Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28193 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 28193  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18370/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in NOMEINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
 contro
NOME,  in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato  in  INDIRIZZO,  presso  lo studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME , che  lo  rappresenta  e difende;
-controricorrente-
 avverso  la  SENTENZA  del  TRIBUNALE  di  NOME  n.  4167/2023 depositata il 13/03/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  12/09/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 3 marzo 2021, NOME COGNOME dichiarava di proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. avverso la richiesta di pagamento inoltrata da Roma Capitale con prot. n. 105421 del 12 novembre 2019, con la quale le veniva intimato il versamento della somma di euro 214,73, oltre interessi, a titolo di spese di giudizio liquidate nella sentenza del TAR Lazio n. 10783/2019. L’attrice deduceva di non essere mai stata parte nel giudizio amministrativo conclusosi con la pronuncia del TAR, di non avere ricevuto notifica della stessa e, dunque, di trovarsi di fronte ad una pretesa priva di titolo esecutivo.
Roma Capitale si costituiva nel giudizio innanzi al Giudice di pace di Roma,  resistendo  alla  domanda.  Con  sentenza  n.  21394/2021, depositata  il  13  ottobre  2021,  il  Giudice  di  pace  la  accoglieva, ritenendo insussistente il titolo esecutivo posto a fondamento della pretesa e annullando l’atto impugnato.
Avverso tale decisione Roma Capitale proponeva appello dinanzi al Tribunale civile di Roma, con atto di citazione notificato il 12 aprile 2022, chiedendo la riforma integrale della sentenza e deducendo violazione di legge, in particolare in relazione all’art. 615 c.p.c. e ai principi regolatori in materia di opposizione all’esecuzione. L’appellante sosteneva che la COGNOME avesse introdotto un’azione di opposizione all’esecuzione in assenza di qualsivoglia atto esecutivo notificatole e che, pertanto, la domanda dovesse considerarsi inammissibile.
Si costituiva NOME COGNOME, eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’appello, sia ai sensi dell’art. 348 -bis c.p.c., per difetto  di  ragionevole  probabilità  di  accoglimento,  sia  ai  sensi dell’art. 342 c.p.c., per difetto dei requisiti formali dell’atto introduttivo.  Contestava,  inoltre,  nel  merito,  la  fondatezza  del gravame, insistendo sulla propria estraneità al giudizio amministrativo e sulla carenza di un valido titolo esecutivo.
Con sentenza n. 4167/2023, depositata il 13 marzo 2023, il Tribunale di Roma, sezione II civile, rigettava l’appello di Roma Capitale, rilevando che la causa, di valore inferiore ad euro 1.100,00, rientrava nella previsione dell’art. 339, comma 3, c.p.c., che limita l’appellabilità delle sentenze del giudice di pace alle sole ipotesi di violazione di legge. Il Tribunale riteneva, quindi, inammissibile il gravame, confermando la decisione appellata e compensando le spese del secondo grado.
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, concernente la statuizione sulle spese di lite.
3.1. Resiste con controricorso Roma Capitale.
3.2. il  Collegio  si  è  riservato  il  deposito  nei  successivi  sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 90, 91, 92 e 93 c.p.c., nonché degli artt. 24, 111 e 112 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., censurando la statuizione con cui il Tribunale di Roma, pur dichiarando inammissibile l’appello proposto da Roma Capitale, ha disposto la compensazione integrale delle spese del grado, motivata con il rilievo che l’appellata non aveva eccepito l’inammissibilità per ragioni di valore.
Secondo  la  ricorrente,  la  statuizione  si  pone  in  contrasto  con  il disposto dell’art. 92 c.p.c., come modificato dal d.l. n. 132/2014 e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 77/2018, che ammette la compensazione  delle spese solo nei casi di  soccombenza reciproca, di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza. La declaratoria di inammissibilità dell’appello  configura,  invece,  una  chiara  ipotesi  di  soccombenza,
che impone la condanna dell’appellante al pagamento delle spese in favore dell’appellata.
La motivazione adottata dal Tribunale, fondata sul mancato rilievo della parte appellata, sarebbe del tutto inconferente e illogica, non rientrando tra le ‘gravi ed eccezionali ragioni’ previste dalla legge. Pertanto, la compensazione disposta si risolverebbe in una violazione di legge, censurabile in sede di legittimità.
5. Il motivo è fondato.
Va premesso che, in assenza di censure ritualmente formulate, non può esaminarsi il merito della vicenda e, segnatamente, la straordinaria singolarità della qualificazione di opposizione ad esecuzione di una mera contestazione della debenza di una somma di cui si sia chiesto informalmente il pagamento. La questione della correttezza di tale qualificazione, incontestabile ormai tra le parti, resta, pertanto, impregiudicata.
Ciò  posto,  come  questa  Corte  ha  già  chiarito,  la  declaratoria  di inammissibilità dell’impugnazione comporta pur sempre la soccombenza della parte che ha proposto il gravame, con conseguente obbligo di condanna alle spese, non potendo il giudice disporne  la  compensazione  al  di  fuori  dei  casi  tassativi  previsti dall’art. 92, comma 2, c.p.c. (Cass., Sez. 6 -2, ord. 7/03/2022, n. 7024; Cass., Sez. 6-2, ord. 25/06/2020, n. 12484).
È stato altresì ribadito (Cass., Sez. 6-2, ord. 9/06/2024, n. 15847) che  la  compensazione  delle  spese  per  ragioni  diverse  da  quelle tipizzate  dalla  norma  integra  violazione  di  legge,  denunciabile  in sede di legittimità.
Nel caso in esame, il Tribunale ha giustificato la compensazione con la  mancata  sollevazione,  da  parte  dell’appellata,  dell’eccezione  di inammissibilità dell’appello per ragioni di valore.
Tale motivazione penalizza impropriamente la parte che va, comunque,  qualificata  vittoriosa,  per  un  contegno  lecitamente omissivo  in  presenza  di  una  questione  rilevabile -e  in  concreto
rilevata -di ufficio, idonea a definire il gravame in rito: una simile motivazione a base della disposta compensazione non rientra tra le gravi ed eccezionali ragioni richieste dall’art. 92, comma 2, c.p.c., ed è quindi illegittima.
Ne  consegue  che  la  decisione  impugnata  deve  essere  cassata limitatamente al capo relativo alle spese di lite.
Sulla  base  di  tali  premesse,  rilevata  la  fondatezza  dell’unico motivo di ricorso dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio al  Tribunale  di  Roma, che, in diversa composizione, procederà ad un  nuovo  esame  dell’impugnazione,  alla  luce  dei  principi  sopra illustrati. Il Giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa in relazione la sentenza impugnata  e  rinvia  al  Tribunale  di  Roma,  in  persona  di  diverso Magistrato, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile  della  Corte  Suprema  di  Cassazione  in  data  12  settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME