Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20005 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20005 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13903/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE COGNOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrente – contro
AVANZATI NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliato a ll’i ndirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
– controricorrente e ricorrente in via incidentale -nonchè
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
-intimati – avverso ORDINANZA di TRIBUNALE GROSSETO n. 57/2022 depositata il 17/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dall’opposizione proposta da COGNOME NOME, innanzi al Tribunale di Grosseto, avverso il decreto di liquidazione del compenso in favore di COGNOME NOMECOGNOME nominato CTU in un giudizio di scioglimento di comunione ereditaria.
Il Tribunale accolse per quanto di ragione l’opposizione, rideterminò l’importo del compenso in misura inferiore e confermò la liquidazione delle spese vive. L’ordinanza venne impugnata per cassazione da COGNOME Enrico e, per quel che rileva in questa sede, il ricorso venne accolto, con ordinanza n. 36344/2021, limitatamente al capo dell’ordinanza che aveva liquidato interamente le spese vive, senza accertare se e quali fossero state documentate.
Riassunto il giudizio da NOME COGNOME il Tribunale di Grosseto, con ordinanza del 17.5.2022, accolse, per quanto di ragione, l’opposizione, escludendo la liquidazione delle spese vive perché non documentate; compensò le spese di lite del giudizio di opposizione.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza sulla base di due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.
COGNOME NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME non hanno svolto attività difensiva. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art.
380-bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Per ragioni di carattere logico-giuridico, deve essere preliminarmente esaminato il ricorso incidentale proposto da COGNOME COGNOME, con il quale si deduce la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., anche sotto il profilo del vizio di motivazione, perché il Tribunale
avrebbe omesso di verificare la documentazione in atti da cui risulterebbe che le spese vive erano state effettivamente sostenute.
Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, esso difetta di specificità perché si limita ad indicare le attività svolte dal consulente e non le spese sostenute per lo svolgimento di tali attività, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c.
Peraltro, la formulazione del motivo con il quale si imputa al Tribunale l’errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa, per mera svista materiale del Tribunale – integra un errore revocatorio, denunciabile con il procedimento di revocazione, e non un vizio di motivazione per omesso esame di un fatto decisivo.
Nel caso in esame, il Tribunale, seppure con motivazione sintetica, ha accertato che le spese vive non erano state documentate. Pertanto non sussiste la violazione dell’art. 116 c.p.c., ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. Unite 30.9.2020, n. 20867).
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 134 c.p.c. e 111, comma 6 Cost. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per assenza di motivazione sulla compensazione delle spese di lite.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3
c.p.c., per avere il Tribunale compensato le spese in assenza dei presupposti previsti, ovvero la reciproca soccombenza, il mutamento della giurisprudenza e la novità delle questioni trattate.
I motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
Il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio della compensazione delle spese sulla base della reciproca soccombenza in quanto il giudizio di opposizione avverso la liquidazione del compenso all’ausiliario era stato accolto limitatamente alla riduzione del compenso ed alla liquidazione delle spese vive. L’accoglimento parziale della domanda, con conseguente accoglimento in parte qua dell’opposizione, integra una ragione giustificatrice che legittima la compensazione delle spese del giudizio.
Va dato, quindi, seguito al principio di diritto secondo cui, in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, c.p.c. (Cass. sez. un., 31/10/2022, n. 32061).
In definitiva, il ricorso principale deve essere rigettato ed il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile.
Attesa la reciproca soccombenza, le spese del giudizio di legittimità vanno interamente compensate fra le parti.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, sia da parte del ricorrente principale che del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte del ricorrente principale che del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile