Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24924 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24924 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16989-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME
Oggetto
R.G.N. 16989/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 25/06/2025
CC
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 971/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 02/01/2020 R.G.N. 239/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE soc. sportiva dilettantistica a r.l. impugna la sentenza n. 971/2019 della Corte d’appello di Bologna che, riformando la pronuncia del Tribunale della medesima sede, in accoglimento del primo motivo di appello proposto sia da INPS che da INAI L, ha rigettato l’opposizione a verbale unico di accertamento e notificazione con cui erano state accertate svariate violazioni riferite ad alcuni lavoratori nel periodo gennaio 2015 – dicembre 2016.
Propone tre motivi di censura.
Resiste Inail con controricorso mentre INPS non ha svolto attività difensiva.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 25 giugno 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
Tre sono i motivi di censura, così rubricati.
I)ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ., degli artt. 1176, 2222 e 2094 cod. civ., dell’art. 67, comma 1, lettera m), del TUIR,
dell’art. 35, comma 5, del d.l. n. 207/2008, dell’interpello n. 22/2010 del Ministero del Lavoro, circolare 1 dicembre 2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, circolare Ministero del Lavoro 21 febbraio 2014, n. 37, circolare Agenzia Entrate n. 21/E del 22/4/2003.
II) ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ., dell’art. 67, comma 1, lettera m), del TUIR, dell’art. 35, comma 5, del d.l n. 207/2008, dell’interpello n. 22/2010 del Ministero del Lavoro, c ircolare 1 dicembre 2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, circolare Ministero del Lavoro 21 febbraio 2014, n. 37, circolare Agenzia Entrate n. 21/E del 22/4/2003.
III) ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 e 116 cod. proc. civ., dell’art. 67, comma 1, lettera m) del TUIR, dell’art. 35, comma 5, del d.l n. 207/2008, dell’art. 5 del d.lgs. n. 38/2000.
Sul presupposto che entrambi gli Enti previdenziali, con il primo motivo di gravame, avevano lamentato l’erroneo riconoscimento da parte del Tribunale della natura non subordinata dei rapporti di lavoro e la conseguente applicazione dell’art. 67, lettera m , del Tuir, trattandosi, invece, di lavoratori che svolgevano semplici mansioni di pulizia e manutenzione che non erano ricomprese nelle mansioni necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche, la Corte territoriale ha accolto l’app ello, motivando come segue.
-La nozione di attività sportiva dilettantistica è divenuta più ampia a seguito dell’art. 35 della legge n. 14/2009 per cui, nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche sono comprese anche la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica; nelle attività
sportive fiscalmente esenti rientrano anche le attività sganciate da future manifestazioni sportive o gare.
-L’art. 67 Tuir, nella versione vigente ratione temporis , qualifica redditi diversi, se non conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente…: ‘m)le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche’.
-Ai fini dell’esenzione occorre che si tratti di compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche e che le prestazioni remunerate non abbiano carattere professionale e che non si tratti di lavoro dipendente.
-Nella specie l’appellata è società sportiva dilettantistica affiliata al Coni che gestisce un centro sportivo ove sono presenti campi da calcio, da rugby, da tennis, un laghetto pesca, un palazzetto con tribuna.
-Dall’istruttoria è emerso che le mansioni espletate dai lavoratori interessati dal verbale erano attività di pulizia,
guardiania, custodia, irrigazione dei campi che non possono essere ritenute inerenti alla formazione, didattica, preparazione e assistenza all’attività sportiva dilettantistica, avendo ad oggetto mere attività materiali disparate e diverse anche se ancilla ri rispetto all’esercizio dell’attività, essendo limitate a consentire l’uso in sicurezza e decoro degli spazi destinati.
-Le prove testimoniali assunte in primo grado hanno dimostrato che quelle erano le attività svolte, con l’aggiunta, al più, per taluni, di saltuaria attività di prenotazione dei campi e riscossione dei relativi importi e informazioni all’utenza, tutte esul anti da quelle cui inerisce l’art. 67 Tuir.
