Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25010 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25010 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4248-2022 proposto da:
X 2 SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2679/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/08/2021 R.G.N. 2292/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Società sportiva dilettantistica
R.G.N. 4248/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 25/06/2025
CC
RILEVATO CHE
In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Roma rigettava l’opposizione svolta da RAGIONE_SOCIALE avverso avviso di addebito emess o dall’Inps e avente ad oggetto contributi dovuti in relazione a tre collaboratori della palestra gestita dalla società.
Riteneva la Corte che i tre collaboratori svolgessero abitualmente e professionalmente la loro attività di istruttore sportivo, e che il carattere professionale della prestazione svolta faceva fuoriuscire la fattispecie dal paradigma normativo dell’art.67, co.1 d.P.R. n.917/86.
Avverso la sentenza la RAGIONE_SOCIALE ricorre per tre motivi.
L’Inps resiste con controricorso.
All’adunanza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la società deduce violazione e falsa applicazione dell’art.67, co.1, lett. m) d.P.R. n.917/86, per avere la Corte d’appello la Corte d’appello negato l’applicazione della norma riguardo alla ricorrente, siccome società sportiva dilettantistica.
Con il secondo motivo di ricorso, la società deduce violazione e falsa applicazione degli artt.53 e 69, co.2 d.P.R. n. 917/86, dell’art.2 l. n.91/81 in relazione agli artt.2727 e 2729 c.c., nonché degli artt.115 e 116 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto che la ricorrente svolgesse un’attività a carattere professionale.
Con il terzo motivo di ricorso, la società deduce omesso esame di un fatto decisivo, ovvero che due dei tre collaboratori svolgevano altre attività da considerarsi principali rispetto a quella di istruttore sportivo.
Il primo motivo è infondato.
Questa Corte ha affermato, con orientamento cui va data continuità in questa sede (Cass.41397/2021, Cass.28845/2023, Cass.6263/25, Cass.11196/25, Cass.11203/25 ), che l’art.67, co.1, lett. m) d.P.R. n.917/1986 non annovera tra i redditi diversi le somme percepite da coloro che svolgano professionalmente le attività da cui le somme derivano. I compensi corrisposti ai collaboratori non possono dunque essere qualificati come ‘redditi diversi’ sol perché percepiti nell’esercizio di attività sportive dilettantistiche.
Il secondo e terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente poiché entrambi, sebbene il secondo sia rubricato come violazione di legge, criticano l’accertamento in fatto compiuto dalla Corte in ordine alla presenza del requisito della professionalità.
La Corte d’appello ha considerato che l’attività dei tre istruttori sportivi fosse svolta in modo professionale, e quindi anche quella della società che dei predetti si avvale, sulla base dei seguenti elementi di fatto: a) svolgimento dell’attività in modo continuativo per vari anni (sin dal 2009); b) possesso di titoli professionali necessari alla formazione dei soci; c) svolgimento dell’attività lavorativa senza soluzione di continuità per la ricorrente; d) percezione di corrispettivi non simbolici.
Tale accertamento in fatto non può essere sottoposto a censura mediante rivalutazione del materiale istruttorio già apprezzato dalla sentenza (v. le deposizioni testimoniali e i documenti prodotti dalla società), bensì nei soli limiti dell’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art.350, co.1, n.5 c.p.c.
Il terzo motivo in effetti deduce tale omissione, ma in modo inammissibile.
Il fatto che due dei tre istruttori svolgano attività lavorativa diversa per altri soggetti, non è dedotto dalla ricorrente come decisivo, non argomentando il motivo le ragioni per cui tale fatto, da solo, abbia idoneità ad escludere la natura professional e dell’attività svolta per la ricorrente. Come affermato dall’Inps, la compresenza di due impieghi diversi, non esclude che uno di essi, segnatamente quello oggetto della presente causa, venga svolto in modo stabile, con la necessaria continuità e competenza, come accertato nella sentenza impugnata.
In conclusione, il ricorso va respinto con compensazione delle spese di lite del presente giudizio di cassazione atteso che il suddetto orientamento di legittimità di è consolidato dopo la proposizione del ricorso per cassazione.
P.Q.M.