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Collaboratori sportivi: quando è lavoro subordinato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’associazione sportiva, confermando la riqualificazione dei suoi collaboratori in lavoratori subordinati. La sentenza chiarisce che le mansioni generiche come pulizia e manutenzione, svolte con regolarità e sotto la direzione del datore di lavoro, non rientrano nel regime agevolato previsto per i collaboratori sportivi, a prescindere dalla formale affiliazione al CONI. La natura sostanziale del rapporto di lavoro prevale sempre sulla forma contrattuale.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Collaboratori Sportivi: Tra Volontariato e Lavoro Subordinato, la Cassazione Fa Chiarezza

La distinzione tra collaborazione sportiva dilettantistica e lavoro subordinato è una questione cruciale per migliaia di associazioni in Italia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la natura effettiva delle mansioni svolte prevale sulla qualifica formale. Analizziamo questa decisione per capire quando i collaboratori sportivi rischiano di essere considerati a tutti gli effetti lavoratori dipendenti, con tutte le conseguenze contributive e fiscali del caso.

I Fatti del Caso

Una società sportiva dilettantistica si era opposta a un verbale di accertamento degli enti previdenziali (INPS e INAIL), i quali avevano riqualificato diversi rapporti di collaborazione in lavoro subordinato. I lavoratori in questione svolgevano mansioni quali pulizia, guardiania, custodia e irrigazione dei campi presso un centro sportivo. Pur essendo formalmente inquadrati come collaboratori, percepivano compensi mensili continuativi e lavoravano secondo orari e turni stabiliti dalla società.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione agli enti, ritenendo che le attività prestate non fossero riconducibili a quelle tipiche della collaborazione sportiva (formazione, didattica, preparazione) ma costituissero un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della società sportiva inammissibile, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno ritenuto che il ricorso fosse, in sostanza, un tentativo non consentito di ottenere un nuovo esame del merito e delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La motivazione della Corte territoriale è stata giudicata completa, logica e coerente con i principi giuridici consolidati.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su argomentazioni solide e chiare, che servono da monito per tutto il settore sportivo dilettantistico.

L’Insufficienza della Mera Affiliazione al CONI

Il primo punto, ribadito con forza, è che la semplice affiliazione di una società al CONI o a una federazione sportiva non è sufficiente a garantire l’applicazione automatica del regime agevolato per i collaboratori sportivi. La legge richiede un’indagine concreta sulle modalità di svolgimento delle attività lavorative per verificare se sussistano i requisiti sostanziali della collaborazione dilettantistica.

L’Analisi Concreta delle Mansioni

Il cuore della questione risiede nella natura delle mansioni. La Corte ha sottolineato che le attività di pulizia, manutenzione e guardiania, per quanto necessarie al funzionamento di un impianto sportivo, sono attività meramente materiali e ancillari. Esse non rientrano nella nozione di ‘esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche’ che, secondo la normativa (art. 67, comma 1, lettera m del TUIR), comprende la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva. Di conseguenza, i compensi per tali attività non possono beneficiare del regime fiscale e previdenziale di favore.

Gli Indici della Subordinazione e della Professionalità

La Corte d’Appello aveva correttamente individuato nel rapporto di lavoro tutti gli indici tipici della subordinazione. In particolare, è emersa l’esistenza di:

* Eterodirezione: I lavoratori ricevevano precise indicazioni su attività, orari e turni da parte di un socio della società.
* Sistematicità e Abitualità: Le prestazioni erano svolte con continuità (media di 5 giorni a settimana) e non in modo occasionale.
* Assenza di Autogoverno: Le mansioni erano meramente esecutive e prive di originalità o autonomia decisionale.
* Professionalità: I lavoratori percepivano compensi mensili fissi e significativi (500-600 euro netti), che costituivano la loro principale fonte di reddito per il mantenimento, indicando quindi un carattere professionale e non amatoriale dell’impegno.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma dell’orientamento giurisprudenziale in materia. Per le associazioni e società sportive dilettantistiche, il messaggio è chiaro: non basta ‘battezzare’ un rapporto come collaborazione sportiva per eludere gli obblighi contributivi. È indispensabile che le mansioni affidate ai collaboratori sportivi rientrino specificamente nell’alveo delle attività sportive dilettantistiche definite dalla legge. Per tutte le altre attività, specialmente se caratterizzate da continuità, eterodirezione e compensi non marginali, il rischio di una riqualificazione in lavoro subordinato è estremamente elevato, con conseguente obbligo di versare i contributi e le sanzioni pregresse.

È sufficiente che una società sia affiliata al CONI per qualificare i suoi lavoratori come collaboratori sportivi dilettantistici?
No, la sentenza chiarisce che la mera affiliazione formale al CONI non è sufficiente. È necessaria un’indagine concreta sulla natura delle mansioni e sulle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro per determinare se si tratti di una vera collaborazione sportiva o di un lavoro subordinato.

Quali attività non rientrano nella nozione di collaborazione sportiva dilettantistica agevolata?
Attività meramente materiali e ancillari come pulizia, guardiania, custodia e irrigazione dei campi non sono considerate ‘esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche’. Queste ultime comprendono specificamente la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva.

Quali sono gli elementi che trasformano una collaborazione sportiva in un rapporto di lavoro subordinato?
Gli elementi chiave sono l’eterodirezione (il lavoratore è soggetto alle direttive del datore di lavoro su orari e modalità), la continuità e sistematicità della prestazione, la percezione di un compenso fisso e non marginale che costituisce una fonte di reddito primaria e la natura meramente esecutiva delle mansioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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