-Le prestazioni non sono riconducibili a collaborazioni autonome bensì a rapporti di lavoro subordinato, come dettagliatamente argomentato alle pagg. 6,7, poiché dalle dichiarazioni acquisite si ricava che l’attività era espletata sulla base di eterodirezi one, che aveva ad oggetto la precisa indicazione delle attività, degli orari di svolgimento della prestazione, che era organizzata dalla società a mezzo di una socia in precisi turni di avvicendamento e consisteva in attività materiali di natura ripetitiva afferenti a mansioni di natura meramente esecutiva prive di caratteri di originalità o autogoverno, attività prestate con sistematicità e abitualità.
-Dall’istruttoria è altresì emerso che va esclusa la ricorrenza dell’ulteriore requisito, ossia l’assenza di professionalità della prestazione, poiché i lavoratori svolgevano l’attività con continuità con orario dalle 3 alle 6 ore/die per una media di 5 gg a settimana, percependo compensi mensili continuativi di circa 500-600 euro mensili netti, significativi e non marginali, senza espletare altra o diversa occupazione, dalla quale ricavavano il reddito per il proprio mantenimento in tutto o in parte.
A fronte di tale diffusa e completa motivazione, le censure di cui ai primi due motivi possono essere esaminate congiuntamente poiché, sotto l’apparenza di violazione di norme di legge -nonché di atti che non costituiscono fonti neppure sub primarie in quanto mere circolari interne agli enti o circolari ministeriali -vogliono invece portare a rileggere e rivedere il materiale probatorio analizzato dalla Corte, rivalutazione in questa sede inammissibile, a fronte, tanto più, di una ampia, compiuta e coerente disamina che ha portato il Collegio bolognese a concludere che le attività svolte dai lavoratori interessati non erano qualificabili come preparazione ed assistenza all’attività sportiva, erano state espletate in regime di subordinazione, erano connotate dal requisito della professionalità.
Con riferimento alla violazione dell’art.2094 cod. civ. è sufficiente rilevare che la corte territoriale ha fatto esatta applicazione del diritto vivente con riferimento agli indici sintomatici della eterodeterminazione della prestazione, ciò che costituisce la condizione necessaria e sufficiente per la qualificazione di un rapporto come subordinato, essendo appena il caso di rilevare che in questa sede non è possibile alcun sindacato sull’apprezzamento delle prove testimoniali.
La sentenza è del resto conforme alla giurisprudenza di legittimità che si è ripetutamente espressa in termini di insufficienza della mera affiliazione al Coni della società sportiva e di necessità di indagare in concreto le modalità di espletamento delle attività (solo da ultimo, Cass. n. 20923/2025, n. 11203/2025, n. 11196/2025).
Cass. n. 8631/2025, richiamando a sua volta Cass. n. 28845/2023 ex multis , ha statuito che, «premesso che in tema di assicurazione presso la gestione ENPALS, ora INPS, sono soggetti in via generale all’obbligo assicurativo, secondo quanto
precisato dal decreto ministeriale n. 17445 del 2005, emanato in esecuzione dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. C.P.S. n. 708 del 1947, gl’impiegati, gli operai, gl’istruttori e gli addetti ad impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, «ai sensi dell’ar t. 67, comma 1, lett. m), del d.P.R. n. 917 del 1986 sono esonerati dall’obbligo assicurativo coloro che abbiano reso prestazioni, compensate nei limiti monetari di cui all’art. 69 del medesimo testo unico, relative alla formazione, alla didattica, alla preparazione e all’assistenza dell’attività sportiva dilettantistica. Chi invoca l’esonero deve provare che le prestazioni rese: a) non siano state compensate in relazione all’attività di offerta del servizio sportivo svolta da lavoratori autonomi o da imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente assunta dal prestatore; b) siano state espletate in favore di associazioni o società dilettantistiche e senza fine di lucro; c) trovino fonte nel vincolo associativo e non in un distinto obbligo personale; d) non trovino corrispondenza nell’arte o nella professione abitualmente esercitata, anche in modo non esclusivo, da colui che ha effettuato la prestazione (Cass., sez. lav., 23 dicembre 2021, n. 41397).
