Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25057 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25057 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27449/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME; -intimati – avverso la sentenza n. 136/2022 della CORTE D’APPELLO di LECCE – SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 14/04/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
Per quel che qui ancora rileva va riportato che la Corte d’appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, rigettò
l’impugnazione principale di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché quella incidentale avanzata dagli appellati NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, compensando le spese del grado.
Gli appellanti si erano doluti della decisione di primo grado, la quale aveva disatteso la pretesa attorea di vedere vagliato l’allegato difetto di contraddittorio della fase del reclamo possessorio con autonomo giudizio, invece che con l’instaurazione nel termine di legge del giudizio di merito possessorio.
Gli appellanti incidentali, soccombenti anch’essi nel giudizio possessorio definito con l’ordinanza emessa all’esito del reclamo, avevano chiesto dichiararsi l’inefficacia di quest’ultima ordinanza, perché emessa in violazione dell’art. 102 cod. proc. civ.
NOME, NOME e NOME COGNOME, NOME, NOME e NOME COGNOME contrastarono entrambe le impugnazioni.
NOME COGNOME avanzava ricorso sulla base di due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, la controparte rimaneva intimata.
Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
NOME COGNOME, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso.
Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale del 12 settembre 2024.
Occorre premettere che nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte -ed
eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (S.U., n. 9611, 10/04/2024, Rv. 670667 -01).
Ciò posto il consigliere proponente NOME COGNOME legittimamente compone il Collegio.
Con i due motivi, tra loro correlati, il ricorrente denuncia nullità della sentenza in relazione all’art. 132, co. 2, n. 4, cod. proc. civ., nonché violazione o falsa applicazione dell’art. 92, co. 2, cod. proc. civ., per avere la Corte locale compensate le spese del grado.
Più nel dettaglio, il COGNOME riprende la giustificazione posta a base della decisione di compensazione, con la quale il Giudice di secondo grado rileva l’obiettiva complessità delle questioni giuridiche esaminate e la buona fede degli appellanti, rafforzati nell’erroneo convincimento della necessità di agire con autonoma azione, al fine di fare accertare il difetto di contraddittorio, dall’affermazione espressa dal Collegio del ‘possessorio’ con il provvedimento depositato il 15/10/2014.
Indi, giudica l’asserto circa la complessità delle questioni giuridiche essere al disotto di un’apprezzabile motivazione, poiché vaga e generica e la decisione non conforme al contenuto dell’art. 92, co. 2, cod. proc. civ., siccome novellato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 77/2018, non risultando essere
state in concreto individuate le ‘gravi’ ed ‘eccezionali’ ragioni per fare luogo alla compensazione.
Inoltre, l’addotta ‘buona fede’ non poteva costituire ragione per disporre la compensazione.
7.1. Il complesso censorio merita rigetto.
L’obiettiva complessità della questione giuridica processuale affrontata, al contrario di quel che sostiene il ricorrente, è stata chiaramente esplicitata dalla sentenza nella parte in cui ha motivato il proprio dissenso rispetto a quanto sostenuto dal Giudice collegiale del reclamo possessorio, ripercorrendo la normativa, alla luce delle opinioni di dottrina e delle decisioni della giurisprudenza.
La giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7
agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914).
Nel caso che ci occupa resta perfettamente rinvenibile il percorso logico-argomentativo della decisione.
Quanto all’apprezzamento dell’influenza delle affermazioni del Giudice del reclamo sulle determinazioni della controparte, trattasi di valutazione in questa sede non sindacabile, non versandosi in presenza di enunciato astratto e insondabile, bensì effettivamente agganciato alle evidenze concrete del processo.
Deve, invero, darsi continuità al principio di diritto enunciato da questa Corte, con il quale si è spiegato che in tema di spese legali, la compensazione per “gravi ed eccezionali ragioni”, sancita dall’art. 92, comma 2, c.p.c., come riformulato dalla l. n. 69 del 2009 (“ratione temporis” applicabile), nei casi in cui difetti la reciproca soccombenza, riporta a una nozione elastica, che ricomprende la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso e che può essere conosciuta dal giudice di legittimità
ove il giudice del merito si sia limitato a una enunciazione astratta o, comunque, non puntuale, restando in tal caso violato il precetto di legge e versandosi, se del caso, in presenza di motivazione apparente. Tuttavia il sindacato della Corte di cassazione non può giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità”, al di là delle ipotesi in cui all’affermazione del giudice non corrispondano le evidenze di causa o alla giurisprudenza consolidata (Sez. 2, n. 15495, 16/05/2022, Rv. 664877 – 01).
Principio, questo, che trova conferma ‘a contrario’ in una successiva decisione, con la quale si è chiarito che le gravi ed eccezionali ragioni indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale ex art. 92, comma 2, c.p.c., nella formulazione applicabile ratione temporis, non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi un vizio di violazione di legge denunciabile in sede di legittimità (Sez. L. n. 14036, 21/05/2024 (Rv. 671205 -01).
Non v’è luogo a statuizione sulle spese essendo rimasta la controparte intimata.
Al rigetto del ricorso, conforme alla proposta di definizione anticipata, consegue, ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vigente art. 96, co. 4, cod. proc. civ., la condanna del ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende, della somma, stimata congrua, di cui in dispositivo (cfr. S.U. n. 27195/2023).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della somma di € 3.000,00, ai sensi dell’art. 96, co. 4, cod. proc. civ., in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 12 settembre 2024.