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Compensi sportivi: i requisiti per l’esenzione

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esenzione contributiva per i compensi sportivi dilettantistici non è automatica. Analizzando un caso tra enti previdenziali e un’associazione sportiva, la Corte ha annullato la decisione di merito che aveva concesso l’esenzione in modo acritico. È stato ribadito che l’associazione deve dimostrare rigorosamente la sussistenza di tutti i requisiti, in particolare la natura non solo formalmente ma sostanzialmente dilettantistica dell’ente e l’assenza del carattere di professionalità nella prestazione del collaboratore.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Compensi sportivi dilettantistici: non basta la forma, serve la sostanza

L’inquadramento dei compensi sportivi dilettantistici rappresenta da tempo un tema delicato, al confine tra agevolazioni fiscali e obblighi contributivi. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza sui rigorosi presupposti necessari per beneficiare dell’esenzione contributiva prevista dall’art. 67 del TUIR, sottolineando che la qualifica formale di associazione sportiva non è sufficiente a garantire il beneficio.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una pretesa contributiva avanzata dagli enti previdenziali nei confronti di una società sportiva dilettantistica. Gli enti contestavano il mancato versamento dei contributi per tre collaboratori: un istruttore di fitness, un’addetta alla reception e un addetto ai rapporti con i clienti. La società si opponeva, sostenendo che i compensi erogati rientrassero nella categoria dei “redditi diversi” ex art. 67, lett. m) del TUIR e fossero, pertanto, esenti da contribuzione.

La Corte d’Appello aveva dato ragione alla società sportiva, ritenendo sufficienti la natura dilettantistica dell’ente e l’erogazione delle somme nell’esercizio diretto di attività sportiva. Secondo i giudici di merito, il carattere professionale dell’attività non era un ostacolo, escludendolo di fatto per la tipologia di mansioni svolte. Contro questa decisione, gli istituti previdenziali hanno proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi degli enti previdenziali, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno censurato l’approccio dei giudici di merito, definendolo un “errore di diritto” basato su una “erronea premessa sistematica”. Secondo la Cassazione, l’esenzione per i compensi sportivi dilettantistici non può essere considerata re ipsa, ovvero automatica, solo in virtù della qualifica formale dell’ente erogatore.

Le Motivazioni: i requisiti per l’esenzione dei compensi sportivi dilettantistici

La Corte ha ribadito i principi, già consolidati in giurisprudenza, che definiscono le condizioni necessarie per l’applicazione del regime agevolato. L’onere di provare la sussistenza di tutti questi requisiti ricade interamente sull’associazione sportiva. I criteri fondamentali sono:

1. Natura sostanziale e non solo formale: Non è sufficiente che l’associazione sia formalmente qualificata come dilettantistica o affiliata al CONI. È necessario dimostrare che essa operi concretamente senza scopo di lucro, in conformità con lo statuto.
2. Assenza di professionalità: Questo è il punto cruciale. La professionalità non va intesa in senso oggettivo (relativo alla natura dell’attività), ma in chiave soggettiva, legata alle modalità di svolgimento della prestazione. Sono esclusi dall’agevolazione i redditi che, pur derivando da attività sportive dilettantistiche, sono percepiti da soggetti che le svolgono professionalmente. La Corte chiarisce che si ha professionalità quando l’attività è svolta in modo abituale, sistematico e non occasionale, a prescindere dal fatto che sia l’unica fonte di reddito.
3. Esercizio diretto di attività sportiva: Le prestazioni devono essere strettamente connesse al vincolo associativo tra il prestatore e l’ente.

La Corte d’Appello aveva errato nel considerare dirimente la sola qualifica dell’ente, omettendo di indagare in concreto se l’attività dei collaboratori fosse svolta con quel carattere di professionalità che esclude l’applicazione del regime di favore.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un orientamento rigoroso: le associazioni e le società sportive dilettantistiche non possono fare affidamento su un’applicazione automatica delle esenzioni contributive. Per evitare contenziosi con gli enti previdenziali, è fondamentale che possano dimostrare, con prove concrete, il rispetto di tutte le condizioni sostanziali imposte dalla legge. In particolare, dovranno prestare massima attenzione alla modalità con cui vengono strutturate le collaborazioni, per assicurarsi che non integrino quel carattere di professionalità che fa venire meno il beneficio fiscale e contributivo sui compensi sportivi dilettantistici.

I compensi erogati da un’associazione sportiva dilettantistica sono sempre esenti da contributi?
No. L’esenzione contributiva non è automatica e si applica solo se vengono dimostrate rigorose condizioni, tra cui la natura sostanzialmente non lucrativa dell’ente e, soprattutto, l’assenza di carattere di professionalità nell’attività svolta dal collaboratore.

Cosa intende la Cassazione per ‘carattere di professionalità’ dell’attività?
La Corte chiarisce che si tratta di un criterio soggettivo, che non riguarda la natura dell’attività ma le modalità concrete con cui viene svolta. Un’attività è considerata svolta professionalmente se è esercitata in modo abituale, sistematico e continuativo, non in maniera meramente occasionale.

A chi spetta l’onere di dimostrare che un compenso sportivo dilettantistico è esente da contributi?
L’onere della prova ricade interamente sull’associazione sportiva che intende beneficiare dell’esenzione. È l’associazione che deve dimostrare in giudizio la sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge, inclusa la mancanza di professionalità nella prestazione del collaboratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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