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Comando Pubblico Impiego: non si perde l’incarico

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28902/2025, ha stabilito un principio fondamentale per i dirigenti pubblici: il ‘comando pubblico impiego’ presso un’altra amministrazione non comporta la perdita automatica dell’incarico originario. La Corte ha chiarito la netta distinzione tra il comando, istituto temporaneo e reversibile, e la mobilità volontaria, che implica un trasferimento definitivo. Di conseguenza, è stata annullata la decisione di un’azienda sanitaria che aveva dichiarato cessato l’incarico di un proprio dirigente solo perché aveva accettato un’assegnazione temporanea presso un’altra struttura.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Comando Pubblico Impiego: non si Perde l’Incarico Dirigenziale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 28902 del 2025) ha messo un punto fermo su una questione di grande rilevanza nel comando pubblico impiego: l’assegnazione temporanea di un dirigente presso un’altra amministrazione non comporta la perdita definitiva del suo incarico originario. Questa decisione chiarisce la profonda differenza tra l’istituto del comando e quello della mobilità volontaria, offrendo tutele significative ai lavoratori del settore pubblico.

I Fatti del Caso: un Dirigente tra Sospensione e Comando

La vicenda riguarda un dirigente di un’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) titolare di un incarico quinquennale di Responsabile di una Unità Strutturale Complessa. Dopo una sospensione temporanea dall’incarico (poi dichiarata illegittima), il dirigente aveva accettato un’assegnazione temporanea, tramite comando, presso un’altra ASST.

Sfruttando questa situazione, l’azienda di appartenenza aveva deliberato la scadenza definitiva dell’incarico dirigenziale originario, equiparando il consenso al comando a una rinuncia implicita, tipica della mobilità volontaria. Il dirigente si è opposto, sostenendo il suo diritto a conservare l’incarico fino alla sua naturale scadenza.

La Decisione della Corte d’Appello

In un primo momento, la Corte d’Appello aveva dato ragione all’azienda sanitaria. I giudici di secondo grado avevano interpretato le norme del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) equiparando gli effetti del comando a quelli della mobilità volontaria, concludendo che in entrambi i casi il dirigente perdeva la titolarità dell’incarico. Contro questa decisione, il dirigente ha proposto ricorso in Cassazione.

Comando Pubblico Impiego: Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del dirigente, ribaltando completamente la sentenza d’appello e stabilendo principi di diritto chiari e fondamentali in materia di comando pubblico impiego.

Distinzione Cruciale tra Comando e Mobilità Volontaria

Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra due istituti solo apparentemente simili:

La mobilità volontaria (art. 20 CCNL): è un trasferimento definitivo del dipendente, che comporta la novazione del rapporto di lavoro e la cessazione del legame con l’ente di provenienza. L’art. 20, comma 4, del CCNL prevede espressamente che la mobilità richiesta da un dirigente con incarico di struttura complessa comporta la perdita di tale incarico*.
Il comando (art. 21 CCNL): è una modifica temporanea e reversibile del solo rapporto di servizio. Il dipendente resta titolare del posto di ruolo presso l’ente di appartenenza (il cosiddetto rapporto d’ufficio rimane immutato) e va a prestare servizio temporaneamente altrove. A differenza della mobilità, l’art. 21 del CCNL non prevede alcuna perdita dell’incarico. Anzi, stabilisce che il posto lasciato libero dal dirigente in comando non può essere coperto in modo definitivo*, a riprova del fatto che non è considerato vacante.

Conseguenze sulla Conservazione dell’Incarico

La Suprema Corte ha affermato che, proprio per questa natura temporanea, il comando non può implicare la perdita definitiva dell’incarico di direzione. Se al termine del periodo di comando il contratto originario non è ancora scaduto, il dirigente ha pieno diritto a rientrare e a svolgere le proprie funzioni per il periodo residuo. L’interpretazione della Corte d’Appello è stata quindi ritenuta errata perché ha applicato al comando una conseguenza (la perdita dell’incarico) che la contrattazione collettiva prevede esplicitamente solo per la mobilità volontaria.

Trattamento Economico durante il Comando

La sentenza chiarisce anche un aspetto relativo alla retribuzione. Durante il comando, il trattamento economico accessorio, legato alle specifiche funzioni e responsabilità, deve essere correlato all’attività effettivamente svolta presso l’ente utilizzatore. Pertanto, tale parte della retribuzione è a carico dell’amministrazione di destinazione e non si può pretendere di conservare integralmente quella legata all’incarico originario, non essendo quest’ultimo esercitato.

Le Conclusioni: un Principio a Tutela dei Dirigenti Pubblici

La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Milano, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi enunciati. La decisione rafforza la stabilità degli incarichi dirigenziali nel pubblico impiego, impedendo che un’assegnazione temporanea, spesso dettata da esigenze di servizio, possa essere strumentalizzata per determinare la cessazione anticipata di un incarico legittimamente conferito.

Un dirigente in ‘comando’ perde automaticamente il suo incarico originario?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il comando è un istituto temporaneo che non comporta la perdita definitiva dell’incarico dirigenziale. Se al rientro il contratto originario non è scaduto, il dirigente ha diritto a riprendere le sue funzioni per il periodo rimanente.

Qual è la differenza fondamentale tra ‘comando pubblico impiego’ e ‘mobilità volontaria’?
Il comando è una modifica temporanea e reversibile del solo rapporto di servizio, con mantenimento del posto di ruolo nell’ente di appartenenza. La mobilità volontaria è, invece, un trasferimento definitivo che comporta la cessazione del rapporto con l’ente di origine e la perdita dell’incarico precedentemente ricoperto.

Cosa succede al posto di lavoro lasciato dal dirigente in comando?
Il posto lasciato disponibile dal dirigente in comando non può essere coperto in modo permanente tramite concorso o altre forme di mobilità. Questo, secondo la Cassazione, conferma che il posto non è considerato vacante, ma solo temporaneamente indisponibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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