Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11196 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11196 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 26817-2019 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio de ll’ avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore,
Oggetto
Associazioni sportive
dilettantistiche
Art. 67, primo comma, lett.m)
TUIR
R.G.N. 26817/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 12/02/2025
CC
elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE; NOMECOGNOME NOME, nella qualità di soci superstiti della RAGIONE_SOCIALE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 291/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/03/2019 R.G.N. 5282/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che, per quanto qui ancora rileva, aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE e da NOME avverso cartelle esattoriali, avvisi e ordinanze ingiunzione, conseguenti ad un accertamento ispettivo.
Nello specifico, l’Inps aveva richiesto il pagamento di contributi previdenziali in relazione ai compensi corrisposti a tre lavoratori subordinati e ad altri nove istruttori, per il periodo gennaio/ottobre 2008.
Accertata l’iscrizione della società al Coni, presso l’albo delle imprese sportive dilettantistiche, la natura subordinata dei tre rapporti di lavoro in contestazione era
ricavabile da elementi oggettivi, riscontrati in sede ispettiva e non contrastati da prova contraria.
Quanto alle restanti collaborazioni, sussisteva l’obbligo contributivo, rientrando le stesse nell’ambito della copertura previdenziale di cui al DM 15 marzo 2005, emesso in attuazione dell’art. 3 del D.Lgs. C.P.S. n. 708 del 1947, a prescindere dalla natura subordinata od autonoma delle medesime. Non ricorreva l’ipotesi di esonero di cui all’art. 67 TUIR, comma 1, lett. m), dal momento che le prestazioni svolte avevano natura professionale. A tale riguardo, era decisiva la considerazione che le attività rese dagli istruttori erano continuative e compensate con un fisso orario e, talvolta, con un totale di ingente importo.
Irrilevante era, dunque, che le prestazioni fossero rese da studenti universitari.
Avverso tali statuizioni, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura, successivamente illustrati con memoria. L’INPS e l’INAIL hanno depositato controricorso. Sono rimaste intimate le altre parti indicate in epigrafe. L’Inail ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c.- è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 323, 433, 442 c.p.c., 2094, 2222 e 2697 c.c. È censurato l’accertamento della subordinazione.
Parte ricorrente imputa alla sentenza impugnata di avere attribuito erroneamente valore di prova al verbale ispettivo e di avere invertito l’onere della prova.
Le censure sono infondate.
La Corte territoriale ha valorizzato, con analisi adeguata e coerente, gli elementi oggettivi desumibili dal verbale ispettivo, elemento di prova liberamente valutabile dal giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c. (Cass. nr. 5851 del 2024).
Per il resto, dietro lo schermo della violazione di legge -e, in particolare, delle regole sulla distribuzione dell’onere della prova e di quelle per l ‘ individuazione dei caratteri della subordinazione- le censure tendono sostanzialmente a ottenere una revisione del giudizio di merito, preclusa in questa sede di legittimità.
È il caso di precisare che a lcun ribaltamento dell’onere della prova è imputabile alla Corte di appello che, semplicemente, ha rafforzato il giudizio di accertamento della subordinazione sulla base della considerazione che la parte privata non aveva offerto elementi per contrastare un quadro probatorio a sé comunque sfavorevole.
Con il secondo motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c.- è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1362, 1372, 2094, 2222 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., 416 e 436 c.p.c. nonché -ai sensi dell’art. 360 n.4 c.p.c.nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, co.2, c.p.c. È dedotta la mancanza di motivazione sulla natura subordinata dei rapporti di lavoro nonchè la decadenza dell’Inps dall e eccezioni di merito e dai mezzi di prova e censurato l’omesso svolgimento di qualsiasi istruttoria.
10. Anche il secondo motivo va, complessivamente, disatteso.
Per fermo orientamento della Corte, è attribuito rilievo solo all’anomalia motivazionale (tra le più recenti, Cass.
Sez.U. nr. 37406 del 2022, con richiami a Cass., Sez.U., nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014) che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, e che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass., sez.un., nr.19881 del 2014; ex multis : Cass. nr. 2889 del 2023).
