenso incentivante costituiscono il presupposto.
Ne consegue, quindi, che, mentre l’art. 1, comma 4, D.L. n. 101/1995 veniva a prevedere, per le ipotesi in esso contemplate, l’applicazione dell’art. 18, Legge n. 109/1994 -non compreso nelle eccezioni di cui al primo periodo del comma -per contro, il successivo comma 5, in relazione a fattispecie quali quelle oggetto del presente ricorso, veniva ad escludere la possibilità di riconoscere la retribuzione incentivante, adottando, in sostanza, come criterio di discrimine temporale di base quello costituito dalla data di entrata in vigore della stessa legge di conversione del D.L. n. 101/1995, cui venivano poi ancorati i parametri specifici della data di affidamento dei progetti e della data di pubblicazione del bando (in questo secondo caso distinguendo tra pubblicazione ante e post 31 gennaio 1997).
La ratio del criterio temporale, del resto, sembra piuttosto evidente, e consisteva nel progressivo passaggio ‘a regime’ della Legge n. 109/1994 – peraltro modificata dallo stesso D.L. n. 101/1995 – e quindi anche nella concreta possibilità per le Amministrazioni di procedere all’autonoma programmazione e progettazione delle opere, ritenuta dal Legislatore non pienamente attuabile – con conseguente esclusione dell’applicazione dell’art. 18, L. 109/1994 prima dell’integrarsi dei presupposti di cui all’art. 1, comma 4.
Qualora la decisione impugnata avesse tenuto adeguatamente conto di detto profilo, sarebbe dovuta pervenire alla duplice – e ben diversa conclusione per cui, da un lato l’art. 1, D.L. n. 101/1995 veniva a dettare un regime transitorio che interessava la Legge n. 109/1994 nel suo complesso e quindi anche l’individuazione dei presupposti del riconoscimento della retribuzione incentivante di cui all’art. 18, Legge n. 109/1994 -e, dall’altro lato, l’esclusione del riconoscimento del compenso per le opere pubbliche il cui progetto esecutivo non fosse stato approvato dopo il 3 giugno 1995, qualora il bando non fosse intervenuto dopo il 31 gennaio 1997, non si poneva in contrasto con i principi in materia di retribuzione invocati nella decisione in esame, atteso che la previsione normativa altro non faceva se non individuare in modo specifico i presupposti anche temporali per il riconoscimento del compenso, in disparte la possibilità per i lavoratori di chiedere, semmai, il riconoscimento del compenso per lavoro straordinario, che invece nella specie non risulta essere stato oggetto di domanda.
Si deve, del resto, rammentare che, se è vero che questa Corte si è ormai consolidata nell’affermare che l’incentivo di cui all’art. 18, Legge n. 109/1994 ha carattere retributivo (Cass. Sez. L – Sentenza n. 10222 del 28/05/2020 e precedenti ivi richiamati), è parimenti vero
che sempre questa Corte, infatti, ha costantemente affermato il principio per cui il compenso può essere attribuito se previsto dalla contrattazione collettiva decentrata e sia stato adottato l’atto regolamentare dell’amministrazione aggiudicatrice (Cass. Sez. L Sentenza n. 13937 del 05/06/2017), trovando i propri presupposti nell’adozione del regolamento per le modalità di erogazione che le amministrazioni sono chiamate a costituire ed emanare (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 3779 del 09/03/2012), da ciò dovendosi desumere che la nascita del diritto al compenso incentivante è condizionata, non alla sola preRAGIONE_SOCIALE dell’attività incentivata -come sostanzialmente sembra opinare la Corte territoriale – bensì alla presenza di un ‘ulteriore serie di presupposti , assenti i quali lo svolgimento dell’attività non conferisce il diritto alla corresponsione del compenso.
4. Il terzo motivo di ricorso è invece inammissibile.
Come questa Corte ha chiarito che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione diretto unicamente a prospettare una questione di legittimità costituzionale di una norma non potendo essere configurato a riguardo un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l’annullamento da parte della Corte, in quanto è riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte costituzionale ben potendo la stessa essere sempre proposta, o riproposta, dall’interessato, oltre che prospettata d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 14666 del 09/07/2020; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 9284 del 16/04/2018), così deve ritenersi che non costituisce di per sé vizio della decisione di merito l’opzione, nella decisione medesima esercitata, di optare per una interpretazione
costituzionalmente orientata del dato normativo, potendosi, semmai, sindacare tale interpretazione ai sensi dell’art. 360, n. 3), c.p.c. come violazione o falsa applicazione delle previsioni di legge interessate dal processo interpretativo del giudice di merito -come nella specie è avvenuto -ferma la possibilità per questa Corte di sollecitare autonomamente il sindacato di costituzionalità.
