Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24642 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24642 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27383-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 1497/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/04/2021 R.G.N. 2564/2016;
Oggetto
R.G.N. 27383/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 25/06/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza n. 1497/2021 della Corte d’appello di Roma che, riformando la decisione del Tribunale della medesima sede, ha respinto il ricorso in opposizione ad avviso di addebito avente ad oggetto contributi pretesi in relazione a 15 istruttori sportivi per il periodo da gennaio 2008 a marzo 2009.
Propone due motivi di ricorso, illustrati da memoria.
Resiste INPS con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 25 giugno 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
La sentenza è censurata sulla base di due motivi.
I)violazione e/o falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, lettera m) TUIR, dell’art. 35, comma 5, del d.l. n. 207/2008 convertito nella legge n. 14/2009 e dell’art. 12 delle disp. sulla legge in generale in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. II) violazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per l’intima connessione che li unisce, sono infondati e vanno respinti.
La Corte ha motivato come segue.
-Il d.lgs. C.P.S. n. 708/1947, ratificato con modifiche dalla legge n. 2388/1952, e successive modificazioni, stabilisce l’obbligo di iscrizione all’ENPALS, cui è succeduto l’INPS, per determinate categorie professionali, in base al tipo dell’attività e a prescindere dalla forma subordinata o autonoma con cui la stessa è svolta.
-In particolare, l’art. 3 d.lgs. cit. prevede che” ‘Sono obbligatoriamente iscritti all’Ente tutti gli appartenenti alle seguenti categorie: … 21… addetti agli impianti sportivi; con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 15.3.2005, di “adeguamento delle categorie dei lavoratori assicurati obbligatoriamente presso l’Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei lavoratori dello spettacolo” è stato previsto, in sostituzione della elencazione di cui all’art. 3 cit., che “le categorie dei lavoratori assicurati obbligatoriamente presso l’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei lavoratori dello spettacolo sono adeguate secondo la seguente elencazione: ( … ) 20) impiegati, operai e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi sferisteri, campo sportivi, autodromi; 22) direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e i dipendenti delle società sportive; 23) atleti, allenatori, direttore tecnico-sportivi e preparatori atletici delle società di calcio professionistico e delle società sportive professionistiche.
-Per quanto riguarda la applicabilità alla fattispecie in esame della esenzione prevista dall’art. 67 comma I T.U.I.R. e successive modifiche, tale norma prevede: “Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:
…. m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche”.
-L’art. 35, comma 5, del D.L. n. 207/2008, convertito dalla Legge n. 14/2009, ha successivamente disposto che, “nelle parole «esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche» contenute nell’art. 67, comma1l, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 91, e successive modificazioni, sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’ attività sportiva dilettantistica”.
-Secondo Cass n.24365/2019, i compensi di cui si discute potranno “ricomprendersi tra i «redditi diversi» di cui all’art. 67 TUIR, lett. m), con conseguente esenzione dalla contribuzione previdenziale, alle seguenti condizioni: (che) siano erogati per una collaborazione svolta in favore di organismi che perseguano finalità sportive dilettantistiche, riconosciute ai sensi dell’art. 7 DL nr. 136 del 2004 cit.; (che) siano corrisposti per una prestazione di «esercizio diretto di una attività sportiva dilettantistica», secondo l’interpretazione autentica del
legislatore, resa con l’art. 35, comma 5, del D.L. nr. 207 del 2008”.
-Per la medesima Cassazione, l’esenzione contributiva prevista in favore delle associazioni sportive dilettantistiche dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sull’interessato e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, del riconoscimento da parte del CONI.
-Pertanto, non tutti i compensi erogati dalle società sportive dilettantistiche sono redditi diversi, tali non essendo quelli conseguiti nell’esercizio di attività avente carattere professionale.
-Non rileva tanto la qualifica soggettiva della società bensì la natura dei compensi: affinchè operi l’esonero dall’obbligo contributivo, l’attività svolta dall’atleta o dall’istruttore deve avere carattere non professionale.
-Contestualmente, non è sufficiente che il soggetto in favore del quale l’attività è resa non persegua fini di lucro.
-Non rileva altresì che il reddito così generato non superi la soglia di € 7500,00 annui, trattandosi di soglia stabilita solo ai fini dell’esclusione dell’imposizione fiscale Irpef del percettore.
-Nella specie, dal verbale ispettivo e dalle dichiarazioni raccolte in quella sede è emerso che i lavoratori interessati possedevano le specifiche conoscenze tecniche connesse alle attività svolte, rendevano le proprie prestazioni di istruttori con abitualità, ripetitività e prevalenza, anche se non in via esclusiva, percependo compensi annuali tutt’altro che marginali ai fini fiscali superando ampiamente la soglia della cd no tax area di cui agli artt. 11 e 13 del Tuir (non essendo comunque la professionalità della prestazione esclusa dalla saltuarietà né
dalla breve durata e nemmeno dalla non esclusività della prestazione).
-L’appellata, pur gravata del relativo onere, non ha provato né chiesto di provare la natura dilettantistica dell’attività degli istruttori sportivi di cui al verbale.
La decisione è conforme a ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, che si è ripetutamente espressa in materia, ribadendo a più riprese l’insufficienza della mera affiliazione al Coni e la necessità di indagare in concreto le modalità di espletamento delle attività (solo da ultimo, Cass. n. n. 20923/2025, n. 11203/2025, n. 11196/2025).