La disposizione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. m), viene dunque in rilievo anche in materia previdenziale, ma è necessario riscontrarne, in concreto, i presupposti applicativi.
Il tema della professionalità riveste rilievo cruciale sul versante dell’obbligazione contributiva dedotta in causa .
La disposizione richiamata del Testo unico sulle imposte sui redditi non annovera tra i redditi diversi le somme percepite da coloro che svolgano professionalmente le attività da cui le somme derivano.
Invero, il citato art. 67 esordisce escludendo a priori i redditi di capitale, quelli conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.
Tale esclusione opera anche nell’ipotesi in cui il soggetto percettore intervenga nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.
La previsione dell’art. 67 non accorda, pertanto, un’automatica e indiscriminata esenzione dall’obbligo contributivo alle associazioni o alle società formalmente riconosciute quali dilettantistiche, “a prescindere cioè dalla effettiva e concreta riprova della presenza dei requisiti specifici richiesti dalla citata disposizione, rilevando piuttosto, a monte, la verifica giudiziale della effettiva natura “dilettantistica” del soggetto (associazione e/o società sportiva) in favore del quale la collaborazione è stata esercitata (così Cass. n. 2152 del 2020, Cass. n. 10393 del 2018, Cass. n. 16449 del 2016 e Cass. n. 23789 del 2016) e, a valle, il fatto che i compensi non devono essere conseguiti nell’esercizio di professioni né derivare da un rapporto di lavoro dipendente, essendosi a tal fine precisato che, per esercizio di arti e professioni, ai sensi dell’art. 53 TUIR, deve intendersi “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo” diversa dall’attività di impresa (cfr. Cass. n. 11375 del 2020 cit.)” (Cass., sez. lav., 7 marzo 2022, n. 7388).
Non si possono dunque configurare come “redditi diversi” quelli che derivano dall’esercizio abituale di un’attività autonoma nel senso specificato o quelli tratti dall’esercizio professionale di attività coordinate e continuative, assimilati piuttosto a quelli di lavoro dipendente (art. 50 TUIR, lett. c)».
Il terzo motivo è inammissibile in considerazione delle modalità con cui è stato formulato.
La società lamenta, sotto l’egida dell’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 116 cod. proc. civ., dell’art. 67 lettera m) del Tuir, e dell’art. 35, comma 5, del d.l. n. 207/2008 e art. 5 del d.lgs. n. 38/200.
Dala lettura, si comprende che il motivo contesta che la Corte non abbia distinto la posizione di un collaboratore, sul presupposto che a) la sua collaborazione sarebbe iniziata un solo mese prima dell’inizio dell’ispezione, di tal chè, a quella, non aveva ancora percepito alcun compenso e non poteva essere considerato lavoratore ‘in nero’, e che b) in relazione allo stesso gli enti appellanti nulla avevano eccepito in sede di gravame.
Il motivo non rispetta il canone di necessaria specificità, così da non rendere possibile a questa Corte di apprezzare le censure, vuoi perché, quanto ad a), non dice quando ed in quale sede la circostanza sarebbe stata posta all’attenzione del giudicante, e, quanto a b), lamentando, in definitiva, un vizio di ultrapetizione (e di violazione del giudicato, anche se non esplicitato), non riporta gli atti di appello e la statuizione sul punto del primo giudice (a fronte di una sentenza in cui, invece, il motivo di appello è sintetizzato come censura della errata qualificazione dei rapporti).
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna alle spese secondo soccombenza nei confronti di INAIL, non avendo INPS svolto attività difensiva, come liquidate in dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso l’esito del giudizio, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento in favore di INAIL delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 4000,00 per compensi, € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa l declaratoria di illegittimità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 25 giugno 2025.
La Presidente
NOME COGNOME