Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21861 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 18201/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende come da procura allegata al ricorso, domicilio digitale: EMAIL
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE, RAGIONE_SOCIALE-RISCOSSIONE
– intimate – avverso la sentenza n. 7214/2021 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, depositata in data 27.4.2021;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 15.5.2024 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 27.4.2021, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE -nel contradditorio con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -rigettò l ‘ appello di NOME COGNOME avverso la sentenza del Giudice di pace di RAGIONE_SOCIALE del 24.9.2019, che aveva accolto l ‘ opposizione da lui proposta avverso l ‘ estratto di ruolo, di cui aveva avuto conoscenza a seguito di accesso presso gli uffici dell ‘ esattore, liquidando però le spese di lite -in tesi al di sotto dei minimi tariffari (€ 400,00). Il Tribunale osservò che, per quanto la liquidazione fosse inferiore di € 35,00 ai minimi tariffari, il Giudice di pace aveva congruamente motivato, giustificando lo scostamento per l ‘ estrema semplicità del caso concreto.
Avverso detta sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo; RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese. Con ordinanza n. 35536 del 19.12.2023, il ricorso è stato rinviato a nuovo ruolo, in attesa della pubblicazione di una pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite sul tema dei requisiti di specialità della procura ex art. 365 c.p.c.; all ‘ esito, il ricorso è stato nuovamente fissato per l ‘ odierna adunanza camerale. Il collegio ha riservato il deposito dell ‘ ordinanza entro sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con l ‘ unico motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 4 del d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. 37/2018, nonché RAGIONE_SOCIALE tabelle 1 e 2 dei parametri allegati, e ancora degli artt. 91 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Si sostiene che la liquidazione di € 400,00 per onorari, riferita al primo grado di giudizio, risulta inferiore al minimo consentito dall ‘ art. 4 d.m. n. 55 del 2014, applicabile
ratione temporis , tenuto conto del valore della causa di € 3.951,30 (tale era l ‘ importo complessivo RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento oggetto dell ‘ opposizione).
2.1 -Premesso che la procura rilasciata in favore dell ‘ AVV_NOTAIO, allegata al ricorso che occupa, risulta conforme ai requisiti infine individuati da Cass., Sez. Un., n. 2075/2024, giacché essa è ‘ congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso e … il conferimento non [è] antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non [è] successivo alla notificazione del ricorso stesso ‘, l’ unico motivo proposto è fondato.
Il ricorso pone il problema della derogabilità dei valori tabellari minimi fissati per ciascuna fase processuale dal nuovo testo dell ‘ art. 4, comma 1, d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, che adesso dispone che, ai fini della liquidazione del compenso, il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate; questi, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati di regola sino all ‘ 80%, ovvero possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50%. Per la fase istruttoria l ‘ aumento è di regola fino al 100% e la diminuzione in ogni caso non oltre il 70%.
L ‘ art. 4 d.m. n. 55 del 2014, nel testo applicabile ratione temporis al presente giudizio ai sensi dell ‘ art. 6, comma 1, d.m. n. 37 del 2018, non consente la riduzione inferiore al di sotto dei minimi; sul punto, a conforto della tesi della inderogabilità, si era, in precedenza, anche pronunciato il Consiglio di Stato con parere n. 2703/2017 del 27 marzo 2017.