5. Il quarto motivo di ricorso è fondato.
Giova rammentare che le caratteristiche della concessione di committenza sono già state individuate dalla giurisprudenza amministrativa, la quale ha definito l’istituto come ‘quella particolare figura di concessione con la quale, in relazione ad attività molto complesse, al concessionario viene fatto carico di svolgere una serie di servizi inerenti anche alle fasi organizzative dell’intervento, dalla progettazione sino allo svolgimento delle gare, alla direzione dei RAGIONE_SOCIALE e collaudi ‘ con la conseguenza che ‘ il concessionario può sostituirsi integralmente nei compiti e nelle funzioni generalmente attribuite all’amministrazione concedente’ (Cons. Stato Sez. II, 21/12/1994, n. 2698).
Tali caratteri, tuttavia, risultano già di per sé incompatibili con la fattispecie di cui all’art. 18, Legge n. 109/1994, atteso che la ratio di tale previsione è quella di incentivare e compensare l’attività di progettazione espletata all’interno dell’amministrazione (Cass. Sez. L, Sentenza n. 11022 del 2016) aggiudicataria o titolare di atti di pianificazione (generale, particolareggiata od esecutiva), in modo da premiare una scelta che determina un complessivo risparmio di spesa derivante dell’impiego de lle risorse interne per la progettazione ed esecuzione delle opere pubbliche.
È evidente, allora , che nell’ipotesi in cui si verifichi l’evenienza opposta e cioè l’opera pubblica, ben lungi dall’essere progettata e
realizzata con le risorse interne dell’amministrazione, venga ad essere affidata nella sua integralità a soggetti terzi, al punto di attribuire a questi ultimi anche la cura di fasi prodromiche alla realizzazione, come organizzazione, progettazione e finanche svolgimento delle gare – non può che constatarsi il venir meno della ratio del riconoscimento dell’incentivo ex art. 18, Legge n. 109/1994, la cui attribuzione, anzi, determinerebbe un potenziale aggravio di spesa, anziché consentire un risparmio come nel caso della progettazione interna.
In realtà, si deve rilevare che l’incompatibilità tra il riconoscimento dell’incentivo di cui all’art. 18, Legge n. 109/1994 e l’ipotesi di realizzazione di opere in regime di concessione di committenza risulta ulteriormente desumibile dal disposto di cui al successivo art. 19, comma 3, il quale – in tutte le versioni ratione temporis vigenti – ha escluso la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di affidare a soggetti RAGIONE_SOCIALE o di diritto privato l’espletamento delle funzioni e delle attività di RAGIONE_SOCIALE, a conferma – definitiva – della incompatibilità tra il riconoscimento di un incentivo che è comunque collegato alla progettazione ed esecuzione diretta dell’opera, da un lato, e l’affidamento dell’integrale realizzazione dell’opera a terzi, dall’altro.
Sulla scorta di queste premesse, si deve affermare che la decisione impugnata ha fatto governo non corretto dell’art. 18, Legge n. 109/1994, ritenendolo riconoscibile anche in relazione ad attività svolte nell’ambito di una concessione di committenza ; pertanto, il motivo di ricorso deve essere accolto.
Anche in questo appare tuttavia opportuno precisare che non per tale ragione le attività eventualmente svolte ed accertate in giudizio si sarebbero viste in ipotesi negata qualunque forma di remunerazione, persistendo anche in questo caso la possibilità di sollecitare il
riconoscimento di un compenso per tali attività nell’ambito della voce del lavoro straordinario, previa verifica della sussistenza dei relativi presupposti, ed in presenza della relativa domanda.
Alla luce dell’accoglimento del ricorso principale, il motivo di ricorso incidentale risulta assorbito, dal momento che il giudice del rinvio dovrà provvedere ad una nuova regolamentazione delle spese del giudizio, tra le quali rientrano le spese di consulenza tecnica d’ufficio quali costi processuali suscettibili di regolamento ex artt. 91 e 92 c.p.c. (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 11068 del 10/06/2020; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 26849 del 21/10/2019; Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 17739 del 07/09/2016).
In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto in relazione a primo, secondo e quarto motivo, inammissibile il terzo ed assorbito il ricorso incidentale.
La decisione impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, la quale si atterrà ai principi qui enunciati e provvederà altresì a regolare le spese anche del giudizio di legittimità
P. Q. M.
La Corte accoglie primo, secondo e quarto motivo del ricorso principale, inammissibile il terzo ed assorbito il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 9 maggio