Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16777 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16777 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16007/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROVIGO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 337/2024 depositata il 21/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 21.5.24 la corte d’appello di Venezia, in riforma di sentenza del 2023 del tribunale di Padova (che aveva dichiarato risolto il rapporto di lavoro del lavoratrice in epigrafe da licenziamento per giusta causa e condannato il datore al pagamento di 22 mensilità retributive), ha dichiarato illegittimo il licenziamento del 24.3.22 e ordinato ex articolo 18, comma 4°, st.lav. la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore con indennità risarcitoria di 12 mensilità e versamento dei contributi previdenziali.
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che la frase rivolta dal COGNOME ad una collega di sesso femminile (fatto che era stato all’origine del recesso datoriale) era inappropriata, ma non costituiva molestia sessuale.
Avverso tale sentenza ricorre la società datoriale per tre motivi, poi ulteriormente illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il lavoratore.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo di ricorso deduce violazione degli articoli 26 decreto n. 198 del 2006, 2087 e 1362 c.c., 4 e 5 del codice etico, 7 statuto lav., 115 c.p.c., 54 contratto collettivo, per aver escluso la molestia sessuale.
Il secondo motivo deduce violazione degli articoli 2087 e 1362 c.c., 4 e 5 del codice etico, 2094, 41 Cost., per avere la corte territoriale trascurato che i fatti costituivano molestie secondo il codice etico.
Il terzo motivo deduce violazione dell’articolo 2119 c.c., 54 contratto collettivo, 18 comma 4 statuto lav., per avere la corte territoriale trascurato la violazione del codice etico e non considerato che la violazione dell’elemento fiduciario non può che dar luogo al licenziamento.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione: essi sono inammissibili.
Va preliminarmente evidenziata la non sindacabilità delle asserite violazioni del codice etico, consideratane la natura giuridico (che non è quella di fonte normativa rilevante ex art. 360 n. 3 c.p.c.), mentre per altro verso parte ricorrente si duole di asserita violazione dell’art. 1362 c.c. senza specificare come il criterio interpretativo invocato sarebbe stato violato dalla corte territoriale.
Anche per il resto, il ricorso è inammissibile perché, ad onta dei richiami normativi in esso contenuti, in realtà mira a una rivisitazione – inammissibile in sede di legittimità – del merito della vicenda, correttamente esaminata dalla corte territoriale tenuto conto del contesto e delle dichiarazioni della stessa presunta persona offesa e di tutte le altre prove addotte dalle parti, il che è avvenuto nel pieno rispetto degli artt. 115 e 116 c.p.c., con applicazione della tutela reintegratoria c.d. attenuata prevista in caso di accertata insussistenza del fatto contestato.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 5.000,00 per compensi professionali ed euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 aprile 2025.