Come ha argomentato la giurisprudenza di legittimità più recente (Cass. n. 9815/2023, in un caso in cui risultavano intimate le stesse RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l ‘ RAGIONE_SOCIALE), nella liquidazione del compenso il giudice è chiamato
dall ‘ art. 4, comma 1, d.m. n. 55/2014, a tenere conto dei valori medi determinati dalle tabelle allegate al decreto. Essi possono essere aumentati fino al 50% ovvero diminuiti in ogni caso non oltre il 50% e sono soggetti ad aggiornamento biennale ex art. 13, comma 6, della legge n. 247/2012. In particolare, è previsto che i parametri medi non possono essere diminuiti oltre il 50%, senza eccezione («in ogni caso»). Tale inderogabilità dei parametri minimi è stata espressamente introdotta con una modifica apportata dal d.m. 37/2018. Anteriormente si prevedeva, infatti, che nella liquidazione non si potesse scendere di regola al di sotto del 50% nella diminuzione rispetto ai parametri medi. Su questa base testuale si argomentava nel senso che la quantificazione giudiziale del compenso e RAGIONE_SOCIALE spese fosse espressione di un potere discrezionale. Se contenuta entro i valori tabellari minimi e massimi, la liquidazione non richiedeva un ‘ apposita motivazione e non era sottoposta al controllo di legittimità, mentre il giudice era tenuto a motivare la decisione di aumentare o diminuire gli importi da riconoscere, ulteriormente rispetto ai massimi ovvero ai minimi. L ‘ unico limite rigido, ma a sua volta determinato attraverso concetti elastici, era dettato dall ‘ obbligo di non ledere il decoro professionale con l ‘ attribuzione di una somma meramente simbolica (si veda, tra le altre, Cass. n. 28325/2022).
Tale approdo interpretativo, tuttora valido per le spese processuali e i compensi professionali regolati dal d.m. 55/2014, non può tuttavia replicarsi anche per le liquidazioni sottoposte al regime introdotto dal d.m. 37/2018.
In forza della ricordata modifica, non è più consentita la liquidazione di importi risultanti da una riduzione superiore al 50% dei parametri medi e ciò per effetto di una specifica scelta normativa, volta a circoscrivere il potere del giudice di
N. 18201/21 R.G.
quantificare le spese processuali e a garantire, attraverso una limitata flessibilità dei parametri tabellari, l ‘ uniformità e la prevedibilità RAGIONE_SOCIALE liquidazioni a tutela del decoro della professione e del livello della prestazione professionale.
Da ultimo, tale ratio ha trovato un ‘ ulteriore espressione nella legge n. 49/2023 in materia di equo compenso RAGIONE_SOCIALE prestazioni professionali, laddove l ‘ art. 1 dispone che « per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale », nonché – per gli avvocati conforme ai compensi previsti dal decreto del Ministero della Giustizia ex art. 13, comma 6, della legge n. 247/2012. Si prevede inoltre (all ‘ art. 3) che « sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all ‘ opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d ‘ opera; sono tali le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto del Ministro della Giustizia ai sensi dell ‘ art. 13 co. 6 l. 247/2012 per la professione forense ». Su questa base e con l ‘ integrazione ex lege n. 49/2023, trova conferma il principio di diritto già enunciato da Cass. n. 9815/2023: salva diversa convenzione tra le parti (adottata nel rispetto dell ‘ art. 3 della ripetuta legge n. 49/2023), ove la liquidazione dei compensi professionali e RAGIONE_SOCIALE spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. 55/2014, così come modificato dal d.m. 37/2018, non è consentito al giudice scendere al di sotto degli inderogabili valori minimi, predeterminati da tale decreto e aggiornati a cadenza periodica ex art. 13, comma 6, della legge n. 247/2012.
2.2 La censura è quindi fondata, avendo il Tribunale ritenuto congrue, a titolo di spese processuali di primo grado – in relazione alla semplicità del caso e al valore della causa (pari all ‘ importo della sanzione irrogata – somme inferiori a quelle risultanti dalla massima riduzione percentuale consentita dal citato art. 4, comma 1, d.m. n. 55/2014, nel testo novellato dal D.M. n. 37/2018 (se non pure con l ‘ indicazione di un importo onnicomprensivo senza distinzione per fasi: Cass. n. 6518/2022; Cass. n. 23873/2021; Cass. n. 19482/2018; Cass. n. 6306/2016).
3.1 -In definitiva, il ricorso è accolto. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, c.p.c., con la condanna RAGIONE_SOCIALE intimate in solido, in favore del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese di lite dell ‘ intero giudizio, liquidate come in dispositivo (per il secondo grado e per questo giudizio di legittimità, avuto riguardo al valore del disputatum -v. Cass. n. 35195/2022).
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa in relazione e, decidendo nel merito, condanna le intimate, in solido, alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore del ricorrente, che si liquidano per il primo grado in € 435,00 per compensi, per il secondo grado in € 355,00 per compensi e, per il giudizio di legittimità, in € 500,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno