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Comando dipendente pubblico: chi è responsabile?

Un dipendente di un’agenzia pubblica, in comando dipendente pubblico presso una società privata, ha citato l’agenzia per demansionamento. La Cassazione ha ribaltato le decisioni precedenti, affermando che l’amministrazione di appartenenza mantiene la legittimazione passiva e la responsabilità sulla gestione del rapporto di lavoro, inclusi gli oneri economici derivanti da un eventuale demansionamento.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Comando Dipendente Pubblico: la Cassazione Chiarisce la Responsabilità del Datore di Lavoro

Nel complesso mondo del pubblico impiego, la mobilità del personale tra diverse amministrazioni o enti è una prassi consolidata. Tuttavia, quando un lavoratore si trova a operare in un contesto diverso da quello dell’ente di appartenenza, possono sorgere dubbi su chi sia il reale responsabile della gestione del rapporto di lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 1471/2024, fa luce su un aspetto cruciale: la responsabilità in caso di comando dipendente pubblico, anche quando l’impiegato è assegnato a un’impresa privata. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: l’amministrazione di appartenenza non può sottrarsi alle proprie responsabilità.

Il Fatto: un Lavoratore tra due Enti

Il caso esaminato riguarda un dipendente di un’importante agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Per un lungo periodo, pur essendo formalmente alle dipendenze dell’agenzia, ha prestato la sua attività lavorativa presso una società per azioni incaricata della gestione e smantellamento di impianti nucleari.

Ritenendo di aver subito un demansionamento e un’emarginazione dal contesto lavorativo, il dipendente ha citato in giudizio il suo datore di lavoro formale, l’agenzia, per ottenere il risarcimento dei danni. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno rigettato le sue richieste, escludendo la legittimazione passiva dell’agenzia. Secondo i giudici di merito, la responsabilità sarebbe dovuta ricadere sull’ente presso cui il lavoro era stato effettivamente svolto. Il lavoratore ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Responsabilità nel Comando Dipendente Pubblico

Il nodo della questione giuridica risiede nella corretta qualificazione del rapporto. Si tratta di ‘distacco’, istituto tipico del lavoro privato, o di ‘comando’, figura propria del pubblico impiego? La Corte di Cassazione ha svolto un’analisi approfondita, distinguendo nettamente le due figure.

* Distacco (privatistico): Si verifica quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente un lavoratore a disposizione di un altro soggetto. In questo caso, il potere direttivo e la responsabilità restano in capo al datore di lavoro originario (distaccante).
* Comando (pubblicistico): Determina una dissociazione tra la titolarità del rapporto, che rimane in capo all’ente di appartenenza, e l’esercizio dei poteri di gestione, che vengono trasferiti all’ente di destinazione. Tradizionalmente, l’interesse prevalente è quello dell’amministrazione di destinazione.

La Corte ha sottolineato che la legislazione più recente, in particolare il D.Lgs. 165/2001, ha uniformato la disciplina per superare le incertezze applicative. Anche in situazioni complesse come quella in esame, dove il comando avviene verso un’impresa privata sulla base di una convenzione, è fondamentale individuare il soggetto portatore dell’interesse principale che ha dato origine al comando.

L’Interesse dell’Ente di Appartenenza nel Comando Dipendente Pubblico

Nel caso specifico, il comando del dipendente era stato disposto in esecuzione di un’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di una convenzione tra l’agenzia (ente di appartenenza) e la società (ente di destinazione). L’obiettivo era la messa in sicurezza e la bonifica di impianti nucleari di proprietà della stessa agenzia. Questo dettaglio si è rivelato decisivo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza d’appello. Il ragionamento dei giudici si fonda su un punto cruciale: il comando non era avvenuto per soddisfare un interesse esclusivo della società di destinazione, ma per realizzare un interesse specifico e primario dell’amministrazione di appartenenza, cioè l’agenzia. L’attività di smantellamento degli impianti nucleari era, infatti, un compito istituzionale dell’agenzia stessa.

La situazione, secondo la Corte, rientra nell’ipotesi prevista dall’art. 23 bis, comma 7, del D.Lgs. n. 165/2001, che disciplina l’assegnazione temporanea di personale presso imprese private per ‘singoli progetti di interesse specifico dell’amministrazione’. In tali circostanze, sebbene il lavoratore sia inserito funzionalmente nell’organizzazione di destinazione, il rapporto di lavoro non subisce alterazioni e la responsabilità gestionale, inclusa quella per le conseguenze economiche di un eventuale demansionamento, resta in capo al datore di lavoro originario.

La Corte ha concluso che la Corte territoriale ha errato nell’escludere la legittimazione passiva dell’agenzia. L’ente di appartenenza, essendo il soggetto nel cui interesse l’operazione è stata posta in essere, è il corretto destinatario delle pretese del lavoratore relative alla gestione del rapporto di lavoro.

Conclusioni

L’ordinanza n. 1471/2024 della Corte di Cassazione stabilisce un principio di diritto di notevole importanza pratica. Nel contesto del comando dipendente pubblico, l’amministrazione di appartenenza non può declinare la propria responsabilità per la gestione del rapporto di lavoro, anche quando il dipendente opera presso un altro ente, sia esso pubblico o privato. La chiave per individuare il soggetto responsabile è l’analisi dell’interesse prevalente che ha giustificato il comando. Se tale interesse è riconducibile, anche solo in parte, all’ente di appartenenza, quest’ultimo rimane il soggetto contro cui il lavoratore può e deve agire per tutelare i propri diritti, come quello a non essere demansionato. Questa decisione rafforza la tutela del lavoratore pubblico e chiarisce in modo definitivo il perimetro delle responsabilità datoriali in caso di mobilità.

In caso di comando di un dipendente pubblico, chi è responsabile per eventuali danni da demansionamento?
L’amministrazione di appartenenza, ovvero l’ente che è formalmente il datore di lavoro, rimane il soggetto passivamente legittimato nei giudizi e responsabile per gli oneri economici, anche se questi sono correlati allo svolgimento di mansioni presso un altro ente.

Qual è la differenza principale tra ‘comando’ nel pubblico impiego e ‘distacco’ nel settore privato?
Nel ‘comando’ pubblico, l’assegnazione avviene per un interesse dell’amministrazione (di destinazione o, come nel caso di specie, di appartenenza) ed è regolata da norme pubblicistiche. Nel ‘distacco’ privato, il datore di lavoro mette a disposizione il lavoratore per un proprio interesse specifico, mantenendo il potere direttivo e la responsabilità del rapporto.

La responsabilità dell’amministrazione di appartenenza si applica anche se il dipendente è comandato presso un’impresa privata?
Sì. La Corte ha chiarito che, quando il comando è finalizzato a realizzare un interesse della Pubblica Amministrazione comandante (come in questo caso, tramite una convenzione con un’impresa privata), la responsabilità per la gestione del rapporto e le sue conseguenze economiche resta in capo all’amministrazione di appartenenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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