Cass. n. 8631/2025, richiamando a sua volta Cass. n. 28845/2023 ex multis , ha ricordato che, «premesso che in tema di assicurazione presso la gestione RAGIONE_SOCIALE, ora INPS, sono soggetti in via generale all’obbligo assicurativo, secondo quanto precisato dal decreto ministeriale n. 17445 del 2005, emanato in esecuzione dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. C.P.S. n. 708 del 1947, gl’impiegati, gli operai, gl’istruttori e gli addetti ad impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. m), del d.P.R. n. 917 del 1986 sono esonerati dall’obbligo assicurativo coloro che abbiano reso prestazioni, compensate nei limiti monetari di cui all’art. 69 del medesimo testo unico, relative alla formazione, alla didattica, alla preparazione e all’assistenza dell’attività sportiva dilettantistica.
Chi invoca l’esonero deve provare che le prestazioni rese: a) non siano state compensate in relazione all’attività di offerta del servizio sportivo svolta da lavoratori autonomi o da imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente assunta dal prestatore; b) siano state espletate in favore di associazioni o società dilettantistiche e senza fine di lucro; c)
trovino fonte nel vincolo associativo e non in un distinto obbligo personale; d) non trovino corrispondenza nell’arte o nella professione abitualmente esercitata, anche in modo non esclusivo, da colui che ha effettuato la prestazione (Cass., sez. lav., 23 dicembre 2021, n. 41397).
La disposizione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. m), viene dunque in rilievo anche in materia previdenziale, ma è necessario riscontrarne, in concreto, i presupposti applicativi.
Il tema della professionalità riveste rilievo cruciale sul versante dell’obbligazione contributiva dedotta in causa .
La disposizione richiamata del Testo unico sulle imposte sui redditi non annovera tra i redditi diversi le somme percepite da coloro che svolgano professionalmente le attività da cui le somme derivano.
Invero, il citato art. 67 esordisce escludendo a priori i redditi di capitale, quelli conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.
Tale esclusione opera anche nell’ipotesi in cui il soggetto percettore intervenga nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.
La previsione dell’art. 67 non accorda, pertanto, un’automatica e indiscriminata esenzione dall’obbligo contributivo alle associazioni o alle società formalmente riconosciute quali dilettantistiche, “a prescindere cioè dalla effettiva e concreta riprova della presenza dei requisiti specifici richiesti dalla citata disposizione, rilevando piuttosto, a monte, la verifica giudiziale della effettiva natura “dilettantistica” del soggetto (associazione e/o società sportiva) in favore del quale la collaborazione è stata
esercitata (così Cass. n. 2152 del 2020, Cass. n. 10393 del 2018, Cass. n. 16449 del 2016 e Cass. n. 23789 del 2016) e, a valle, il fatto che i compensi non devono essere conseguiti nell’esercizio di professioni né derivare da un rapporto di lavoro dipendente, essendosi a tal fine precisato che, per esercizio di arti e professioni, ai sensi dell’art. 53 TUIR, deve intendersi “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo” diversa dall’attività di impresa (cfr. Cass. n. 11375 del 2020 cit.)” (Cass., sez. lav., 7 marzo 2022, n. 7388).
Non si possono dunque configurare come “redditi diversi” quelli che derivano dall’esercizio abituale di un’attività autonoma nel senso specificato o quelli tratti dall’esercizio professionale di attività coordinate e continuative, assimilati piuttosto a quelli di lavoro dipendente (art. 50 TUIR, lett. c)».
La Corte d’appello ha ricostruito ed interpretato il tessuto normativo in modo conforme agli indicati principi e ha correttamente osservato che non tutti i compensi erogati dalle società sportive dilettantistiche costituiscono «redditi diversi», dovendo esserne esclusi, per quanto qui rileva, quelli conseguiti per effetto di attività svolte professionalmente; quindi, alla stregua di un compiuto esame del materiale probatorio, ha accertato lo svolgimento professionale delle prestazioni rese, facendone, coerentemente, conseguire la sussistenza degli obblighi nei confronti degli enti previdenziali.
Né alcuna inversione dell’onere probatorio si registra nella specie, avendo la Corte del merito, in parte qua , proceduto all’accertamento del fatto controverso e, quindi, deciso la causa senza applicare la regola di giudizio basata sull’onere della prova (v., in argomento, ex plurimis, Cass. n. 13395/2018), affermando che, ‘dall’esame del verbale ispettivo e dell e
dichiarazioni in quella sede raccolte, è emerso con chiarezza che i 15 lavoratori in questione possedevano specifiche conoscenze tecniche connesse alle attività scolte, rendevano le proprie prestazioni di istruttori con abitualità, ripetitività e prevalenza anche se non in via esclusiva, percependo compensi annuali tutt’altro che marginali ai fini fiscali, superando ampiamente la soglia della cd no tax area di cui agli artt. 11 e 13 TUIR’.
Come ricordato da ultimo da Cass. n. 8636/2025, «Cass. n. 41397/2021, dopo avere affermato che sono soggetti in via generale all’obbligo assicurativo presso la gestione RAGIONE_SOCIALE, ora confluita presso INPS, gli impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi, ha anche precisato le rigorose condizioni per la eventuale esenzione dall’obbligo contributivo, alla luce dell’art. 67 TUIR lett. m), condizioni il cui onere probatorio grava su chi invoca la esenzione».
Per questi motivi il ricorso è complessivamente infondato e deve essere rigettato. Il consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale di questa Corte in un tempo successivo a quello della proposizione del ricorso per cassazione giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 25 giugno