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Compensazione spese legali: no se il contrasto è superato

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che disponeva la compensazione delle spese legali in una causa per irragionevole durata del processo. La motivazione della corte inferiore, basata su un presunto contrasto giurisprudenziale, è stata giudicata ‘apparente’ e illogica, poiché lo stesso contrasto era stato dichiarato superato in una precedente sentenza relativa al medesimo caso. Viene riaffermato il principio per cui la parte soccombente è tenuta al pagamento delle spese.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensazione spese legali: no se il contrasto è superato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di compensazione spese legali: non è possibile giustificarla sulla base di un contrasto giurisprudenziale quando questo è stato già ufficialmente superato. La pronuncia censura la cosiddetta ‘motivazione apparente’, ovvero quella motivazione che, pur essendo presente, non permette di comprendere il percorso logico-giuridico seguito dal giudice.

I Fatti di Causa: una vicenda giudiziaria lunga decenni

La vicenda trae origine da un procedimento avviato nel lontano 1969 da un cittadino per ottenere il riconoscimento della pensione di guerra. A causa del decesso del ricorrente, il processo è stato interrotto e poi riassunto dagli eredi, concludendosi solo nel 2016 con una sentenza passata in giudicato nel 2018.

Data la durata palesemente eccessiva del giudizio, gli eredi hanno avviato una causa ai sensi della Legge Pinto (L. 89/2001) per ottenere un equo indennizzo. Il Ministero dell’Economia si è opposto alla decisione iniziale, dando il via a un complesso iter giudiziario.

Dopo un primo annullamento con rinvio da parte della Cassazione, la Corte d’Appello, pur accogliendo le ragioni degli eredi, ha deciso di compensare integralmente le spese legali di tutti i gradi di giudizio, adducendo come motivazione l’esistenza di ‘contrasti giurisprudenziali’ sulla materia.

La Decisione della Corte sulla compensazione spese legali

Gli eredi hanno nuovamente impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando proprio l’illegittima compensazione delle spese. Il loro ricorso si basava su due motivi principali:
1. La violazione delle norme sulla condanna alle spese (artt. 91 e 92 c.p.c.), sostenendo che il contrasto giurisprudenziale citato dalla Corte d’Appello era ormai superato dal 2016, come peraltro già evidenziato dalla stessa Cassazione nella precedente pronuncia sullo stesso caso.
2. La violazione del principio del giudicato formatosi sulla precedente sentenza di Cassazione in merito all’individuazione della parte soccombente.

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo, ritenendolo fondato, e ha dichiarato assorbito il secondo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Il cuore della decisione risiede nel concetto di motivazione apparente. La Cassazione ha stabilito che la giustificazione fornita dalla Corte d’Appello per la compensazione integrale delle spese era, di fatto, solo apparente.

Il giudice di merito aveva giustificato la sua scelta citando l’esistenza di contrasti interpretativi. Tuttavia, la stessa Corte di Cassazione, nella precedente sentenza che aveva disposto il rinvio, aveva esplicitamente affermato che quel medesimo contrasto era stato risolto e superato sin dal 2016.

Di conseguenza, la motivazione della Corte d’Appello è risultata palesemente illogica e contraddittoria: non si può fondare una decisione su un’incertezza giuridica che la giurisprudenza di legittimità ha già chiarito da tempo, per di più nello stesso procedimento. Una simile motivazione, benché formalmente presente, è inidonea a far comprendere il ragionamento del giudice, rendendo la decisione nulla sotto questo profilo.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un importante principio di correttezza processuale. La regola generale è che la parte soccombente paga le spese legali. La compensazione è un’eccezione che deve essere sorretta da motivazioni serie, attuali e concrete, come gravi ed eccezionali ragioni esplicitate in motivazione. Non è ammissibile ricorrere a giustificazioni generiche o basate su dibattiti giuridici ormai risolti. La decisione della Cassazione impone ai giudici di merito un maggior rigore nel motivare le deroghe al principio della soccombenza, garantendo che le loro decisioni siano sempre fondate su un ragionamento logico, coerente e percepibile, a tutela della trasparenza e della certezza del diritto.

Quando un giudice può decidere per la compensazione delle spese legali?
In base alla normativa vigente, il giudice può compensare le spese legali tra le parti, parzialmente o per intero, solo in caso di soccombenza reciproca oppure quando sussistono gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere esplicitamente indicate nella motivazione della sentenza.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in una sentenza?
Si ha una ‘motivazione apparente’ quando la giustificazione fornita dal giudice, pur essendo graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione. Ciò accade, ad esempio, quando si basa su argomentazioni oggettivamente inidonee a sostenere la decisione, come citare un contrasto giurisprudenziale già superato.

Perché la Cassazione ha annullato la decisione sulla compensazione delle spese legali in questo caso?
La Cassazione ha annullato la decisione perché la motivazione della Corte d’Appello era ‘apparente’. Giustificare la compensazione citando un ‘contrasto giurisprudenziale’ che la stessa Cassazione aveva già dichiarato ‘superato dal 2016’ nella precedente sentenza dello stesso caso è stato ritenuto illogico e contraddittorio, rendendo il fondamento della decisione non percepibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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