LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Compensi sportivi dilettantistici: quando sono esenti?

La Corte di Cassazione ha stabilito che i compensi sportivi dilettantistici non sono automaticamente esenti da contributi previdenziali. Se l’attività dell’istruttore è svolta con carattere di professionalità, abitualità e prevalenza, anche se non in via esclusiva, i compensi sono soggetti a contribuzione. La Corte ha rigettato il ricorso di una società sportiva, confermando che la mera affiliazione al CONI non è sufficiente e che l’onere di provare la natura non professionale della prestazione spetta alla società stessa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Compensi sportivi dilettantistici: quando sono esenti da contributi?

L’esenzione contributiva per i compensi sportivi dilettantistici non è automatica. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: per beneficiare del regime fiscale e previdenziale agevolato, l’attività sportiva deve essere genuinamente dilettantistica e non mascherare un rapporto di lavoro professionale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso: istruttori sportivi e contributi previdenziali

Una società sportiva dilettantistica si è opposta a un avviso di addebito emesso dall’ente previdenziale, relativo ai contributi non versati per quindici dei suoi istruttori sportivi. La società sosteneva che i compensi erogati rientrassero nella categoria dei “redditi diversi” previsti dall’art. 67 del TUIR, e che fossero quindi esenti da obblighi contributivi.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione all’ente previdenziale, ritenendo che le prestazioni degli istruttori avessero natura professionale. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: la violazione delle norme fiscali sull’esenzione (art. 67 TUIR) e la violazione della norma sull’onere della prova (art. 2697 c.c.).

L’analisi dei compensi sportivi dilettantistici secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione d’appello e consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai stabile. I giudici hanno chiarito che, sebbene gli istruttori e gli addetti agli impianti sportivi siano in via generale soggetti all’obbligo assicurativo presso la gestione ex ENPALS (ora INPS), l’esenzione prevista per i compensi sportivi dilettantistici opera solo a condizioni molto precise.

L’esenzione non dipende solo dalla qualifica formale della società (iscritta al CONI come dilettantistica), ma dalla natura effettiva della prestazione resa. Per essere considerata dilettantistica, l’attività non deve avere carattere professionale.

Quando un’attività sportiva è “professionale”?

La Corte ha sottolineato che la professionalità non è esclusa né dalla breve durata né dalla non esclusività della prestazione. Nel caso specifico, le indagini avevano rivelato che i quindici istruttori:

* Possedevano specifiche conoscenze tecniche.
* Svolgevano le loro prestazioni con abitualità, ripetitività e prevalenza.
* Percepivano compensi annuali significativi, superando ampiamente la soglia della “no tax area”.

Questi elementi, nel loro insieme, delineano un’attività svolta a titolo professionale, anche se non esclusiva. Di conseguenza, i redditi percepiti non possono essere classificati come “redditi diversi”, ma rientrano nell’ambito del lavoro autonomo professionale, soggetto a tutti gli obblighi contributivi.

La questione dell’onere della prova

Un punto cruciale della decisione riguarda l’onere della prova. La Cassazione ha ribadito che spetta a chi invoca l’esenzione – in questo caso la società sportiva – dimostrare la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla legge. Non è sufficiente la mera affiliazione al CONI o l’autocertificazione. È necessario provare in concreto che l’attività degli istruttori è priva dei caratteri della professionalità.

Nel caso di specie, la società non solo non ha fornito tale prova, ma le evidenze raccolte (verbali ispettivi e dichiarazioni) andavano in direzione opposta, dimostrando la natura professionale delle prestazioni.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando una consolidata giurisprudenza. L’art. 67 del TUIR esclude a priori dai “redditi diversi” quelli conseguiti nell’esercizio di arti e professioni. Per “esercizio di arti e professioni” si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di un’attività di lavoro autonomo. L’esenzione, pertanto, non può essere applicata indiscriminatamente a tutte le associazioni formalmente riconosciute come dilettantistiche. È necessaria una verifica giudiziale della natura effettiva sia del soggetto che eroga il compenso (che deve essere senza scopo di lucro) sia della prestazione svolta (che non deve essere professionale).

La Corte d’Appello ha correttamente applicato questi principi, accertando lo svolgimento professionale delle prestazioni sulla base delle prove disponibili e, di conseguenza, ha affermato la sussistenza degli obblighi contributivi. Non vi è stata alcuna inversione dell’onere probatorio, poiché la decisione si è basata sull’esame del materiale probatorio e non sulla mera applicazione della regola di giudizio in assenza di prove.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza un principio essenziale: la forma non prevale sulla sostanza. Le associazioni e società sportive dilettantistiche devono prestare massima attenzione alla reale modalità di svolgimento delle collaborazioni con i propri istruttori. Se l’attività presenta i caratteri della professionalità (abitualità, sistematicità, competenze tecniche specifiche, compensi non marginali), scatta l’obbligo contributivo, indipendentemente dal nomen iuris dato al rapporto o dall’iscrizione della società in appositi registri. Questa decisione serve da monito per una gestione trasparente e corretta dei rapporti di lavoro nel mondo dello sport dilettantistico, al fine di evitare contenziosi con gli enti previdenziali.

L’iscrizione di una società sportiva al registro del CONI è sufficiente per garantire l’esenzione contributiva sui compensi agli istruttori?
No, la sola iscrizione al CONI o il riconoscimento formale come associazione sportiva dilettantistica non è sufficiente. È necessario dimostrare che l’attività svolta dall’istruttore abbia una natura concretamente non professionale.

Un’attività sportiva svolta come secondo lavoro può essere considerata ‘professionale’ ai fini contributivi?
Sì. La professionalità non è esclusa dalla non esclusività della prestazione. Se l’attività è svolta con abitualità, ripetitività e prevalenza, viene considerata professionale e quindi soggetta a contribuzione, anche se rappresenta un secondo lavoro.

Su chi ricade l’onere di provare la natura dilettantistica dell’attività di un istruttore?
L’onere della prova ricade su chi invoca il beneficio dell’esenzione, ovvero sulla società sportiva. È la società che deve dimostrare attivamente che le prestazioni rese dagli istruttori non hanno i caratteri della professionalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati