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Compensi sportivi: quando sono dovuti i contributi?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11196/2025, ha stabilito che i compensi sportivi dilettantistici sono soggetti a contribuzione previdenziale quando l’attività viene svolta con carattere di professionalità. Nel caso specifico, è stato rigettato il ricorso di una società sportiva, confermando che la natura continuativa e l’importo ingente dei compensi erogati agli istruttori configuravano un’attività professionale, escludendola dal regime di esenzione fiscale e contributivo previsto dall’art. 67 del TUIR.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Compensi Sportivi Dilettantistici: la Cassazione fissa i paletti per l’esenzione contributiva

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 11196/2025 affronta un tema di grande attualità e interesse per il mondo dello sport: la natura e il trattamento previdenziale dei compensi sportivi dilettantistici. La decisione chiarisce in modo netto quando le somme erogate da associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD/SSD) ai propri collaboratori perdono il carattere di ‘reddito diverso’ e diventano soggette all’obbligo contributivo. Questa pronuncia fornisce criteri fondamentali per distinguere una collaborazione amatoriale da un’attività professionale a tutti gli effetti.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Ispettivo in Palestra

Una società sportiva dilettantistica si vedeva recapitare delle cartelle esattoriali e ordinanze di ingiunzione da parte dell’INPS. L’ente previdenziale richiedeva il pagamento dei contributi per i compensi corrisposti a tre lavoratori considerati subordinati e ad altri nove istruttori, per il periodo da gennaio a ottobre 2008.
La società si opponeva, sostenendo che i compensi erogati ai nove istruttori rientrassero nel regime agevolato previsto per i compensi sportivi dilettantistici e fossero quindi esenti da contribuzione.
Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello di Roma respingevano l’opposizione, confermando la legittimità della richiesta dell’INPS. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei giudici di merito. I giudici hanno analizzato due aspetti principali: la qualificazione dei rapporti di lavoro e, soprattutto, l’applicabilità del regime di esenzione.

L’Onere della Prova e la Valutazione del Lavoro

In primo luogo, la Corte ha respinto le censure relative all’errata valutazione della subordinazione di alcuni rapporti e all’inversione dell’onere della prova. Ha ribadito che il verbale ispettivo costituisce un elemento di prova liberamente valutabile dal giudice e che la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione, basandosi su elementi oggettivi non contrastati efficacemente dalla società.

Compensi Sportivi Dilettantistici: Il Confine tra Esonero e Obbligo Contributivo

Il punto cruciale della decisione riguarda i compensi degli altri nove istruttori. La Cassazione ha ribadito il suo consolidato orientamento: l’esenzione fiscale e contributiva prevista dall’art. 67, comma 1, lett. m) del TUIR non si applica quando l’attività sportiva dilettantistica è svolta con carattere di professionalità.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che la ‘professionalità’ non va intesa in senso oggettivo (cioè come attività principale del soggetto), ma in senso soggettivo, con riferimento alle modalità concrete di svolgimento della prestazione. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano accertato che le attività degli istruttori erano continuative e compensate con un fisso orario, talvolta per importi ingenti. Queste caratteristiche sono state ritenute decisive per qualificare le prestazioni come professionali, escludendole così dall’ambito dei ‘redditi diversi’ e, di conseguenza, dal regime di favore.

Per beneficiare dell’esenzione, l’associazione sportiva deve dimostrare la sussistenza di precise condizioni:
1. Che le prestazioni non siano compensate in relazione a un’attività di offerta di servizi sportivi svolta da lavoratori autonomi o imprese commerciali.
2. Che le prestazioni siano rese a favore di associazioni o società che, non solo formalmente ma anche sostanzialmente, sono dilettantistiche e operano senza scopo di lucro.
3. Che l’attività sia svolta senza carattere di professionalità da parte di chi la rende.

Poiché nel caso esaminato era emersa la natura professionale delle prestazioni, la Corte ha concluso che correttamente era stato affermato l’obbligo di versare i contributi previdenziali all’INPS e i premi assicurativi all’INAIL.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 11196/2025 rappresenta un importante monito per tutto il settore sportivo dilettantistico. Le ASD e SSD devono prestare massima attenzione alla gestione dei rapporti con i propri collaboratori. Non è sufficiente qualificare un compenso come ‘sportivo dilettantistico’ per garantirne l’esenzione contributiva. È necessario che le modalità concrete della collaborazione non configurino un’attività svolta professionalmente. La continuità, la predeterminazione di orari e compensi fissi e l’entità economica degli stessi sono indici che possono portare gli enti previdenziali a riqualificare il rapporto, con conseguente obbligo di versamento dei contributi omessi e delle relative sanzioni.

Quando i compensi erogati da un’associazione sportiva dilettantistica sono esenti da contributi?
Sono esenti da contributi solo se rientrano nella categoria dei ‘redditi diversi’ ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. m) del TUIR. Ciò richiede che l’attività sia svolta per una vera associazione dilettantistica senza fini di lucro e, soprattutto, che la prestazione del collaboratore non abbia carattere di professionalità.

Cosa si intende per attività ‘professionale’ nel contesto dei compensi sportivi dilettantistici?
Per ‘professionalità’ si intende un’attività svolta in modo non occasionale. La Corte ha chiarito che elementi come la continuità della prestazione, la retribuzione con un fisso orario e l’importo totale ingente dei compensi sono indici decisivi per qualificare l’attività come professionale, escludendola così dal regime di esenzione.

Un verbale ispettivo ha valore di prova in un processo?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il verbale ispettivo è un elemento di prova che il giudice può liberamente valutare, insieme a tutte le altre prove presenti nel processo, per formare il proprio convincimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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