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Compenso consulente tecnico: no a triplicazione illegittima

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che triplicava il compenso di un consulente tecnico per tre perizie quasi identiche depositate in procedimenti distinti ma connessi. La Corte ha ritenuto la motivazione del giudice di merito ‘apparente’ e ‘contraddittoria’, poiché non aveva adeguatamente considerato la sostanziale unicità dell’attività svolta. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova valutazione del compenso del consulente tecnico che tenga conto dell’effettivo lavoro prestato.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso del Consulente Tecnico: No alla Triplicazione per Perizie Identiche

La determinazione del corretto compenso per il consulente tecnico (CTU) è una questione cruciale che bilancia il diritto dell’ausiliario del giudice a una giusta retribuzione con l’esigenza di non gravare ingiustamente le parti del processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico: la liquidazione di tre distinti compensi per tre consulenze tecniche sostanzialmente identiche, depositate in procedimenti formalmente separati ma di fatto connessi. La Corte ha stabilito un principio di sostanza sulla forma, annullando la decisione e chiarendo che non è possibile moltiplicare i compensi quando l’attività peritale è, nei fatti, unica.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da tre distinti giudizi di opposizione a decreti ingiuntivi, promossi da un’amministrazione statale contro diverse banche. Le cause vertevano sulla garanzia statale concessa per finanziamenti erogati a un’entità giuridica, poi assorbiti da un’altra. In tutti e tre i procedimenti, svoltisi parallelamente davanti allo stesso giudice, veniva nominato il medesimo consulente tecnico con l’incarico di stimare un complesso patrimonio immobiliare.

Il consulente, al termine del suo lavoro, depositava tre relazioni peritali che risultavano essere quasi perfettamente sovrapponibili e identiche, sia nell’attività di ricerca e valutazione che nelle conclusioni. Successivamente, il giudice liquidava a favore del CTU tre distinti e cospicui compensi, uno per ciascun procedimento. L’amministrazione statale si opponeva a questa triplicazione, sostenendo che l’attività svolta fosse unica e che il compenso dovesse essere liquidato una sola volta.

Il nodo del contendere e la valutazione del compenso del consulente tecnico

Il Tribunale, decidendo in un unico giudizio le tre opposizioni riunite, respingeva le censure dell’amministrazione. La sua motivazione si basava su un duplice e contraddittorio ragionamento. Da un lato, giustificava la triplicazione del compenso affermando che ciascuna consulenza era stata svolta in un ‘autonomo giudizio’ e in base a uno ‘specifico incarico’. Dall’altro lato, però, nel valutare la correttezza del lavoro del perito e la metodologia usata, trattava le tre perizie ‘al singolare’, come se fossero un’unica consulenza.

Questa palese contraddizione è stata il fulcro del ricorso per cassazione presentato dall’amministrazione statale, la quale ha denunciato la nullità del provvedimento per violazione di legge, in particolare per una motivazione meramente apparente e insanabilmente contraddittoria.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno evidenziato come il giudice di merito avesse eluso la questione centrale sollevata dall’opponente: l’illegittima triplicazione dei compensi a fronte della sostanziale identità dell’attività svolta. La risposta del Tribunale, basata sulla mera formalità della separazione dei giudizi, è stata giudicata ‘apparente’.

Il vizio logico, insanabile secondo la Cassazione, risiede proprio nel doppio binario argomentativo seguito dal giudice di prime cure: considerare le consulenze come attività distinte per giustificare tre compensi, ma come un’unica attività per valutarne il merito. Questa contraddizione rende la motivazione incomprensibile e, di fatto, inesistente, violando così il precetto normativo che impone al giudice di esporre in modo chiaro e coerente le ragioni della propria decisione.

La Corte ha quindi affermato che la risposta alla censura dell’opponente era del tutto apparente, poiché gli argomenti esposti erano ‘affetti da insanabile contraddizione’. Di conseguenza, l’ordinanza è stata dichiarata nulla.

Le Conclusioni

La decisione della Suprema Corte stabilisce un importante principio di equità e di aderenza alla realtà sostanziale del lavoro svolto. La liquidazione del compenso del consulente tecnico non può basarsi su un criterio puramente formale come il numero di procedimenti in cui l’attività viene depositata, ma deve riflettere l’effettivo impegno e la complessità del lavoro svolto. Se più incarichi si risolvono in un’unica attività peritale, il compenso deve essere determinato in modo unitario, evitando duplicazioni o triplicazioni ingiustificate.

L’ordinanza è stata cassata con rinvio al Tribunale, che, in diversa composizione, dovrà ora procedere a una nuova valutazione, tenendo conto del principio affermato dalla Cassazione e determinando un compenso che rispecchi la reale portata del lavoro peritale, considerato nella sua unicità sostanziale.

È possibile liquidare tre compensi distinti a un consulente tecnico per tre perizie quasi identiche depositate in procedimenti separati?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se l’attività svolta dal consulente è sostanzialmente identica, non è giustificata una triplicazione del compenso basata solo sulla formale separazione dei giudizi. La motivazione del giudice deve affrontare la questione della reale unicità dell’attività.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente e contraddittoria’ in una sentenza?
Si ha una motivazione di questo tipo quando il ragionamento del giudice, pur esistendo formalmente, è illogico e contraddittorio al punto da non spiegare le reali ragioni della decisione. In questo caso, la contraddizione consisteva nel trattare le consulenze come separate per il compenso ma come uniche per la valutazione qualitativa.

Qual è la conseguenza di una motivazione apparente e contraddittoria?
La conseguenza è la nullità del provvedimento. La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale e ha rinviato la causa allo stesso giudice, in diversa composizione, che dovrà rivalutare la questione per determinare il corretto compenso tenendo conto della sostanziale identità dell’attività peritale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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