Alcuna delle illustrate situazioni ricorre nel caso di specie. È sufficiente richiamare il percorso motivazionale, sinteticamente riportato nello storico di lite, per affermare che la decisione della Corte di appello risulta ampiamente motivata in relazione alle ragioni che sorreggono il decisum.
Deve, piuttosto, aggiungersi, con riferimento alla deduzione di inutilizzabilità dei verbali ispettivi per la costituzione non tempestiva dell’INPS, che la tardiva costituzione del convenuto non comporta ex se l’inutilizzabilità della documentazione dallo stesso prodotta, la cui acquisizione è, nel rito del lavoro, comunque possibile, perché rimessa alla doverosa valutazione del Giudice di attivare i poteri ufficiosi, ai sensi degli artt. 421 e 437 c.p.c.
I documenti introdotti in giudizio dall’INPS , pur tardivamente costituitosi, sono stati ( recte : devono ritenersi) inequivocabilmente acquisiti sulla base di poteri istruttori, legittimamente esercitati dalla Corte di merito, tenuta all’accertamento della verità dei fatti
contro
versi. La pronuncia impugnata ha fatto corretta applicazione dell’i nsegnamento di questa Corte in base al quale, in presenza di un quadro probatorio che non consenta di ritenere sicuramente sussistente un fatto costitutivo od impeditivo, l’esercizio di tali poteri istruttori è doveroso ove l’incertezza possa essere rimossa con opportune iniziative istruttorie d’ufficio (v., tra le altre, nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 14755 del 2018; Cass. n. 18362 del 2020; Cass. nr. 36455 del 2023).
11. Con il terzo motivo -ai sensi dell’art.360 nr.3 c.p.c.è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.Lgs. nr. 7 08 del 1947, dell’art. 2 della legge nr. 91 del 1981, degli artt. 49, 50, 53 e 6 del D.P.R. nr. 917 del 1986, dell’art. 2 della legge nr. 335 del 1995, dell’art. 2 del D.Lgs. nr. 182 del 1997, dell’art. 6 del D.Lgs. nr. 314 del 1997, dell’art. 90 della legge nr. 289 del 2002, dell’art. 35 del D.L. nr. 207 del 2008, dell’art.1 della legge nr. 205 del 2017, dell’art. 15 c.p. e del D.M. 15 marzo 2015 , per non avere la sentenza impugnata affermato l’esonero della contribuzione in relazione ai nove istruttori.
Parte ricorrente esclude la necessità del carattere ‘non professionale’ dell’attività dei collaboratori , in ragione della peculiarità del settore sportivo ; nell’ambito dello Sport dilettantistico, tutte le collaborazioni seguirebbero, infatti, il regime agevolato, a prescindere dalla continuità e abitualità della prestazione svolta. In ogni caso, i caratteri delle attività, in concreto rese, difetterebbero del requisito in discussione.
12. Con il quarto motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c.- è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 49, 67 del D.P.R. nr. 91 del 1986, dell’art. 5 del D.lgs. nr.38
del 2000, del D.P.R. nr. 1124 del 1965 e del D.M. 15 marzo 2015. Secondo la parte ricorrente, le stesse ragioni illustrate in relazione al terzo motivo condurrebbero ad escludere anche l’obbligo di versamento dei premi Inail.
13. Il terzo ed il quarto motivo sono strettamente connessi e vanno, perciò, congiuntamente esaminati.
Le questioni devolute, già affrontate e risolte dalla Corte, sono infondate alla stregua di principi che, ratione temporis , rilevano anche nella presente controversia.
Si è affermato che: «Il D.M. 15 marzo 2005 n. 17445, sulla base della preesistente previsione contenuta D.Lgs. C.p.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 2, primo periodo, ha specificato che rientrano nell’ambito del raggruppamento di cui alla lett. B), gli “impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi” che dunque sono soggetti in via generale all’obbligo assicurativo presso la gestione RAGIONE_SOCIALE, ora confluita presso l’INPS. Per effetto della previsione contenuta nell’art. 67 TUIR, primo comma lettera m), che dunque determina effetti eccettuativi anche rispetto all’obbligo contributivo previdenziale, non risultano soggette agli obblighi predetti le prestazioni, se compensate nei limiti monetari di cui all’art. 69 TUIR, relative alla formazione, alla didattica, alla preparazione ed all’assistenza all’attività sportiva dilettantistica (art. 35, comma 5, d.l. n. 207/2008 conv. in I. n. 14 del 2009) a condizione che chi invoca l’esenzione, con accertamento rimesso al giudice di merito, dimostri che:
le prestazioni rese non siano compensate in relazione all’attività di offerta del servizio sportivo svolta da
lavoratori autonomi o da imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente assunta dal prestatore (art. 67 primo comma TUIR);
tali prestazioni siano rese in favore di associazioni o società che non solo risultano qualificate come dilettantistiche, ma che in concreto posseggono tale requisito di natura sostanziale, ossia svolgono effettivamente l’attività senza fine di lucro e, quindi, operano concretamente in modo conforme a quanto indicato nelle clausole dell’atto costitutivo e dello statuto, il cui onere probatorio ricade sulla parte contribuente, e non può ritenersi soddisfatto dal dato del tutto neutrale dell’affiliazione ad una federazione sportiva o al CONI;
le prestazioni siano rese nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche e cioè che siano rese in ragione del vincolo associativo esistente tra il prestatore e l’associazione o società dilettantistica, restando esclusa la possibilità che si tratti di prestazioni collegate all’assunzione di un distinto obbligo personale;
il soggetto che rende la prestazione e riceve il compenso non svolga tale attività con carattere di professionalità » (Cass. nr. 41397 del 2021 e plurime successive conformi).
Si è, in particolare, specificato che l’art. 67 TUIR non consente di includere, all’interno dell’area dei redditi diversi, le somme percepite da coloro i quali svolgono «professionalmente» le attività cui le somme si riferiscono. La professionalità è da intendersi in chiave soggettiva, riferita alle modalità di svolgimento dell’attività, e non in relazione alla natura oggettiva dell’attività; sono esclusi,
dunque, dai redditi diversi quelli provenienti non già da attività professionali, ma quelli derivanti da attività svolte professionalmente (tra le tante, v. in motivazione, Cass. 2339 del 2022, paragrafi 19 e ss).
Ai precedenti indicati va assicurata continuità in questa sede. Al relativo supporto argomentativo si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att.cod. proc. civ.
15.
15. La Corte di appello ha ricostruito il tessuto normativo in modo conforme agli indicati principi e ha correttamente osservato che non tutti i compensi erogati dalle società sportive dilettantistiche costituiscono «redditi diversi», dovendo esserne esclusi, per quanto qui rileva, quelli conseguiti per effetto di attività svolte professionalmente; quindi, alla stregua di un compiuto esame del materiale probatorio, ha accertato lo svolgimento professionale delle prestazioni rese, facendone, coerentemente, conseguire la sussistenza degli obblighi nei confronti degli enti previdenziali.
16. Va osservato, in ultimo, che nessun rilievo assume lo ius superveniens (art. 23, comma 1, del d.Lgs. nr. 163 del 2022) richiamato nella memoria difensiva. Si tratta della norma con cui il legislatore ha recepito, per i rapporti iniziati prima della riforma del lavoro sportivo introdotta nel 2021 (avente decorrenza dal 1° luglio 2023), l’orientamento della Corte, sopra indicato, in base al quale vi è coincidenza tra esenzione fiscale ed esenzione contributiva. In modo evidente, la fattispecie di causa esula dal perimetro di applicazione della norma sopravvenuta, poiché non riconducibile all’art. 67, comma 1, lett. m, cit. , secondo l’accertamento contenuto nella sentenza impugnata e oramai divenuto definitivo.
17. Il ricorso va, dunque, rigettato, con le spese che si compensano, nei rapporti con le parti controricorrenti, in considerazione del consolidarsi dell’orientamento di legittimità dopo il deposito del ricorso. Nulla si provvede, invece, in relazione alle parti rimaste intimate.
Sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater , nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 12